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Postcards from Carcosa

Coordinate Attuali: 23

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    dalla stella che brilla di meno...un BUCO NERO O_O

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    Accade ancora. Accade spesso, accade sempre. Ai deliri, alle visioni spezzate, alle memorie offuscate dalla cenere Jekt è abituato, ma che chi conosca il dolore ne accetti con meno ritrosia di nuovo è un'idiozia. Di follia, di demenza, ne ha abbastanza di per se. Per questo stringe i denti quando una nuova dose gliene viene forzatamente iniettata, per questo ringhia e sbava saliva che sfrigola sulla sua pelle quando per respingerla di nuovo avvampa com'è già stato costretto a fare una volta. Niente oro questa volta, niente giallo infame e infetto colato incandescente nei suoi pensieri ma immagini e sensazioni e luoghi impossibili e distanti, informazioni in sovraccarico che rischierebbero di scioglierli gli occhi non fosse più che pronto a vomitare la vampa che incenerisce la maggior parte di quelle fotografie, quelle immagini, quelle dannate cartoline.
    Cade in ginocchio quando il viaggio si conclude, quando il ponte li accoglie innanzi alla magione la cui direzione la bambina ha finto di non conoscere. E' stanco di farlo, stanco di trovarsi sfinito, non per quanto gli occhi brucino ma perché alcune di quelle immagini non è riuscito ad annientarle. Non ha voluto, non ha potuto, perché un incubo non è davvero tale se non parla all'animo di chi lo vive. E tra tutti quei luoghi, tra tutte quelle diapositive, almeno una l'ha colpito come un nero pilastro spinto a forza nel suo petto.
    Perché la Torre l'ha sognata, per questo gli appartiene. E trovarcisi per la prima volta così vicino, soltanto per poi esserne strappato, è un'offesa maggiore a tutte quelle che il Re del Giallo l'ha già costretto ad ingoiare.
    La mia pazienza ha un limite.
    Ruggisce meno di quanto potrebbe, meno di quanto vorrebbe, l'aria che vomita vibrante a sufficienza da distorcere il suono della sua voce in quella del mostro che non vede l'ora di poter tornare ad essere. Lo dice a Ginny, lo dice a chi ha eletto a propria guida, bussola in quell'oceano di dissennati eventi in cui s'accorge di star annegando e che forse è ampio a sufficienza da soffocar davvero la sua fiamma, il demonio che lo vuole in vita ed a cui si stringe come non ricorda d'aver mai fatto prima d'ora.
    Perché il male vive in lui, per questo ha già pensato tante volte di meritare ogni pena e ogni supplizio, e che il cosmo starebbe meglio privato del peso dei suoi infermi passi. Ma se un tempo era il pensiero di non volersene andare come uno spettro ad impedirgli di volgere a se le proprie lame, ora v'è una speranza ben più subdola a volerlo ancora in piedi. Un Grattacielo sempre troppo distante, l'ombra di una donna senza volto ad attenderlo ai suoi piedi. Se anche gli affilati frammenti d'altrui coscienze che l'orba gli ha scagliato contro gliel'hanno mostrata, se non è l'unico a conservarne tracce ed il sogno che ha cambiato la sua vita echeggia in sguardi diverso dal suo. Significa che quel luogo esiste, che la sua ricerca non è vana. E che per questo ancora non è giunto il giorno in cui potrà smetter di combattere, ed accettare la propria silenziosa fine. E che per questo deve bruciare, infuriare al morire della luce. Rifiutare d'andarsene docile nella notte, e trasformarla in giorno grazie al sole che la sua volontà può far brillare.
    Strappale ciò che devi.
    Per questo si rialza. Per questo muove un passo, due, quanti gliene bastano per frapporsi tra le donne alle sue spalle e la magione ove la traccia del Re è tanto opprimente da materializzarsi in propaggini tentacolari, viscide braccia che carezzano coloro che hanno accettato la sua supremazia.
    Per questo abbaia un nuovo ordine, consapevole di quanto impossibile gli sarebbe stato portarlo a termine da solo perché la bambina che gli ha inflitto quella nuova pena sarebbe cenere se solo la guardasse.
    E confida che Ginny capisca, che Ginny sappia interpretare ciò che non dice ma piuttosto fa. Decidendo d'averne abbastanza di brancolare nelle tenebre abitate da un colore che nulla dovrebbe avere a che vedere con loro, e nella luce di chi tra le sue braccia ha scelto di sedare la propria coscienza lanciandola alla deriva tra le correnti della pazzia. Scegliendo per entrambi quel viale come ultima tappa d'un viaggio su cui son stati condotti bendati ed inermi, perché accanto a loro v'è chi potrebbe slegare almeno parte di quei lacci. E che Ginny la convinca dunque, mentre lui respinge qualsiasi nuova pena il Re ed i suoi sudditi vorranno rivolgergli per il peccato d'essersi fermati sui binari che non ha più intenzione di percorrere alla cieca. Pronto ad ardere per farlo. Pronto a bruciare il mondo intero e con esso tutti quanti, se stesso incluso, per un singolo istante di chiarezza.



    jpg
    Tutto Brucia
    Lo fa la carne, lo fanno i ricordi. Perché per le idee dovrebbe essere differente? Nel caos s'annidano incubi affamati e sogni sfrenati e neppure loro sono in salvo. Quando Tutto Brucia si attiva le fiamme assumono un aspetto più etereo e rarefatto e divengono capaci per tre turni di ardere i concetti stessi, guadagnando la proprietà di interagire con poteri di natura psichica: potranno bruciare illusioni e consumare aure di influenza, risalire i canali di telepati ed osservatori e confrontarsi con tecniche di natura mentale come fossero fisiche, come fossero materia. Come fossero già cenere.



    jpg
    Combustione
    La fiamma che brucia dentro di lui e lo tiene in vita. Imprigionata, ma capace di liberarsi ed infuriare. Basterà uno schiocco di dita, o un qualsiasi gesto a preannunciare un'ondata di morte sottoforma di fiamme scarlatte; una scintilla furente che prenderà vita da lui investendo alcuni metri circostanti, capace di consumare tra le proprie lingue incandescenti qualsiasi cosa così come di incanalare il proprio potere in qualsiasi altra manifestazione fiammeggiante. La stessa fiamma che per lui vuol dire libertà e potere sarà l'ultima cosa che vedrete, prima di scivolare nello stomaco infernale dell'entità a cui siete stati offerti in sacrificio.



    Jekt riattiva Tutto Brucia per difendersi con Combustione dal danno mentale! Ne passa comunque il 30% (Combustione ha potenza del 120% grazie alla personalizzazione, ora di Lv2 perché diminuita, delle fiamme), che lo fa incazzare ancora un po' se ce ne fosse stato bisogno, spingendolo a decidere che 'fanculo mo non ci si muove da qua finché la bimba non da qualche spiegazione u.u da a Ginny il compito di procurarsele, mentre lui si mette tra lei e la magione pronto se servirà a contrastare eventuali ritorsioni da parte del Re o di chi altro per lui!
     
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    Quella del controllo è una menzogna delle più meschine che l'uomo si racconta. Vivere un solo giorno in balia degli eventi è l'inferno, per la maggior parte di coloro che nei mondi spendono le proprie vite in attesa del giorno in cui la terra del Giardino dell'oltretomba potrà nutrirsi dei loro ricordi, dando loro in cambio la possibilità di sbocciare ancora...
    Eppure Ginny sa quanto tale illusione sia fragile, perché membra della legione di spettri che di stroncarli uno ad uno si è fatta carico. Ha conosciuto mietitori per nome, crescendo sulle ginocchia della Guerra e giocando con ciò che la Miseria intagliava per lei; ha vagato a lungo nel deserto con il corvo ed il coyote che della Fortuna rappresentavano la duplice faccia, e grazie alle storie cantate da tutte loro ha imparato presto come l'esistenza delle anime terrene fosse un gioco per chi potesse guardarle da più in alto: i mortali non conoscevano le regole, i loro occhi troppo miopi per scorgere le caselle della scacchiera.
    Angelo di una Morte ormai ammattita, ha peccato di superbia come il più noto della sua stirpe, credendosi giocatrice e non giocata. Il Re del cui sigillo ancora è vittima ha tentato di spiegarglielo, e neppure di fronte all'evidenza ella ha accettato di capire. Dove lui ha fallito, però, colei che si è nominata sua figlia riesce, perché è dopo essere sopravvissuta a stento al contatto con la sua mano che Ginny finalmente cede, cadendo a terra dopo essere stata trasportata a forza lungo il viale d'ingresso della villa che stava cercando.
    Gli occhi lacrimano, la luce dei defunti che nuovamente è stata costretta a scaturirne sufficiente a rendere ossa e polvere le visioni che una ragazzina ha tentato di imprimerle a fuoco nel cranio, per il peccato di averle concesso la propria fiducia.
    E mentre Jekt abbaia nuovamente il proprio sprezzo, frapponendosi con la sua minacciosa sagoma tra le avviluppanti propaggini di chi sembra onnipresente, e coloro da cui pretende di ricevere risposte. Ginny trema, per la prima volta dopo secoli, perché oltre a suo padre in pochi erano mai riusciti a farla sentire tanto piccola, e tanto priva del controllo di cui in fondo anche lei, che mortale non lo era mai davvero stata, aveva immenso ed innegabile bisogno.
    Chiunque tu sia.
    Si rivolge a lei, che aveva creduto essere poco più di una comparsa, una forma data allo scopo di condurre attori ignari e cani sul palcoscenico che un sovrano aveva addobbato per loro. Lo fa senza neppure alzarsi, ed impedendosi a stento di impugnare le proprie armi, o svelarle il vero aspetto del proprio viso. Non perché sia una bambina, non perché la ritenga più innocente dell'entità dorata le cui propaggini si sentiva ancora addosso, stritolanti e soffocanti. Ma perché se Jekt aveva deciso di cedere alla rabbia cieca, e tentare una volta ancora di riacciuffare quel controllo che non apparteneva loro fin dal momento in cui un sogno inspiegabile li aveva strappati alle loro vite, qualcuno doveva prendersi la responsabilità di tentare un diverso approccio.
    Qualsiasi cosa tu sia.
    E Ginny era stanca, e tale verità era esausta di volerla rifiutare. Stanca di non capire, stanca di non avere una direzione, e di muoversi solo quando la marea la trascinava in una o nell'altra direzione, alla deriva in un mare in cui non le era stata data la possibilità di imparare a nuotare. Giunta all'obbiettivo che si era preposta in una maniera che non poteva avere modo di prevedere, trovatasi innanzi a chi naturalmente conosceva già ogni sua mossa, ed ogni battuta del suo copione, l'incertezza sul da farsi divenne troppo pesante per essere sostenuta oltre.
    Se sai qualcosa in più di noi, del delirio in cui stiamo annegando...
    La nostalgia per coloro che non poteva ricordare un ulteriore chiodo sulla bara in cui seppellì il proprio orgoglio, prima di allungare le proprie pallide mani per stringerne le dita sulle spalle della fanciulla bendata, consapevole della possibilità che si rivelasse unicamente un altro inganno, ma abbastanza in bilico sul baratro di una disperazione di cui non riusciva a ricordare pari da decidere che il gioco valesse la candela. Pronunciando per lei parole che non aveva mai rivolto a nessuno, nemmeno al più illustre tra i suoi parenti, quando il cancro dei suoi pensieri era divenuto tanto evidente che neppure la sua prole era stata più capace di ignorarlo, o giustificarne gli scellerati atti.
    Ti prego.
    Non avrebbe mai preteso una soluzione, o una facile scappatoia. Ma ciò per cui pregò, spaventata dall'idea di non averne una, fu una direzione. Una meta verso cui indirizzare i propri sforzi, un idolo a cui immolare il proprio sangue, stanca di farlo in direzione di un vuoto silente, capace soltanto di deriderla con deliri indecifrabili.
    Aiutaci a salvarci.


