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I got guns in my head and they won't go

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    - (Svegliati).
    Senti una voce - la mia voce. Non dovresti, eppure lo fai tutte le volte. Forse non è nemmeno del tutto corretto dire che senti la mia voce, perché non è un suono, non è qualcosa che percepisci. Ti sembra di ricordarla, ecco tutto.
    Non apri gli occhi, non servirebbe. Annusi l'aria intorno a te: odori acri e dolciastri, uno strano miscuglio di alcol, piscio, sudore, fumo e sogni andati a male. Se non ti venisse da vomitare, sarebbe quasi inebriante.
    Sei confuso, lo comprendo. Le tempie ti pulsano e le labbra bruciano, ti sforzi di ricordare ma senza successo: dietro di te ci sono solo immagini sfocate. L'ultimo ricordo nitido che hai sono due tette troppo grosse e dure per essere vere, due mammelle così monumentali, così nette, da meritare di essere inserite nel calendario sotto il nome di Santissime Minne.
    - (Apri gli occhi).
    Te lo suggerisco a fil di voce, tanto puoi sentirmi comunque. Sei l'unico che può farlo, a dirla tutta. Non capisci, non subito.
    - (Non i tuoi, imbecille. Gli altri occhi).
    Stavolta sì che capisci. Bisogna solo saperti prendere. Una palpebra si solleva sul muro di fronte a te, rivelando una sclera bianca e un'iride rossastro che scrutano il locale da sotto ciglia innaturalmente lunghe. Le insegne al neon ti stuprano la retina proiettandoti addosso una luce intermittente. La musica è martellante, il volume un crimine di guerra - com'è che finora non te n'eri accorto?
    Hai la testa pesante. A fatica sollevi il capo. Il posto in cui ti trovi è terribile e chiassoso e non ti stupirebbe se gli avventori fossero tutti sognatori criminali. Come cazzo ci sei finito lì? Prova a ricordare.
    Ti aiuterò io.

    ~
    (alcune ore prima)



    - ...e quindi l'ho mandato a farsi fottere! Ehi, ma mi stai ascoltando?
    Ti volti a guardare la tipa che ti sta accanto e che quindici minuti fa ha iniziato a parlarti dell'ultimo cliente che le è capitato. Hai smesso di ascoltare quasi subito, quindi adesso non ti resta che guardarla e annuire. Lunghi capelli tinti di viola, ombretto viola, unghie viola, rossetto viola, un tubino di raso che proprio non ne vuole sapere di stare su (ovviamente viola). Più che altro, la tua nuova amica è un incubo in viola. Un incubo che però ha almeno due ottimi argomenti che potresti voler approfondire più tardi.
    - Proprio uno stronzo - dici. Hai l'aria poco convinta, però. La tipa se ne accorge e sembra indispettita, ma non dice nulla. In fondo, sei un cliente anche tu e lei è una professionista seria, una delle migliori del settore.
    Ti ficchi una sigaretta in bocca, lasci che sia lei ad accendertela e per un meraviglioso attimo ti senti una puttana anche tu. Per certi versi ti solletica l'ego pensare che qualcuno pagherebbe per portarti a letto. Questo dimostra oltre ogni ragionevole dubbio che sei proprio un uomo, e anche un coglione.
    Ti accomodi meglio, sprofondi in quel divanetto di finto velluto e guardi fuori la luna rossa di Bludd, le sue mille insegne colorate, le sue patetiche promesse di felicità, i suoi molti odori. La capitale di Serotonina ti ha accolto fra le sue braccia - un po' mamma e un po' sex worker e tu ti sei lasciato cullare. Certo, devi trovare Miss J., ma che male c'è a divertirsi un po' nel frattempo?
    Bludd ti piace, i suoi colori sono accattivanti, le sue strade sono sempre piena di gente esaltata. Lì c'è solo gente che nasce e gente che muore, e nel mezzo solo un manipolo di esaltati capitati lì per caso, un po' come te, e convinti di potersela godere. Ogni strada è un inizio, sembra sempre dover capitare qualcosa, non ci sono mai momenti morti, non c'è mai il vuoto, la noia, la disperazione. In un posto così è facile illudersi di essere protagonisti. La adori.
    Guardi la gente che entra e esce dal locale, sembrano tutti febbricitanti, tutti con addosso un assurdo senso di urgenza, come se potessero conquistare il mondo solo volendolo. I primi tempi è stato difficile distinguerli - parlo dei sognatori - poi ti sei abituato. C'è qualcosa in come parlano, in come agiscono, in come occupano lo spazio, che non trovi in nessun altro essere; è come se fossero lì per un motivo, come se avessero ognuno di loro avesse sempre uno scopo, se vivesse solo di momenti importanti, sempre in bilico sull'abisso del cambiamento.
    Un brivido ti percorre la schiena.
    Che schifo la gente.
     
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    La lussuria è sopravvalutata, il più noioso tra i peccati. Hai presente quelle città, quelle che i turisti assalgono non appena un paio di raggi di sole ne bagnano le rive? Quelle piene di sorrisi dove tutti sono servi e riveriscono, ma non davvero perché è tutta una grande recita.
    Ci son tesori in quei posti, ci sono ovunque perché è lo sguardo di chi guarda a render qualcosa prezioso. Calette nascoste, posti aperti unicamente agli addetti ai lavori perché non son fatti per gli stranieri che della vita qua non conoscono davvero nulla.
    Non compaiono sulle mappe perché devi saper dove sono per trovarli, nessuno ti ci porta perché stan dietro alla vetrina che è stata addobbata perché tu ne rimanga abbagliato. Non brillano, ma non tutto ciò che val la pena guardare deve farlo. Tu hai tanti occhi. Vuoi davvero sprecarli tutti per ciò che qualcuno ha scelto di mostrarti, non per soddisfarti ma per nasconderti il vero Paradiso?
    C'è un motivo se il primo girone è quello, l'anello più ampio e più frequentato ma anche quello più lontano dal letto della Regina. Le sue lusinghe sono dolci, i baci a buon mercato, la carne a pochi spicci al chilo. Cerchi qualcuno, ti dici che non potrebbe essere che li. Ma se davvero i bordelli le cui insegne brillan più della luna stessa potessero soddisfare i tuoi appetiti e farti sazio, grattare i tuoi pruriti fino a estinguerli del tutto. Pensi davvero lo farebbero? Pensi davvero ti permetterebbero d'andartene con il sorriso e la pancia piena anziché lasciarti ancora più affamato, ancora più desideroso d'averne ancora e ancora e ancora?
    Quelli come te, quelli come noi, sono speciali. O almeno dovrebbero esserlo, poter vedere è diverso da voler guardare. Ciechi che vedono meglio degli altri, pazzi che comprendono ciò che agli altri è sfuggito. E' stato il dolore ad aprirti le vie d'un cosmo tanto più grande delle pareti della tua gabbia quanto la tua mente è capace d'immaginarlo. Allora perché è il piacere che stai cercando?
    C'era una donna un tempo da queste parti. Una strega dal cappello a punta e dalle dita svelte, una regina della notte il cui sguardo aveva visto più in la di molti altri. Suonava il silenzio, lo amava e lo odiava perché chiunque l'abbia toccato non può che fare entrambi. Un giorno è morta, tradita da uno dei randagi che aveva raccolto impietosita dalla sua ottusità. Ci crederesti se ti dicessi che nonostante tutto suona ancora?