    Sguardo - Il primo ricordo di Ginny corrisponde all'ultima cosa che vedrà. Ad alcun mortale era stato concesso mai, prima di lei, d'incrociar il volto della Morte senza poi transitare per il Giardino, perdendone memoria nella via della purificazione. Nello sguardo d'ambra della Mietitrice si riflette quello di lui, delle sue orbite vuote e del suo cranio d'osso, in ricordi intensi abbastanza da poter essere usati come arma: ogni pupilla la canna d'un fucile e ricordi, come proiettili. Un lampo bianco s'espande a cono innanzi a Ginny, imprimendo nelle menti di chi osserva ciò che nessun vivo può vedere. Lei è solo la figlia, per questo il corpo non secca ed avvizzisce, rimanendo intonso. E' la mente quella sotto attacco, strappata con dolcezza e condotta verso il grande sonno, in attesa d'un futuro risveglio.


    Ginny si difende dai danni psichici che stava per ricevere con la tecnica Sguardo!
     
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    { ██████ █████, Fondamenta }
    pov – [DATI RIMOSSI]

    Un immenso pozzo circolare scavato nella pietra attraversava la cava sotterranea. Un ballatoio lastricato cingeva il suo perimetro, sul quale si affacciavano gallerie diverse sia per dimensioni che per fattura: alcune erano rivestite di cemento liscio, evidentemente traforate nella parete rocciosa da grossi macchinari; altri tunnel parevano più antichi e irregolari, forse scavati da artigli e non da trivelle, e perciò erano puntellati per evitarne il collasso. Una vecchia ringhiera di bronzo ossidato risaliva la rampa affacciata sull’abisso, frapponendosi con la sua incerta stabilità tra gli operatori e il precipizio senza fondo attorno a cui stavano lavorando: muovendosi come tante formiche operaie, stavano trafficando con apparecchiature vetuste e ingombranti che occupavano quasi tutta la superficie calpestabile – strumentazioni alchemiche composte da leve, alambicchi, interruttori analogici e sfiatatoi di vapore. Erano intenti ad annotare i numeri che balenavano sulle valvole termoioniche che si accendevano in maniera casuale sui congegni, spedendo poi le rilevazioni tramite dei tubi ad aria compressa, che risucchiavano la reportistica imbussolata per consegnarla altrove come posta pneumatica.

    «Come procede la decrittazione?»

    Un uomo in camice si aggiustò gli occhiali mentre scrutava il geoide colossale che fluttuava sospeso al centro del baratro, incapsulato dentro un’intelaiatura icosaedrica che ne conteneva le eruzioni di plasma. Non si voltò nemmeno verso l’addetto che interpellò, il suo cipiglio clinico aveva occhi solo per quel mondo in miniatura che ruotava nel vuoto.

    «Tutto nei parametri, dottore! La regressione dell’agente C. è stabile e le onde δ degli onironauti sono regolari. Abbiamo trasmesso al Laboratorio di Sincronicità le letture di due sezioni dello strobilo, attendiamo a breve il collasso della terza.»

    Il funzionario sciorinò lo stato dei lavori tutto d’un fiato, perché ai colletti bianchi non piaceva perdere tempo e la balaustra aveva un aspetto fin troppo fragile per rischiare d’inalberare un pezzo grosso.

    «E l’Articolo è stato prelevato dal Sito-ι?»

    Alla nuova domanda rispose un altro solerte funzionario, impegnato a spuntare diverse voci da una lista inserita in una cartellina.

    «Sissignore, i Piani Alti ne hanno autorizzato l’estrazione per il completamento del progetto.»

    Sorvolò volutamente sullo “spiacevole incidente” che aveva coinvolto il Sito-ι, concentrandosi solo sui progressi positivi – dopotutto un centro detentivo sfasciato si poteva sempre ricostruire e il personale “compromesso” si poteva rimpiazzare con relativa facilità, ma con l’Articolo in questione non potevano permettersi nessun errore.

    D’un tratto però l’atmosfera cambiò. Sirene rosse cominciarono a gridare, segnalando diverse anomalie nelle rilevazioni. I tecnici si prodigarono per decifrare i valori anormali nel sistema, mantenendo il sangue freddo nonostante il globo avesse cominciato a pulsare in maniera sinistra dall’interno della sua gabbia isolante.

    «L’attività paraneurale dell’agente C. sta interferendo con le letture! Dottore, dobbiamo terminare la connessione prima che mandi in cortocircuito l’impianto con una perdita memetica.»

    «No, schermate i dati sensibili e proseguiamo. L’agente C. conosce il suo ruolo, non pregiudicherà l’operazione.»

    O sarà l’ultima cosa che farà.



    { Parigi, Maison Magnifique }
    Jekt | Ginny Deathface

    Avete occhi per guardare, eppure non osservate nulla. Avete orecchie per udire, eppure non ascoltate niente. Non sarà forse che in questo supplizio ci sguazzate volentieri? Dopotutto è molto più facile abbandonarsi al flusso degli eventi, lasciarsi trascinare dalla corrente e dalle circostanze, vivacchiare invece di vivere davvero. Lo notate in quella calca di frivola mondanità, punteggiata da sorrisi di convenienza e volti mascherati per celare ogni reale intenzione. In quegli omuncoli e donnicciole che ciarlano tanto ma non si dicono niente, niente che valga la pena ricordare, e perciò bevono e si drogano perché tanto non conserveranno nessuna memoria di quella serata e delle mille altre con cui scialacqueranno la loro unica possibilità di esistere. Li biasimate, per caso? Eppure loro sono i più saggi di tutti, perché hanno già capito che alla fine non conterà nulla come si sono sperperati i propri anni e quindi tanto vale goderseli negli eccessi, soffocando quella vocina interiore che ci assilla e ci ricorda che abbiamo i giorni contati.

    Ma voi non vi unite alla festa. Preferite avvampare di furia cieca o addirittura supplicare una bambina, quando dovreste essere voi gli adulti che hanno in mano la situazione. Dovrebbe essere lei quella che fa i capricci, lei quella libera di fare la stizzita senza temere ritorsioni, perché è solo una bambina e queste cose si perdonano a quell’età! Ma evidentemente a lei non è permesso puntare i piedi, non si presume la sua innocenza né si pensa alle conseguenze che tutto ciò avrà sul suo sviluppo. Lei deve fare l’adulta pur non essendolo ancora e perciò dovrà sobbarcarsi le vostre responsabilità.

    — Voi potete aprire un Crocevia qui… l’avete già fatto prima.

    Si concentra oltre ogni limite che le sarebbe consentito e la sua mente acerba viaggia a ritroso, aprendosi al flusso del tempo che ancora ritenete lineare e che invece è un cerchio piatto, dove ogni cosa che avete fatto o che farete mai si ripete ancora e ancora e ancora, letta e riletta da occhi che possono rivivere le vostre gesta come si sfogliano le pagine di un libro.

    CITAZIONE (boide12 @ 17/9/2023, 13:01) 
    Forse è il fuoco ad ordinargli di voltarsi, di fuggire. Forse è invece l'uomo a non trovare alternativa, ricordando il fato di chi si fosse inginocchiato di fronte al male di cui porta il seme sperando che pregare potesse dargli la salvezza.

    CITAZIONE (Death Itself @ 27/9/2023, 14:57) 
    è stata una bambina nel corpo e rimane una donna nello spirito, e di fronte alla prospettiva della sottomissione a ciò che di distorto discende dalle coltri ove lampi gialli squarciano il cielo disegnando geometrie impossibili ritrova in se stessa il richiamo a quella vita che le è stata concessa solo a metà, estinta seppur mantenuta da colui che per primo l'ha guardata

    Come vi appaiono i déjà-vu che la bimba materializza nell’aria battendo le sue fragili manine? Vi sembreranno reminiscenze sbiadite tinte del colore che tanto odiate, oppure anomalie aberranti che violano le regole del gioco a cui state prendendo inconsapevolmente parte? Che effetto fa aprire una finestra sul passato e scoprire che c’è qualcun altro che ha sott’occhio il modo per farvi navigare in questo caotico mare d’irrealtà e che la vostra salvezza dipenderà dalle capacità di costoro di unire i puntini per farvi scampare al naufragio ormai imminente?

    Ormai anche questo ciclo ha raggiunto il suo termine, e il vostro tempo è scaduto. Sorgono stelle nere e voi siete ancora a Carcosa. Non ve ne siete mai andati, vi ho visti nei miei sogni. Siete qui insieme a me, e lui CI VEDE. Tutto questo… lo rifarete di nuovo.

    Il Tempo è un cerchio piatto.

     
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    { Maison Magnifique, SHOWTIME }
    Jekt | Ginny Deathface

    Vi vede mentre annegate in questo delirio e decide di raggiungervi.
    Non per graziarvi, né tantomeno per giustiziarvi, perché la punizione ve la state già infliggendo da soli, e un indulto regio estinguerebbe solo la pena senza però cancellare il vostro reato: il vostro crimine è l’esistenza, quella viscida gabbia a cui siete ancora avvinghiati e a cui non rinunciate nonostante vi abbia già mostrato a più riprese la falsità di tale stato. Non vi basta assistere al mondo intero che confluisce in un palcoscenico, non vi basta scivolare oltre l’orizzonte di questi eventi, dove ogni direzione converge verso l’inevitabile singolarità e perfino il tempo è soltanto una delle tante rotte che vi riportano al punto di partenza. No, voi volete scontare la condanna fino in fondo e per questo soffrite mentre le vostre meningi si sciolgono, incapaci di razionalizzare un reame che non segue le leggi che credevate universali, ma che in irrealtà sono soltanto l’ennesima illusione con cui loro vi tengono incatenati in questa prigione.

    Forse prova pena per voi, o prodighi sudditi, tornati a casa dopo aver sperperato i vostri Ricordi, ancora convinti che una valuta impalpabile come la memoria possa fare la differenza nel più ampio disegno del nulla. O forse vi odia profondamente, perché la sua figlia prediletta ha scelto di rivolgersi a voi invece di affidarsi alla saggezza di chi le ha impartito ogni dolorosa ma doverosa lezione. O magari entrambe le cose insieme, perché amore e odio sono facce della stessa medaglia d’oro che porta al collo l’ultimo attore entrato in scena al termine del Primo Atto di questa tragedia. Il pubblico adorante lo acclama quando il sipario delle sue vesti a brandelli si spalanca, inghiottendo il cielo e ogni falsa luce che imita il colore di cui è signore assoluto.

    È l’ora dello spettacolo e voi siete gli spettatori privilegiati che assisteranno alla prima di questa stagione teatrale, e se è vero che “Di tanti palpiti e di tante pene è davvero cosparso il cammino che conduce non a una semplice prima, ma alla Prima per antonomasia”, allora che i vostri cuori pulsino un’ultima volta prima di spegnersi tra gli applausi. Il Divo cala sul palco e riconosce lo scudo umano che si frappone fra lui e l’attrice bambina a cui deve ricongiungersi per seguire il Canovaccio. Lo riconosce e lo rispetta, perché in lui arde la fiamma dell’estro artistico che consuma gli animi ispirati e fa brillare il loro ingegno in una pira di passione, finché restano soltanto ceneri d’immaginazione disperse nel vento.

    Che sia un’amnistia allora ciò che discenderà dal vuoto dietro le quinte dei Mondi, la dolce dimenticanza che estinguerà il vostro reato come se non fosse mai stato commesso. Dopotutto, quale miglior contrappasso dell’amnesia per sanzionare chi si è rifugiato nell’Ippocampo, regredendo ai minimi termini della vita? Sarà un fascio di puro oblio che cancellerà ciò che ritenete più prezioso, liberandovi dal fardello della materia per mostrarvi cosa siete davvero sotto le innumerevoli patine incrostate con cui avete soffocato il vostro vero Io. E così il riflettore puntato sui protagonisti di questa storia ci svelerà infine la Verità celata tra le pagine di questo copione, troppo a lungo taciuta da chi ha scordato le proprie battute.


    Valzer del Re Velato
    Ditelo a coloro che non conoscono la perduta Carcosa. Le vesti a brandelli del Re in Giallo avvolgono gli indolenti e danno loro la spinta per continuare a vivere. Per volere di ██████, essi bevono il sangue dei loro stessi figli come afrodisiaco, eccitati dalla stessa amoralità delle loro azioni. Hai letto tutto ciò pensando di essere un osservatore al sicuro, ma ora ne sei a conoscenza e sei stato contagiato dai suoi incubi. Lasciate che la vostra letargia si trasformi in lussuria distruttiva e secerna il dolore affamato del sovrano; finché anche voi non leggerete del Re e del suo Segno. E una volta che l’avrete fatto, esso rimarrà per sempre parte di voi, come lo è stato per me e per le migliaia di persone che hanno letto prima di me.
    [Abilità di Status Liv. 99 – Parassitismo Memetico: La sua natura di meme simbionte consente al Re di (non) esistere oltre i vincoli fisici]

    • Idea Divina
      Il Re, in quanto “idea vivente”, vuole essere conosciuto o pensato, ma i mortali non riescono a comprenderlo interamente e ne percepiscono solo alcuni frammenti che hanno effetti diversi su di loro. Poiché vedono solo parti di questo Dio che esiste solo nel pensiero, è ancora potente come un vero Dio, ma comprendendo solo una sua frazione, i suoi poteri reagiscono solo in ciò che percepiamo di lui. L’incontro con il Re è pericoloso perché ciò che si pensa di questa idea può essere ciò che cambia una persona o la sua vita: l’uomo che lo temeva come sovrano delle anime perdute finisce per essere inseguito da ciò che pensa sia la Morte e diviene un abitante di Carcosa, incontrando il sovrano che proclamerà: «È una cosa spaventosa cadere nelle mani del Dio vivente». E Dio vive come idea nella mente dei suoi fedeli.
      [Tecnica di teletrasporto – Permette di aprire un Crocevia istantaneo verso chi vede (x - x) il Segno Giallo]

    Aura dell’Innominabile
    È il sovrano di un reame grandioso e in rovina. La sua influenza è inevitabile, velenosa anche solo a vederla, ma così seducente e ipnotizzante che è impossibile resistere. Il Re in Giallo è qualcosa che domina i vostri pensieri assenti. Quando la mente è oziosa e le si permette di correre a briglia sciolta, Lui vi segue. Non vi lascia mai, approfittando delle vostre insicurezze, comunque si manifestino. Non importa quanto cerchiate di velare i vostri pensieri, Lui è sempre in attesa e vi osserva. Una volta visto il Segno Giallo, è solo questione di tempo prima che siate sopraffatti dalla fatica o dalla pura rassegnazione.
    [Abilità Psichica Liv. 99 – Malia Assuefacente: Dipendenza mentale che si applica a chi ha visto il Segno Giallo]

    • Maschera di Decadenza
      Il Re in Giallo è un’allegoria delle insidie dell’eccesso di piacere, della già citata decadenza e del supremo servizio all’arte. Tuttavia, qui si nasconde un certo paradosso. Che cos’è l’Arte? Se per arte intendiamo qualsiasi tipo di mezzo creativo - scrittura compresa - allora il Re in Giallo si annida nello stesso testo che ci mette in guardia da lui. Forse questo, di per sé, è un commento sulla vacuità dell’arte frivola o dell’arte fine a se stessa; filosoficamente, l’arte che non viene esaminata o che è fatta per scopi insinceri non dovrebbe essere ostentata o elevata al di sopra delle altre forme espressive. In questo senso, il Re in Giallo potrebbe rappresentare il pericolo dell’estetica in un mondo che, per alcuni, è fiorente e generoso ma che, in realtà, è pieno di sofferenza e crudeltà che preferiamo mascherare. Quando continuiamo a ripeterci che non indossiamo maschere, sono l’ansia e il nichilismo che s’insinuano e ci soffocano. La maschera, in questo senso, potrebbe rappresentare non solo la fonte della sofferenza, ma è il sintomo e il contagio che ci affascina e, alla fine, ci distrugge.
      [Tecnica psichica istantanea, sigilla un ammontare di PR dall’Upload pari al livello di “Aura dell’Innominabile” × 1000 – Potenza 990%]

    Paradiso del Profeta
    Un’utopia attraente ma terribilmente imperfetta. Una destinazione che è un puro riflesso della realizzazione dei desideri più bassi di coloro che la perseguono. E una volta ottenuta, diventa tutto ciò che è necessario affinché chi la persegue si doni completamente al Re. Per alcuni è una tortura infernale che li spezza e per la quale Lui offre la liberazione. Per altri è un carnevale di piaceri carnali che li lascia sempre desiderosi di una maggiore ricompensa e di un maggior godimento. Carcosa è un luogo solo e unicamente nella mente di coloro che lo cercano… e nella mente del Re che lo costruisce per loro. A tal fine, Carcosa è ovunque: è una manifestazione fisica della futilità dei mortali. Ovunque ci sia futilità, c’è a sua volta Carcosa.
    [Abilità di Supporto Liv. 99 – Ubiquità di Carcosa: La Città del Tramonto Eterno esiste contemporaneamente in ogni Sezione del Rave e pertanto è possibile aprire Crocevia tra i suoi diversi Nexus]

    Tragedia Immaginaria
    Credi che esista una sola realtà oggettiva? E se il Re fosse così potente proprio perché la realtà è uno spettro, una gamma di esistenza soggetta alle credenze di coloro che ne fanno parte? Forse può deformare la realtà intorno a sé perché la sua fede nella sua versione della verità è così profonda e forte che da sola può piegare il mondo sorretto dalle nostre credenze minori ma collettive. E se fosse davvero questo il fulcro del fascio prismatico che chiamiamo “esistenza”? Se i brandelli delle sue vesti regali fossero il sipario del palcoscenico su cui ci esibiamo, se fosse proprio costui l’autore insondabile del Canovaccio, se non fosse solo il copione di un’opera teatrale bensì la sceneggiatura dietro le quinte di ogni cosa… forse ci accorgeremmo che il nostro mondo è soltanto una messinscena, e la nostra vita intera non è che un artificio.
    [Manipolazione dell’Ispirazione Liv. 99 – Personalizzazione: Consente di alterare l’Ispirazione a valori non naturali]

    boide12: Dopo aver aperto forzatamente gli occhi nel turno precedente, la tua abilità “Antico” riesce finalmente a interpretare il comparto tecnico impiegato dal Re. Dopo avervi raggiunto usando la tecnica “Idea Divina”, il Re casta contro di te la tecnica psichica “Maschera di Decadenza” sotto forma di raggio che t’investe in linea retta; un’eventuale potenza residua dell’offensiva investirebbe poi Ginny e la bambina, che ti sei posto a difendere.