    TWAAAANG ♪



    Ti dicono svegliati, ti dicono apri gli occhi, tu non ce li hai ma lo fai lo stesso. Non sei l'unico a saperlo fare e comunque fidati, sentirti dar dell'imbecille è il meno. Emme non ci parla più con me, sto scordando il suono della sua voce. Puoi davvero biasimarla? Tu ci parleresti con chi ti ha amato, tu ci parleresti con chi t'ha ucciso?
    Certe cose non cambian mai però, o forse sono solo io a voler tanto sia così. Per questo la nota che non hai letto mi sveglia...per questo porta al mio naso un'aroma che conosco.
    Siamo in pochi ad averlo conosciuto, siamo in pochi ad averlo intravisto. Io l'ho tenuto per mano, scemo che sono. Tu ricordi com'è che l'hai incontrato?
    E' nostro padre, è il nostro Dio in un cosmo che non ne ha mai partorito alcuno. Questo fa di noi una famiglia, o almeno era così che la vedeva lei. E dunque così che la vedo io, perché se non ne è rimasto che un grumo di sangue nel mio cranio a chi altro dovrebbe toccar portare avanti certe deleterie tradizioni?
    Forse non siamo fatti per incontrarci, forse parlarne è blasfemia. Si chiama Uomo Nero, certo, ma è come Silencio che si presenta. Dovremmo tacere, dovremmo rivolgerci all'interno anziché all'esterno, ma provaci tu a guardarlo per un po'. Senza per questo tremare. Senza per questo impazzire più di quanto ognuno di noi non abbia già fatto.
    Allora ti cerco. Non io, che sono pigro e sono stanco e c'ho cose nelle rovine di quello che un tempo era stato un ristorante a cui badare. Ma qualcuno per me e sai che c'è, sai che ti dico, penso proprio che ti piacerà. Perché è bello ciò che ci somiglia, è bello ciò che parla di noi, il cervello è innamorato della propria immagine riflessa e se le persone ti fan schifo forse è meglio che non sia una di loro a presentarti alla finestra del cesso in cui ti sei rintanato ad ascoltar le blatere di chi starebbe meglio col cranio spappolato a terra.
    A guardarti con un occhio troppo grande su un musetto troppo piccolo, a portarti al naso l'aroma dolce e disgustoso di quel sangue in cui fosti immerso quando la tua mente decise che basta, che era stanca d'abitare solo li.
    E poi aprir la bocca troppo grande, leccarsi il muso con la lingua troppo lunga. Ad Emme piacevano i gatti. Piaceranno anche a te?

    MeEeeeEEEeeEEEeeOOOOwwWWWww!




    I Randagi [+]
    Un gran bel hobby collezionare bulbi oculari, ma una volta messi in saccoccia cosa dovrebbero fare? Non si annoieranno a passare il tempo? Dopo aver visto la verità è giusto che vadano a cercarsela, o che almeno possano guardarsi in giro – non c’è molto che possano fare dopotutto, nella situazione in cui sono. Un grumo randagio nasce quando occhi abbastanza illuminati vengono strappati a chi non sapeva usarli, i loro capillari riempiti di sangue maledetto e un nuovo corpo liquido, sporco, ferroso, prende la vaga forma di animali vagabondi. Strisciano nei vicoli, saltano sui cornicioni. Cani, gatti, corvi, topi, insetti. Sono solo imitazioni, ovviamente, perché se li guardassimo con attenzione capiremmo che si tratta solo di Occhi immersi in fiotti di sangue, e gli animali non hanno l’abitudine di parlare ogni tanto, esprimendo lamenti con le voci delle persone a cui un tempo appartenevano. Per Sheol invece sono spiritosi, a volte di compagnia, sono un’ottima avanguardia. Non c’è un po’ di lui, a impedire a questi occhi di chiudersi? Non sono forse gli occhi che mancano in quel volto vuoto? La differenza tra i suoi e i vostri è che a loro non serve una testa, pesante, limitante, e che se li è guadagnati come ogni cosa buona di questo mondo.
    [Famigli, uno per ogni occhio strappato da Sheol. La loro forma e personalità simboleggia in qualche modo quella del precedente proprietario. I Globi Cielonero e altri consumabili simili possono essere trasformati in Randagi. Ogni Randagio può condividere l’abilità Diploplia col proprio creatore, permettendo a Sheol di guardare attraverso di loro. Normalmente, vivono disciolti nel sangue del pg.]




    Sorry per le pippe e l'indegna pappardella, la morale è che sulla finestra della stanza di Q è arrivato un bel micino u.u
     
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    Inizi a ricordare? Comincia tutto con quel gatto. O forse no, era già iniziata prima, ma a noi adesso interessa quel gatto. Ignora la confusione, ignora le tempie che pulsano, la musica, il mal di testa. Tutto questo ti distrae. Concentrati, cazzo. Tu sai cosa è successo, lo sai perché eri lì. Devi solo ricordare.
    - Chi sei?
    Me lo chiedi con quel tono sofferente di chi non vuole una risposta perché, quale che sia, sa già che non gli piacerà. Vorrei potessi vedere il mio sorriso in questo momento.
    - (Non mi riconosci? Sono nella tua testa, e non sono te. Sono qualcos'altro, un ospite fastidioso, ma decido io di cosa hai voglia. Indovina? Non hai voglia di nulla. Rimani a fissare il muro. Vorresti piangere e non puoi. Io sono te, ma non sono davvero te. Sono rimasto qui così a lungo da essere divenuto parte del tuo carattere. Come diceva quel tale? L'abisso non ha comodi gradini).
    Come prevedibile, la risposta non ti piace.
    - Non si potrebbe avere una... err-- breve sinossi?
    - (Sei fottuto).
    - Sì, lo sospettavo.

    ~
    (sempre qualche ora prima)



    Il miagolio ti coglie di sorpresa e tu fai un bel balzo. L'ovvia reazione sono una decina di occhi che si aprono come ferite sui muri e sul soffitto, persino sul davanzale. Quelle sono le tue porte, ferite senza sangue che sfrutti per scivolare dentro al mondo per viverlo in un modo diverso da quello a cui sei abituato.
    La tipa si alza, si avvicina alla finestra ridacchiando, mormora qualcosa alla bestiola. Ti ci vuole qualche istante a realizzare, ti concentri sui suoi fianchi senza nemmeno vederli davvero. C'è qualcosa di strano in quel gatto, qualcosa che non ti sembra del tutto giusto, fuori proporzione.
    - Fai attenzione con quello - le dici, mentre lei prova ad accarezzarlo.
    - (Lasciala fare. Potrebbe essere divertente).
    Rimani un attimo in silenzio. La mia presenza ti disturba, specie quando ti piace illuderti di essere solo, di poter avere dei momenti privati, tutti tuoi. E invece eccomi qui, come sempre. Qualcuno potrebbe trovare consolatorio il pensiero di non dover mai rimanere da solo. Beh, quel qualcuno non sei tu. Preferisci viverla come una condanna. Non resterai mai solo. Ogni frase può risultare inquietante, devi solo concederle la giusta occasione.
    - La conosco, la tua idea di divertimento - sibili.
    Potrei offendermi, e invece la cosa quasi mi lusinga. Il tuo non è esattamente disprezzo, è quel genere di accortezza che fa presto a trasformarsi in un attestato di stima. Mi reputi pericoloso. La considero una forma di rispetto.
    La tipa sta ancora cianciando col gatto, le sue dita ne cercano il pelo, la sensazione di calore, il conforto di un essere vivente che non finirà l'incontro dentro di lei.
    Tu sei più cauto, o almeno ti piace pensarlo. La verità è che non distogli lo sguardo da quell'animale perché ti ha riportato alla mente l'ombra di un ricordo, qualcosa che non credevi di sapere, e ora ti lambicchi il cervello cercando di ricordare.
    Qualcosa che aveva a che fare con gli animali. Ma cosa?
     