    Death Itself: Restando vicina alla bambina, noti che sembra intenta a fare qualcosa… anche se non ti è molto chiaro cosa. Sembra quasi… assentarsi?
     
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    dalla stella che brilla di meno...un BUCO NERO O_O

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    Jekt non ha un viso.
    Carne, lineamenti, un colore diverso dal nero delle sue stesse ceneri.
    Gli sono state strappate tempo fa, prese da un diavolo di cui nemmeno ricorda il nome.
    Jekt non ha una maschera.
    Niente se non l'ombra del suo cappuccio a nascondere l'orrore non perché altri non lo debbano vedere, non per risparmiar loro un presagio di ciò che diverranno. Ma per levar dalle sue spalle l'onere di sapersi tanto orrendo, il terrore d'ogni specchio incapace di riflettere altro che un mostro.
    Jekt è una maschera.
    Perché ci sono personaggi e ci sono i loro ruoli, e dietro ad essi gli attori che hanno il compito d'interpretarli.
    Perché la rabbia non gli appartiene veramente, il disprezzo non è mai stato davvero suo. I continui fallimenti e l'arrendevolezza con cui vi si confronta, il pessimismo che porta le profezie che ha di se ad avverarsi e l'incapacità d'uscire dal ruolo che s'è convinto d'essersi trovato cucito addosso, e non d'aver ricamato con le sue stesse mani...non parlano di lui più di quanto Ulisse non sia mai stato forte, Achille invincibile, ed ogni viaggiatore abbia mai incontrato nei suoi viaggi un completo totale idiota.
    Mezzi per un fine, burattini mossi da chi ben più d'un Re che alla porpora ha preferito l'oro ha sui polpastrelli il potere di costruir mondi quanto quello di demolirli...cantastorie da strapazzo, convinti che le infinite storie che l'uomo da sempre si racconta non siano sufficienti a soddisfare i loro gusti.
    E che allora si gettano le proprie l'uno contro l'altro, percuotendo le rispettive maschere con ognuno degli orrori con cui menti ormai plagiate tentano di reinventare quel che è già stato detto e ripetuto.
    Per un attimo, uno soltanto, quando il giallo si condensa nel raggio di luce che lo vorrebbe inerme ed incapace della furia che è nato per esprimere contro l'ingiustizia che un uomo può infliggere a se stesso. Jekt lo sa...Jekt lo intuisce. Comprendendo il Re che credeva lo volesse suddito come chi legge apprende ciò che un altro ha scritto, e per questo domandandosi quali mani avrebbero avessero mai vergato tali caratteri...ricevendo in risposta un lampo solo dell'illuminazione necessaria per riconoscere dietro quel Monarca un'ombra simile alla sua, stagliata alle spalle non della sua forma e degli abiti che indossa ma della funzione che egli ricopre nel Canovaccio di cui son prigionieri entrambi: le scorge simili, diverse nella forma ma non nella natura. Ed è quello l'istante in cui la maschera ha la meglio sul volto che la indossa, in cui il ruolo strangola l'attore che lo interpreta.
    Perché grazie a ciò Jekt si convince, o forse è costretto a farlo, di come tra se e quella creatura immane di cui è giunto a temer la tinta non vi sia in fondo differenza alcuna. Di come le regole che egli infrange non sian che quelle d'uno sciocco gioco, rette da nient'altro che dalla volontà di chi accettando la partita le insignisce di valore.
    Di come fiamme e luce, lingue e tentacoli non sian che aspetti d'una stessa cosa, non forze ne vettori ma scalpelli con cui le contrapposte sagome di cui la sua coscienza cieca già sta scordando l'esistenza tentan di dar forma all'arte che assieme stanno intrecciando.
    Per questo non arretra, per questo non ascolta. Per questo leva le proprie lame ed innanzi a se le incrocia, gridando senza voce perché non ne ha mai avuta una mentre l'acciaio svanisce liberando le vampe che l'han forgiato così che una croce incandescente vada a cancellare quanto non un Re ma chi l'ha voluto incomprensibile ha provato ad imporgli; ottemperando così alla funzione che non ha mai saputo d'avere e che se i capricciosi, volubili dei del ticchettio che scandisce ogni secondo della sua esistenza vorranno non dovrà intuir di nuovo presto, perché nella mente di chi il suo volto l'ha intessuto sfigurato così da potervi meglio occultare il proprio egli non è mai stato altro che ciò di malato ed autodistruttivo vive in tutti noi, creature fittizie o reali o tutto ciò che sta nel mezzo.
    Capace di piegare l'ovvietà alla propria stessa malattia, distorcere il vero fino a renderlo irriconoscibile pur di forgiarlo a propria immagine; d'ignorare indizi e non guardar ne al dito ne alla luna, ma piuttosto al collo di chi tende il primo sperando che la seconda venga notata. E tener un viale come fosse un ponte, l'ingresso ad un teatro come fosse un valico, rimanendovi schiacciato per scelta pur di non spostare i piedi dal suolo su cui ha scelto di soffrire.


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    Fusione
    Gliel'ha insegnato Jenn. Le fiamme possono bruciare, distruggere, esplodere, renderlo più forte, uccidere in maniera spaventosa. Possono tante cose terribili...ma possono anche unire. Fusione è la figlia di quest'epifania, le fiamme mutano la loro natura forzate dalla consapevolezza e legano, anziché divorare. Jekt potrà unire oggetti tra loro, amalgamare in un tutt'uno ciò con cui entra in contatto o rivolgere questo nuovo potere a se stesso divenendo in grado di fondere due diverse tecniche assieme - potendone consumare un utilizzo a testa così da avere a disposizione più potenza - per ottenerne una nuova ed ibrida. Una nuova arma, forse. Ma anche una nuova speranza.



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    Lingua d'Inferno
    Le rosse compagne di Jekt non sono armi, fatte di ferro ed acciaio. Ne hanno l'aspetto e la consistenza, ma proprio come lui non sono che la manifestazione di qualcos'altro; fiamme che han preso in prestito un aspetto per meglio adattarsi alle sue mani. Se sferzate con forza tornano alla loro essenza, rilasciando furenti fendenti di vorticose fiamme, in grado di divorare i metri che li separano dalle loro vittime con la stessa voracità - hanno una potenza base del 125% - con cui le consumeranno una volta raggiunte. O diventando loro stesse un tornado, abbandonandosi alla propria essenza generando una potenza del 115% con due Scaling sulla Maledizione, lasciando Jekt solo...e gli altri in cenere.


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    Sole Proibito
    Ma forse vale ancora la pena combattere. Scavare nell'ego di Jekt è difficile e solo in profondità si può trovare ciò che resta di una luce - per questo sarà in grado di richiamare il Sole una sola volta nell'arco di una scena. Ma cos'è? Il Rosso non si pone domande, a lui basta sapere di poter evocare un astro, vederne la scintilla crescere fino a divenir un globo di due metri di raggio, offrirgli in sacrificio tutto ciò che ha - può consumare utilizzi di altre tecniche offensive, guadagnando il 25% di potenza per ognuno - , scagliarla verso ciò che teme, ammirarne lo splendore - il Sole esplode in una colonna di 5m di raggio. Ciò che resta della sua speranza, o l'umanità che pensava di non aver più, non importa. Importa solo che quando il Sole splende, nulla possa più fargli male.



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    Alba Finale
    E se il Sole Proibito è una scintilla, l'ultimo sussurro d'un umanità ormai scomparsa, consumata dalle fiamme...l'Alba Finale ne è il grido. Jekt è morto tanto tempo fa, chiunque fosse se n'è andato ormai, divorato da quello stesso fuoco che ora ne controlla cuore e mente. E allora forse è attraverso il tempo stesso che la sua volontà risuona, splendendo fulgida in questa gloriosa vampa: castata assieme al Sole l'Alba ne aumenta ogni proprietà - raddoppia dimensioni e potenza accumulata, ed aumenta l'area esplosiva a 15m - cingendone il globo con l'aura furente di un'anima che non c'è più, sepolta sotto cenere e rimorsi, ma il cui spettro scarlatto è ancora in grado di sorgere, astro in un mondo ormai troppo buio.



    Pipponi incredibili a parte, a livello tecnico u.u Jekt fonde con Fusione le tecniche Sole Proibito e Lingue d'Inferno: usa la prime sfruttando la sua capacità di distruggere entrambe le sue spade e guadagnarci due scaling sulla Maledizione per ognuna, ottenendo dunque una potenza base del 275%. Attivando anche Alba Finale, ogni utilizzo d'altre tecniche consumato grazie a Sole Proibito dona 50% di potenza in più anziché 25: da fuoco ai 3 restanti utilizzi delle Lingue, a 4 di Loto Rosso, a 2 di Incenerimento, a 4 di Ultimo Dono e ad uno di Combustione per aggiungere 700%. Infine, essendo pur sempre un'offensiva di fuego, quel che ne esce gode dello scaling dato dalla Forza delle fiamme che aggiunge un ultimo 30% per un totale del 1005%. Giusto al pelo per difendersi dall'attaccone del Re e tenere la posizione (potendo contrastarlo anche se psichico grazie al power up Tutto Brucia ancora attivo!)
     
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    All'uomo in rosso, all'ardente figlio del disprezzo più ustionante, Ginny affidò la propria fiducia. Ricordava le sue lame, ricordava le sue gesta, gli incandescenti morsi che la sua decadente e ciò nonostante volontà sapeva infliggere a ciò che ne sfidava il diritto alla desolazione.
    Alla bambina orba diede invece la propria speranza, e quel che ottenne in cambio le fece rimpiangere di non avere mai creduto in ciò che i mortali chiamavano karma: una retribuzione equa, una distribuzione di fatti e cose elargita non caoticamente ma secondo criteri di merito, perché ognuno ricevesse dal mondo ciò che al mondo aveva dato.
    Sciocchezze, razionalizzazioni di menti dalla vita troppo breve per cogliere una visione d'insieme che avrebbe richiesto più tempo per essere notata. Eppure nella maniera in cui la fanciulla rispose alle sue preghiere Ginny rivide se stessa, la pessima abitudine ereditata da colui con cui aveva condiviso sale colme di anime stagnanti e che più di una volta le era stata rimproverata: parole criptiche, frasi dal significato quantomeno ermetico.
    La voglia di arrendersi, di cedere all'inevitabile respinta dallo scontro che a poca distanza stava consumandosi tra luce d'oro e ruggenti fiamme, Ginny strinse i pugni e comprese perché Jekt si fosse impedito di avvicinarsi a colei che avrebbe potuto essere la loro salvezza e che invece stava dimostrandosi un ostacolo non diverso da tutti gli altri: forse l'ennesima trappola del Re che li aveva imbozzolati nelle sue trame, forse una maschera indossata con il preciso scopo di iniettare in loro il letale veleno della speranza.
    Un crocevia...
    Eppure Ginny aveva scelto di rischiare. Nell'azzardo non era mai stata brava, perché il Coyote che le aveva fatto da maestro era pessimo a sua volta. Ma dove le lame fallivano, le pallottole erano inutili e persino i grani della sabbia del tempo che custodiva nei suoi polmoni dubitava avrebbero potuto fare molto, ella accettò il rischio consapevole dei rischi che avrebbe corso nel fallire: Jekt stesso le si sarebbe rivoltato contro, e forse il rogo che avrebbe innalzato in suo onore sarebbe stata una fine più pietosa di quella che le spettava per la colpa di essere scivolata in un delirante, monocromatico incubo.
    Poi, i richiami ad un passato vissuto troppo di recente perché lo considerasse davvero tale invasero le sue percezioni. Poi gli scampoli delle incomprensibili facoltà della bambina le mostrarono in maniera migliore la scappatoia cui le sue parole avevano accennato, e per un istante Ginny fu convinta di vedere qualcosa in più della propria recente storia inscritta in tali costrizioni: una vertigine inaspettata, un senso di prospettiva più profondo...
    Durò poco più di un istante, eppure da quel breve viaggio la mietitrice tornò con una convinzione.
    Ovvero che il moto fosse migliore dell'immobilità, e che qualsiasi tentativo fosse più efficace che nessuno: la fanciulla le aveva suggerito un viaggio ed un viaggio lei avrebbe compiuto, o più di uno se si fosse dimostrato necessario.
    Pensò istintivamente alle mete verso cui avrebbe potuto indirizzare i propri pensieri, mentre il vento sulle cui correnti cavalcava quando le vie dei mondi si aprivano per lei le spirava attorno, scompigliandole i capelli e riempiendole i polmoni di aromi tanto distanti da sfidare l'infinito: annusò le strade misere del Tappeto, ma si disse che i disperati avrebbero ceduto troppo facilmente alle lusinghe di un nuovo sovrano. Tastò le note buie e fredde dell'Amigdala, ma non volle dare al proprio carceriere nuovi incubi con cui tormentarla: pensò allora di condurlo in giudizio presso le alte corti dell'Utopia, la dove dei più grandi avrebbero potuto sentirsi minacciati dalla sua presenza, ricordando poi di che colore fosse l'oro. Escluse Serotonina per non dargli la possibilità di incarnare nuovi figli, l'Iperuranio perché gettarsi tra le sue correnti avrebbe voluto dire affogare nell'imprevedibile...
    Solo quando assaggiò il sangue, fu certa di dove condurre il prossimo atto della recita.
    Una terra vergine, feroce abbastanza da non poter accettare un sovrano che vi si imponesse con fumo ed inganno. Creature incapaci dei pensieri complessi che il Re predava, orde affamate a sufficienza da eoni di digiuno da non cogliere la differenza tra una maschera ed un vero volto: avrebbe rischiato gli stessi morsi, sofferto per gli stessi artigli. Ma se salvarsi non era un'opzione allora cadere assieme a chi avrebbe visto la sua fine sarebbe stata una consolazione sufficiente, una che avrebbe soddisfatto il nome che suo padre le aveva impresso.
    E allora affilò i propri sensi come artigli, fece grinfie delle proprie dita e zanne dei propri denti, lasciò che quel di più ferale che i mondi ospitavano la attirasse a se sperando così di trascinarvi anche colui che non aveva dubbi l'avrebbe inseguita, e forse per questo avrebbe pagato conseguenze: solo grazie alla lucidità del puro istinto spalancò gli occhi per un'ultima volta, le pupille verticali e strette come quelle di una lince, ed affatto meno fameliche.
    Il lago nero.
    Un solo quesito, prima che tutto svanisse ancora. Un ultima battuta prima che l'atto si concludesse, perché metà del suo sguardo era stato macchiato da visioni che non capiva e temeva l'avrebbero condotta alla follia non fosse riuscita a sfiorare le ferme acque che di tanto in tanto scorgeva in lontananza, su rive che da sola non era stata capace di individuare.
    Posso raggiungerlo?
    E poi avrebbe proseguito sola, e poi avrebbe fatto i conti con le conseguenze delle proprie scelte, accettando il sipario sulle proprie vicende o piuttosto rigettandolo, avesse intuito di avere mosso un passo nella giusta direzione. E poi le acque in cui sarebbe caduta, se davvero fosse riuscita a proiettarsi con abbastanza verve nella direzione che aveva scelto, sarebbero state rosse e non oscure. Ribollenti, anziché vuote. Saporite, anziché vuote come un sogno fatto da un altro e solamente per sbaglio impiantato nella sua pupilla.
     
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    Quando la bimba rinviene dal suo straniamento, quando il suo unico occhio sano torna a vedere quella sfaccettatura dell’incubo collettivo, per un attimo teme di aver fallito. Di non essere stata abbastanza d’aiuto a quei viandanti smarriti, vincolata dalle regole di un reame di cui è ereditiera e a cui pertanto deve attenersi: il regno la vuole succube di suo padre e della corona di follia che gli cinge il capo, incapace d’imporsi o di fuggire dagli abusi a cui la corte la sottopone. Così è stato scritto e così deve avvenire in ogni iterazione di quella farsa e in ogni declinazione di quella storia, poiché mani ben più grandi delle sue hanno già vergato il suo destino e si dilettano a ripassarlo sfogliandone le pagine immutabili.

    O almeno era questo ciò di cui era sempre stata convinta, prima che due Viaggiatori le mostrassero una nuova via. Perché il Canovaccio in fondo non è che una traccia abbozzata, una trama larga e grossolana intessuta su di loro ma piena di buchi da riempire, scandita da atti e scene in cui le battute sono affidate all’improvvisazione degli attori. Un interprete sufficientemente ispirato può addirittura dirottare questa bozza in direzioni inedite, imponendo la propria presenza istrionica sul mondo affinché questo si pieghi alla sua volontà. Per questo è rinfrancata quando vede l’Uomo di Fuoco svuotare la mente e ardere di quell’Illuminazione che può opporsi alla tirannia delle idee parassitarie. Per questo abbandona i suoi timori quando la Donna Teschio viaggia col pensiero verso lidi lontani e al contempo limitrofi, perché intuisce che il suo ruolo in questa storia è compiuto ma non per questo è giunto il suo epilogo.

    Ora che quella coppia di onironauti ha riscoperto l’autorità che da sempre consente ai sognatori di plasmare i sogni lucidi, è sicura che anche loro riusciranno a scappare dal dominio del Re, proprio come quel ragazzino pasticcione che tanto (o poco?) tempo fa aveva accompagnato fino alla porta di quella casa inospitale. Certo, le sue circostanze erano speciali, ma se lui ce l’aveva fatta non c’era motivo per cui non dovessero riuscirci anche loro – o perfino lei, in un futuro non così distante, quando sarà adulta e potrà prendere la vita tra le mani per decidere cosa farne.

    Così li saluta, certa che non li rivedrà finché non sarà sfuggita a sua volta da quelle righe tracciate come rotaie e dalle parole che le percorrono come vagoni. Lo fa con un sorriso accennato - il primo in assoluto da quando è stata concepita come idea - rivolto a quegli insperati salvatori che le avevano rivelato come fosse possibile deragliare dai suoi binari quel treno impazzito.

    — Per raggiungere quel lago dovete solo tornare a Casa.

    E se il tempo è veramente un cerchio piatto, allora quella bambina è già riuscita a fuggire e ci riuscirà di nuovo, non appena riemergerà dai brutti ricordi dell’infanzia che le eminenze grigie per cui sta operando le hanno chiesto di rivivere. Allora per il bene della missione reciterà ancora una volta la sua parte, consapevole che il Primo Atto può chiudersi soltanto con la sua agonia. Ma lo farà ridendo per ultima tra le lacrime, perché nessun copione è scritto sulla pietra, e la storia della Principessa di Carcosa è appena cominciata.

    CITAZIONE (Jira @ 26/5/2023, 19:05) 

    Ricordo l’urlo agonizzante di Camilla e le terribili parole che riecheggiavano nelle strade buie di Carcosa. Erano le ultime battute del Primo Atto, e non osavo pensare a ciò che seguiva…


    ~ ~ ~

    arthur-haas-alien-jungle-iii-small

    { Giungla Primordiale }
    Jekt | Ginny Deathface

    Le civiltà e gli imperi possono sorgere e cadere, ma non sono che polvere sul pavimento del Regno Animale. È giunto il momento di riportare il mondo al suo stato primigenio, dove i potenti dominano i deboli e solo i forti sopravvivono – proprio come voleva Madre Natura. Allora seguite il flusso dei vostri pensieri, superate le vostre memorie e regredite fino alla vostra matrice ancestrale, perché l’evoluzione è solo l’ennesima menzogna con cui vi hanno offuscato la vista. Voi siete bestie e questa è una caccia in cui dovete guadagnarvi il diritto a sopravvivere seminando il predatore che avete alle calcagna.

    L’aria è calda, umida e pullula d’insetti. Il suolo è denso e intriso di linfa, trasuda vita e putrefazione da ogni zolla. In alto, chiome di sequoie che nascondono il cielo da chissà quanti millenni. In basso, acquitrini da cui affiorano mangrovie deformi irte di spine. Liane invase da funghi velenosi pendono come cappi, sventolando le carcasse marcescenti delle prede incaute rimaste aggrovigliate. Il bioma della selva non conosce logiche all’infuori della crescita incontrollata, qua ogni forma di vita compete per una goccia di pioggia o un raggio di sole.

    Attorno a voi ronzano sciami di mosche gialle, pronte ad abbeverarsi del vostro sudore e nutrirsi di ogni preziosa secrezione che lascerà il vostro corpo. Siete disposti a scalare la piramide alimentare per raggiungere l’apice della predazione? Oppure perirete tra le zanne delle belve che udite già in rapido avvicinamento, che vi hanno fiutato sottovento non appena avete messo piede nel loro territorio? Non credetevi al sicuro solo perché avete imparato a incespicare tra i diversi aspetti di questa prigione, perché là fuori ci sono branchi di fiere che corrono e stormi di mostri che calano e banchi di piranha che infestano le acque, e la legge della giungla è impietosa verso chi si rifiuta di stare nella propria nicchia.

    boide12: Il nuovo ambiente primitivo abbassa di un livello la Manipolazione della Cenere (perché l’umidità rende pesante il particolato), ma aumenta di un livello la Manipolazione del Fuoco (perché ossigeno e combustibile abbondano).

    Death Itself: Di nuovo, l’occhio fantasma ha cambiato la prospettiva con cui visualizza il lago oscuro e sembra ancora più vicino alla meta.
     
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    Il raggio, la luce, le fiamme, la fine. Svaniscono o fose non ci son mai state, lasciando Jekt senza fiato appena aldiquà dell'orlo di quell'illuminazione che per un attimo ha sfiorato prima di preferirvi le vecchie righe d'un copione ormai consunto...
    La schiena piegata, il fiato corto, le labbra schiuse a lasciar che bava resa scura dalla cenere ne coli a terra. Lo sfogo in cui s'è lanciato, le vampe in cui ha tramutato le sue lame l'han lasciato scoperto ed esausto quasi quanto la loro mancata risoluzione...il cambiamento è stato improvviso, come quello di chi si sveglia senza ricordare d'aver sognato.
    Ma le sue dita sono vuote, le mani troppo leggere senza il peso delle spade che ha sacrificato in rogo per il dio crudele di cui per un attimo s'è visto simile. Prima ancora dei suoni che giungono dal feroce sottobosco, prima ancora della presenza della donna che in quell'ennesimo inspiegato viaggio l'ha seguito, è quell'errore a farlo rinsavire...a costringerlo a sforzarsi oltre, a compiere l'ennesima fatica. Prima di potersi concedere un ristorante goccio di veleno, prima di potersi permettere un sorso della fiasca che ha sempre promesso di farlo star meglio senza mantener mai la propria parola, lo spettro in rosso digrigna i denti e sputa braci che sull'erba alta ai suoi piedi si tramutan nelle prime scintille d'un incendio. E' da esse che trae le lingua che guida nella propria stretta, una per ogni mano che sente la mancanza d'una lama...esse che stringe subito dopo con la forza con cui un naufrago s'abbraccia all'albero maestro del proprio vascello alla deriva, quando la tempesta gli da respiro senza però arretrare d'una sola lega.
    Nngggh...
    Fatica, non dovrebbe farlo. Nel suo cuore un incendio inesauribile, la fonte d'ogni fiamma mai accesa, ben lungi dall'estinguersi perché vi son mondi interi sempre intenti ad annegar tra le sue fauci...eppure ciò che muovono è pur sempre un uomo, annerito e ridotto a poco più che ossa dal prolungato contatto con quella crudele ed avvelenata fonte. V'è un limite a ciò che di quel rogo può incanalare, una quantità di fiamme massima che dal suo corpo può eruttare prima d'esser tanto esausto da non poter accendere neppure una candela. Da tempo non se ne sente così vicino, e fatica ad immaginare luoghi o momenti peggiori per sentirsi vulnerabile...
    Non a causa delle mosche che diverrebbero cenere provassero ad assaggiarlo, non per via degli artigli e delle zanne che ode avvicinarsi al luogo ove è piuttosto certo d'esser stato condotto non da un Re ma da chi come lui sta tentando di fuggirne. Ma piuttosto del sovrano stesso il cui fiato s'è fatto più distante ma per niente assente, e che per l'ennesima volta il suo demonio non è riuscito neppure ad ustionare...
    Dove...dove siamo?
    Stringe le spade a cui ha dato nuova sostanza allora, si raddrizza con fatica perché le membra dolgono e si ribellano desiderando niente più che un attimo di pace. Parla a Ginny, a colei che ha incaricato di capire e rimediare...non è per lei che ha tenuto la posizione sul viale d'un teatro ormai lontano, e forse neppure mai esistito. Non è per lei che ha bruciato le proprie mani e marchiato ancora una volta la propria volontà delle tracce annerite d'un oblio fiammante, eppure a fingere è sempre stato bravo e ciò è quanto le aveva detto prima di piazzarsi innanzi a lei ed alla bambina che è convenientemente svanita alla loro vista: le ha chiesto una soluzione, ha sofferto per darle l'opportunità di trovarne una. Sua la responsabilità, sua la mano che li ha prelevati da un teatro per gettarli in un giardino. E per questo sua la colpa, dovessero scoprire che nulla di ciò in cui è riuscita è davvero servito e che prima di cadere, a lui non resti che punirla come proprio finale ed impietoso atto.
    Come...come dovrebbe aiutarci?
    Le fiamme nate dal suo sputo s'alzano e divampano, non lo fan per lei ma per erigere un perimetro attorno a loro. Scorron sulla terra lasciandovi una scia di brace e cenere, s'allontanano quanto basta da creare un cerchio che li avvolga senza per questo soffocarla in un nuovo tentativo di guadagnar quel tempo di cui Jekt s'è ritrovato a voler essere garante: le bestie temono il fuoco, e se quella è davvero una foresta non v'è modo per cui una verità simile possa essere negata. Le fiamme divampano più alte e violente di quanto non dovrebbero, gioiose nell'aver così tanto da consumare e mordere mentre colui che le guida attende una risposta...non ha mai riposto la propria fiducia in lei, farlo un errore che già troppe volte prima di quell'incubo gli è costato più sofferenza di quella che sarebbe stato disposto a sopportare. Eppure lo stesso si sente in diritto d'esigere ciò che solamente tramite essa avrebbe potuto guadagnare, conscio di come le proprie minacce siano nulla se l'alternativa è quella di cadere vittime del Giallo che sembra disposto ad inseguirli in capo al cosmo. L'illuminazione non è servita a nulla...e ciò che aveva creduto d'aver capito Jekt l'ha già dimenticato, perché ignoranza e negazione son le madri d'ogni autodistruzione. E da quel ruolo lo spettro non sa strapparsi, perché farlo vorrebbe dire ammetter d'esserne sempre stati in grado...e d'aver bruciato per nulla, e d'aver sofferto senza ragione. D'aver pianto senza causa. D'aver maledetto il mondo ed ogni dio, quando il proprio sprezzo avrebbe dovuto rivolgerlo unicamente a se stesso.



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    Tempra Crudele
    Fuoco fatto acciaio, Jekt non può esser disarmato perché la fornace che lo possiede non può esser spenta. Nel caso le affilate sorelle che lo servano vengano distrutte o sottratte gli basterà chiamare il loro nome, ricordare quanto tempo hanno passato assieme per dare a nuove vampe la loro forma, condensarle in metallo cremisi così da continuare a mietere per loro; e se sacrificherà utilizzi di tecniche durature provenienti dalla Maledizione potrà estrarle dall'impalpabile forgia ancora incandescenti, arroventate e per questo capaci di infliggere per un massimo di tre turni ferite ancor più cruente, con scaling sull'anatema che le ha poste tra le sue mani.



    Jekt ripristina le proprie spade con un doppio cast di Tempra Crudele, e poi con la propria manipolazione delle fiamme crea un ampio anello di fuoco attorno a se stesso e Ginny così da (sperabilmente) tener lontani eventuali animali troppo zelanti u.u
     
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    La vita di Ginny era stata parca di piaceri. Nessun abbraccio da parte da una madre tanto bella quanto defunta, nessuna carezza dalle dita scheletriche di chi toccandola sarebbe venuto meno alla promessa fatta all'animo della donna amata, perché la Morte non può sfiorare ciò che vive senza farne all'istante cenere. Pochi giochi, nient'altro che storie con cui crescere e sognare, prima almeno che le sale della grotta in cui da bambina era divenuta donna si aprissero alla sorella che Morte le aveva permesso di adottare e che anche prima di prendere il nome della Crudeltà, giocava a tormentarla in maniera degna del titolo che un giorno le sarebbe spettato...
    Per questo la mietitrice non era mai stata avida. Uno scopo ed una strada da percorrere tutto ciò che avesse mai chiesto in cambio del proprio più profondo impegno, della devozione che versava in ognuna delle attività in cui si cimentava perché nulla che avesse senso di esser fatto meritava di venire portato a termine con un cuore meno duro di quello che non sapeva più battere.
    Eppure nel sogno orribile che stava vivendo, eppure nell'incubo abrasivo che stava scavando in una volontà più fragile di quanto non l'avrebbe veramente voluta, ella vide anche tale certezza su se stessa andare in frantumi. La bambina orba rispose al suo quesito, ma v'era ancora tanto per cui l'avrebbe voluta al proprio fianco...padrona delle risposte che cercavano, consapevole forse solo in parte, ma certamente più di coloro che il Re aveva attratto nella propria tela come un grasso, sadico ragno: allungò una mano verso di lei quando la sentì scivolare fuori dalle sue percezioni, strinse tra le dita niente più che nulla perché la rapidità dei suoi movimenti non poteva nulla contro quella dei pensieri che come aveva previsto e capito, ebbero la facoltà di trascinare tanto lei quanto l'incendiario al cui fianco era costretta su un nuovo palco ove la loro tragedia sarebbe proseguita.
    Ed il tutto non servì a nulla...se non a ritardare l'inevitabile, come le fu chiaro dall'istante in cui mosche gialle ronzarono all'interno del suo campo visivo, scatenando in lei ciò che ormai somigliava ad un panico cui avrebbe dovuto essere estranea, ma che non poteva più negarsi innanzi a tale insana tinta.
    Ci ho salvati, almeno per qualche attimo.
    Trovò nell'interazione l'unica via di fuga ai nefasti presagi cui altrimenti avrebbe rischiato di cedere, nella parola la sola maniera di sfogare un sentimento che non sapeva maneggiare, avendo passato lustri nella convinzione di esserselo lasciata alle spalle. La rabbia di Jekt l'avrebbe innervosita, non avesse visto con i suoi occhi l'intensità dei bagliori che le sue fiamme le avevano risparmiato. E non fosse stata altrettanto esausta, altrettanto sconfortata. Altrettanto stanca di enigmi che lei stessa avrebbe scaricato su qualcun altro, se al suo fianco non vi fosse stato chi l'avrebbe saputa e voluta volentieri bruciare sull'altare della propria insoddisfazione.
    Possiamo cambiare l'aspetto del palco...ma non abbandonarne i confini, a quanto pare.
    Il Re era rimasto tale, o almeno così immaginava senza alcun desiderio di giungere a verificarlo. Il circolo di fiamme in cui Jekt li avvolse le parve vano quanto lo sarebbero state le lame che egli forgiò dalle lingue al suo comando, e per un attimo si disse se la risposta non fosse semplicemente cercare: scandagliare ogni angolo di cosmo le fosse mai stato concesso visitare, sintonizzare i propri pensieri a quelli degli aspetti che la realtà sapeva assumere se spinta nella giusta direzione.
    Forse il Re stava sfruttandoli per contagiare tramite quei viaggi più mondi possibile, forse che un topo sfugga al gatto non importa finché è rinchiuso in un labirinto senza uscite.
    La visione che ha preceduto la spiaggia. Anche tu ne hai avuta una?
    Ma le era stata una bussola, per quanto non avesse davvero idea di come seguirne l'ago o quale meta la attendesse se davvero fosse riuscita a raggiungere ciò che le indicava. Cercò di ricordare se la donna sulla spiaggia l'aveva nominato, ma l'ansia provata nel temere un nuovo arrivo di quell'entità che già due volte aveva rischiato di stringerla tra le proprie gialle dita le impedì di schiarire a sufficienza i propri pensieri...
    Mi ha marchiata. Vedo un luogo che non dovrei, un lago oscuro le cui sponde mi chiamano...
    Si confessò a Jekt allora, gli confidò il proprio peccato e ciò che grazie ad esso aveva guadagnato, maledizione od opportunità che fosse. Pensò che forse le sponde floride dell'iperuranio sarebbero state un buon passo verso ciò che sembrava condividerne la natura, o che forse l'amigdala avrebbe rispecchiato meglio le tenebre che scorgeva attorno e dentro le acque che forse solo lei riusciva a scorgere: un nuovo balzo, un nuovo soffio di vento a trascinarla via avrebbe potuto avvicinarla ancora...ma un tuffo sarebbe davvero riuscito ad azzardarlo, non avendo idea di cosa potesse attenderla una volta immersa?
    Andarcene ci ha avvicinati, ma non so cosa possa significare raggiungerlo.
    Una mano nei capelli, le dita ad artigliare il cranio come volesse romperlo e rimestarci dentro a mano. Una via di fuga doveva esistere, una risposta alla follia doveva esserci, perché altrimenti il Re li avrebbe già inglobati nella follia della propria corte...
    Ma proprio lei, che per sorella aveva avuto la Crudeltà, sapeva quanto sciocchi potessero essere pensieri simili. In quanti avevano sperato di salvarsi dalla Grande Alice, ripetendosi fandonie identiche? E quanti pochi di loro erano davvero stati risparmiati alle sue lame, da chi col cibo era solito giocare e con le anime intonare cori di agonia?
     
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    Jekt | Ginny Deathface

    Una vana speranza vi ha condotti fin qua, quando la figlia del Cupo Mietitore ha pensato che le vostre probabilità di sopravvivenza potessero aumentare nell’habitat di coloro che ogni giorno combattono per essa. A questa chimera è rimasto impigliato anche il ricettacolo vivente di ogni incendio, trascinato in quei nuovi recessi mentre la sua mente si estraniava brevemente da quest’incubo condiviso e pertanto era una tela bianca su cui dipingere paesaggi selvatici con l’unica tempera ammessa sulla tavolozza dell’Artista monocromatico che avete imparato a temere, ma che ancora vi rifiutate di accogliere. Una speranza vana come le passioni di cui si pasce la Belva che già sapete annidata da qualche parte in questa giungla, in attesa che gli stessi pensieri che vi hanno allontanato da lei percorrano le sinapsi nelle aree primitive dei vostri cervelli e vi facciano riscoprire gli istinti atavici con cui i vostri antenati rispondevano alla paura.

    Adrenalina avete voluto e adrenalina otterrete, perché il pericolo non è passato ma ha soltanto mutato forma in senso contrario rispetto ai primi abitanti di questi luoghi, che alla semplicità di una vita selvaggia preferirono le menzogne della civiltà. Non pensate che l’egemonia di Sua Maestà non si spinga anche tra le rovine della nazione dei Leoni, dacché il trono vacante del re della foresta sarà soltanto l’ennesimo scranno da reclamare affinché mai più un impostore si fregi del titolo che spetta soltanto a chi domina sulla materia stessa di cui sono fatti i sogni.

    Allora riforgiate pure i vostri punteruoli, innalzate ancora cortine di fiamme e scervellatevi di nuovo sulla natura di quest’irrealtà onirica, perché un vero predatore sa che per catturare una preda bisogna prima sfinirla, braccandola in lungo e in largo nel proprio territorio di caccia. E voi prede dovreste ormai aver capito che chi si ferma è perduto, e che non c’è fazzoletto di terra che potrete mai esigere come perimetro sicuro all’interno del reame dell’ozio decadente. Eppure la fatica e il panico vi fiaccano le membra e vi costringono a rallentare, come antilopi sfiancate dalla fuga che trovano rifugio in una radura, senza notare gli sciacalli in agguato tra le sterpaglie e i coguari accovacciati tra le fronde.

    Così sono proprio due esemplari di creature deformi ad avventarsi su di voi, piombando giù dalle frasche su cui erano infrattate. Grosse e macilente come pantere incattivite dalla carestia, le bestie annunciano la loro picchiata per via dei tintinnanti gioielli dorati che ne adornano le zampe artigliate e l’ispido crine – come se nemmeno le fiere potessero esimersi da sfoggiare le ricchezze di cui sono state ricoperte prima di tramutarsi nella loro versione primale. Code da scorpione timonano la loro caduta prima di abbattersi su voi, rei di aver trascinato quel magnifico ballo in maschera in questa selva primitiva, dove la loro vera natura si è risvegliata. Di quell’estasi negata restano solo sorrisi inquietanti, congelati nelle maschere fuse col loro cranio, dove il sole e la luna non sono che due metà di una stessa pantomima di cui presto vi accorgerete anche voi di far parte, quando scrutando nel vostro animo riconoscerete i loro stessi tratti ferali, pronti a scuoiarvi dall’interno pur di riemergere all’aria aperta.

    La coppia di belve attacca entrambi con una codata fisica e un assalto psichico per risvegliare i vostri istinti sopiti, ciascuno di potenza 100%.
     
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    dalla stella che brilla di meno...un BUCO NERO O_O

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    Si...si, l'ho avuta.
    Vorrebbe odiarla, vorrebbe desiderare di vederla ardere. Vorrebbe riversare su di lei tutto l'astio venefico che prova per la situazione in cui si trova, come se una maledizione sulle sue spalle non fosse stata sufficiente...
    Ma un uomo può mentirsi fino a un certo punto, anche uno abituato a farlo quanto lui. Non è Ginny che detesta, non è lei a meritare quell'odio montante che a breve è certo gli avvelenerà il sangue e fermerà il cuore. Non è lei ad aver posto sbarre alla sua mente, non è lei a brillare della tinta che è certo se mai riuscirà a fuggire dall'incubo che sta vivendo, desidererà eradicare dal cosmo intero ancor più di quanto le sue fiamme non abbiano mai voluto inghiottirlo per intero.
    La mancanza di un obbiettivo chiaro, di un avversario che le sue spade possano raggiungere e ferire, è quanto di peggiore abbia provato da molto tempo. Abituato ad essere inerme nelle lotte con se stesso ma non in quelle che intraprende con il mondo e i suoi abitanti, essere ridotto in ginocchio e costretto a non poter far altro che pregare è un'ingiustizia che il suo ego fatica a reggere...
    E' questo che infine lo spinge ad aprirsi, è questo che infine lo spinge a collaborare. Con qualcuno che avrebbe ogni motivo d'odiare e voler morta, a prescindere da quanto sia successo dal momento in cui son stati rapiti e trascinati sulle sponde d'una città il cui male sembra essersi diffuso in ogni pensiero sia loro possibile. Sono la stanchezza, la disperazione, la morte d'ogni speranza possa aver mai covato di cavarsela perché se nemmeno lasciando sorgere il Sole che può brillare in lui è riuscito a bruciare uno solo dei drappi che avvolgono l'entità che sta inseguendoli allora non v'è ragione per tentare ancora; e lui non sa far altro, e lui non può esser diverso da colui che soffrendo arde ogni ostacolo sulla propria tetra via.
    La donna sulla spiaggia. Ci disse di raggiungere quel lag...?!
    Ginny cerca risposte, e v'è forse altra chimera possano inseguire in quel labirinto di deformanti specchi se non quella che la rossa sotto suo ordine ha tentato di ghermire? Risponde alla sua domanda, si sforza di ricordare affinché la Vendetta abbia nuove tessere del puzzle che lui è troppo stanco, e troppo stupido per ricomporre. Ricorda l'eterea figura che li ha raggiunti al loro arrivo sulle coste di Carcosa...ricorda ciò che ha detto loro, frasi enigmatiche e per questo degne fin dalla prima sillaba del massimo del suo disprezzo.
    Si sono concentrati sul Canovaccio e sui suoi ruoli, ma un'indicazione ulteriore è fuggita alle sue milliflue e vane labbra. Raggiungere un lago, pronunciare il suo nome...lo stesso che il rosso non ricorda, perché non v'è istante tra quelli che ricorda in cui la sua memoria sia mai stata in grado di recuperare i nomi delle vittime che avrebbe voluto immolare.
    Prima che possa esser deluso per l'ennesima volta da se stesso, prima che possa rischiare di non saper più trattenere lo sfogo di cui si sente in dovere ed assalir per questo l'unica che al suo fianco ancora sta soffrendo le sue medesime pene. L'impossibile torna a raggiungerli, belve magre ed orribili balzano dalle fronte sopra di loro senza nemmeno volger sguardo alle alte fiamme che avrebbero dovuto tenerle lontane...
    Non succede da tanto che innanzi ad un pericolo, innanzi ad una sfida, egli voglia arretrare anziché gettarvisi pronto a bruciar anche se stesso pur di veder i propri avversari ridotti in polvere. Ma forse perché davvero è stanco, davvero è esausto per il colpo con cui ha tenuto un ponte che l'attimo dopo s'è sciolto come neve perdendo ogni briciolo della sua importanza...o forse perché parte dell'illuminazione forzata che ha divelto la sua mente aprendola a verità che il suo ego non è ancora disposto ad abbracciare gli è rimasta impressa, e per questo sa che combatter quella coppia di giaguari infettati dal giallo non sarebbe che uno spreco delle poche energie che gli son rimaste.
    Anziché avventarvisi contro, anziché incrociar le lame su di loro e per questo vederli inceneriti, ciò che fa è arretrare. Fino ai confini dell'anello ardente che ha acceso attorno a quello sputo di giungla che gli sforzi di Ginny gli han permesso di raggiungere, conficcando a terra una delle proprie armi così che la mano libera possa aggrapparsi alla fiaschetta il cui contenuto la sua lingua ha sognato poco prima: se ne svuota un nuovo sorso in gola, lascia che un fuoco che sente in procinto di ritrarsi e lasciarlo solo contro un male che le sue lingue son inefficaci a divorare se ne nutra tornando ad accendersi appena un po' più tiepido. In attesa che la donna innanzi a lui faccia altro...scavi un'altra via, trovi un altro frammento di risposta. Lo salvi, in qualche maniera. Guadagnando così un perdono che altrimenti non avrebbe mai sognato di concederle, o la condanna che se proprio dovrà coglierli s'illude di poter gioire di non dover affrontare da solo.
    Glug!



    jpg
    Lampo
    Un'improvvisa combustione, una scintilla dorata. Il Lampo concentra la forza delle Fiamme in tempi e spazi ristretti ottenendo una vampa più brillante e fulminea, capace di proiettare con grande celerità tanto Jekt quanto una delle sue fiammeggianti sorelle: che sia per sfuggire alla morte, o per dispensarne, il Rosso potrà saettare per decine di metri lasciandosi dietro null'altro che fiamme d'oro; allo stesso modo, qualsiasi fiamma - o tecnica - resa Lampante assumerà tinta paglierina e la velocità d'un fulmine, la capacità di porre fine ad una vita, prima ancora che se ne avverta il calore.



    Ultimo Goccio - Il migliore degli amici ed il peggiore tra tutti loro. L'alcol è la causa - e la soluzione di - ogni problema della vita, e Jekt ha passato lungo tempo perso tra i suoi fumi. Abbastanza da affezionarcisi, abbastanza da considerarlo un compagno. Abbastanza da poter trarre beneficio dal ricordo dei giorni, mesi, anni consumati con le vene in fiamme e per questo quando le sue labbra baceranno la fiaschetta potranno infiammare i ricordi di ogni momento passato assieme, trasformando il liquore in benefico combustibile: egli potrà scegliere se risanare la sua carcassa nella mente e nello spirito, riguadagnando il 50% di salute fisica ed altrettanto in salute psichica, oppure se gettar benzina sul fuoco del proprio animo ripristinando un utilizzo d'ogni tecnica di fuoco a sua disposizione




    Serve ancora un attimo di ricarica qua, ergo Jekt zompa via con Lampo e poi si tracanna la fiasca Estus per castare Ultimo Goccio, nella versione che gli permette di riguadagnare un utilizzo d'ogni tecnica di fuego!
     
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    Aveva ascoltato poco quelle parole, intessute su una sabbia che vedeva a malapena tra le braccia di qualcuno di cui non riusciva a ricordare il nome. Memorie incancrenite, espulse da una mente alla ricerca disperata di una cura al cancro giallo che l'aveva invasa...
    Jekt le ricordava, Jekt gliele annunciò poco prima che nuove belve giungessero a braccarli. Giaguari malati come lo sarebbero divenute le loro prede, come forse lo erano già se davvero i loro tentativi di fuga erano destinati ad essere vani, perché non c'è strada che un afflitto possa percorrere per fuggire al male che ha già macchiato la sua carne...
    Con la fiducia era sempre stata parca, con la speranza diffidente. Conosceva entrambe, sapeva quanto infide potessero essere, perché l'uomo teme il buio ma è dalla luce che dovrebbe davvero guardarsi. Non v'è nulla nella tenebra se non quello che l'aurora mostra, dopotutto, non v'è male nel silenzio se non chi lo rompe rivelandone l'inganno.
    E Ginny era stanca, e disperata e sola, perché il compagno che il fato le aveva messo a fianco non era che l'ennesima spina arroventata in un fianco già tormentato da troppi altri speroni. Una guida trovata per una perduta, la bambina che le aveva mostrato come i suoi pensieri potessero plasmare il fondale di una recita dallo svolgimento e dal finale già scritti ormai distante quanto lei stessa aveva creduto di poter essere dal sovrano che anzitempo scagliò suoi emissari dalle fronde gravide di quella giungla, ad artigliare e mordere coloro che fuggendo avevano solo ritardato la propria indegna fine.
    Per questo non si fece altre domande, per questo scelse di affidarsi alle memorie inaffidabili dello spettro in fiamme piuttosto che brancolare in un buio troppo fosco persino per chi nelle tenebre era nato. Per questo balzò indietro quando le smagrite tigri atterrarono, spinta dalla polvere di un tempo che sentiva scorrere come suo padre le aveva promesso non avrebbe fatto mai, e dal vento che sua madre aveva ammaliato così da strappargli la promessa di essere guardiano della figlia che i suoi occhi non avrebbero mai sfiorato.
    Andiamoci, allora.
    Per questo non estrasse la pistola per riempire di piombo quei corpi decadenti ne li sferzò con il becco della spada che chiamava Molly, chiudendo piuttosto gli occhi e lasciando che i propri pensieri evadessero dalla gabbia di liane e arbusti che lei stessa si era scelta: cercò acqua ed acqua trovò, sulle sponde di quel lato del cosmo ove nuove idee bagnavano la battigia di mondi vergini riflettendo ogni stella ed ogni cielo fossero mai stati immaginati...
    Pronta a scandagliare il caos in ogni suo aspetto fosse stata costretta, tormentare i propri occhi con nuovi orizzonti e nuove forme finché anziché col giallo essi le avrebbero risposto con il silente nero che l'occhio marchiato dal silenzio in cui era precipitata all'inizio di quella sventura le mostrava. Iperuranio, così veniva chiamato dai mortali ossessionati da dare nomi a ciò che nella sostanza non poteva veramente essere definito. Mondo delle idee e casa dell'infinito, vasto forse a sufficienza perché topi coraggiosi abbastanza da tuffarsi nelle sue acque potessero nascondersi e trovare rifugio da un gatto che altrimenti non li avrebbe lasciati mai. Trappola o salvezza, tappa o finalmente arrivo. Ginny vi si tuffò cercando di trascinare con se anche l'unico altro animo che le era stato lasciato come fratello. Perché la sua compagnia era spregevole, certo, ma sola non voleva rimanere innanzi al troppo male in cui era costretta a sguazzare nel patetico tentativo di non venirne trascinata a fondo.



    La normale velocità di Lv3 di Ginny dovrebbe, spero, bastare a permetterle di balzare via dalla minaccia dei giaguari! La seconda azione dopo la schivata la usa per concentrarsi e provare a cambiare di nuovo scenario, aprendo un crocevia diretto stavolta verso l'iperuranio!
     
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