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    Caldo è caldo ma di pelo non ne ha. Non fosse per la penombra della stanza, non fosse per la luce abbagliante del neon che da fuori ci si impegna a farvi le retine a fette, forse se ne sarebbe accorta prima. Prima di toccarlo, prima di domandarsi cosa diavolo non andasse in lui. Prima di tirar la mano indietro, guardarla e poi non vedere più nient'altro. Perché è sangue quello che la ricopre. Ed il sangue non è mai un buon segno.
    Vivono male, vivono poco, si metton sul mercato perché la richiesta è tanta e per questo sperano di diventare celebri, di diventare insostituibili. La verità è che se la domanda è alta lo dev'essere anche l'offerta. E se il mondo ne offre a migliaia come te, finisci per diventare carne da cannone.
    Sei il decimo cliente della giornata. Quanti ne ha serviti nell'intera settimana? Quanti da quando ha iniziato, quanti prima di smetter di contare perché avesse conosciuto certi numeri non sarebbe finita a scaldare il letto di così tanto sconosciuti?
    C'è l'affitto da pagare, c'è la matrona di quel posto che chiede una percentuale sempre più alta credendo che le ragazze sian troppo fatte per accorgersene. E poi gli antidolorifici di cui imbottirsi perché altrimenti come fa a prenderne così tanti senza una pausa, e la collega con cui ha una tresca e con cui si dice che un giorno saranno ricche e se ne andranno da questa fogna...
    Un gatto invece è solo un gatto. Una distrazione carina, qualcosa da coccolare senza che cerchi d'infilarti cose in ogni buco. Dovrebbe esserlo almeno. Ma quale gatto ti guarda con un solo grande occhio mentre realizzi che non è ferito, che il sangue non lo sta perdendo. Che di un felino imita soltanto la forma e nemmeno troppo bene perché nessuno di loro ha una bocca tanto larga ed una lingua tanto lunga?
    Non fa tempo ad urlare, non fa tempo neppure a pensar ad altro se non a quanto cazzo di male faccia. Potrebbe lasciarla cieca e delirante, potrebbe permetterle di gridare così da mettere nei guai anzitempo chi presto si ritroverà con un'accusa d'omicidio perché dai, chi sarà mai stato a strapparle gli occhi e perforarle il cranio se non il tizio strano con la benda con cui s'era appartata per due spicci.
    Preferisce farla cadere invece. Lasciarla stramazzare al suolo nella pozza rossa che s'estende all'istante sotto di lei che oh, non ci crederesti mai quanto in fretta un corpo si svuota prima di spaccare una testa partendo dalle orbite e star a guardare quanto velocemente quel lago s'ingrossa.
    Dal suo punto di vista Q non avrebbe dovuto veder nulla di che, semplicemente la sua amica far un grosso sbaglio ed irrigidirsi per un istante prima di accasciarsi, morta ancor prima d'aver toccato terra. Invece probabilmente si che aveva visto perché qualcuno gli aveva fatto dono d'uno sguardo ben più lungo di tutti gli altri e hey, c'era presente migliore da fare a chi fino il giorno prima era stato cieco?
    Il gatto sapeva chi era stato. Non proprio lui perché non era un vero gatto, perché non sapeva un cazzo di nulla in quanto poco più d'uno schizzo di sangue che fingeva d'essere più vivo di quello spalmato ben bene a terra. Colui che guardava il suo nuovo fratellino attraverso gli occhi di quella parodia d'un felino invece si perché ne aveva sentito il puzzo.
    Fu lui a spingere il bel micio ad inclinar la testa, mostrargli bene bene come sul suo musino ora d'occhi ce ne fossero tre di cui un paio d'una tinta che conosceva perché l'aveva avuta tra le gambe fino a cinque minuti prima. E poi ad aprir la bocca, la stessa da cui tentacoli rossi s'erano allungati penetrando la sfortunella in uno dei pochi posti in cui a nessun altro prima era venuto in mente di ficcar qualcosa.
    Siamo figli del Silenzio no? Ma Sheol era sempre stato un fratello dispettoso.
    Per questo il gatto miagolò di nuovo.
    Per questo lo fece con abbastanza forza da attirar l'attenzione di mezzo palazzo e d'un quarto di quello accanto.
    Lo stress forgia il carattere, e vedere come quell'orbo se la sarebbe cavata gli sarebbe stato utile nel decidere se lo voleva o no nella sua nuova, splendida famiglia.
    O magari l'avrebbe solamente intrattenuto un po'.

    MMMMEEEEEOOOWW!

     
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    Caldo. Una sensazione placida, accogliente, un alveo umido in cui fare ritorno. Forse è questo che cercavi in quella donna, venti minuti di pace tra un inferno e l'altro. Adesso che tutto è ovattato, che il mondo intorno gira a rallentatore, adesso che riesci a concentrarti sul sangue, avverti quella stessa sensazione di calore. E non ti piace. Perché non ti piace? Non può essere la vista del sangue a disturbarti. Va bene, il dettaglio degli occhi strappati via è un po' gore, ma non è che il gatto monocolo senza pelo fosse molto meglio. Le avevi pur detto di stare attenta con quella roba. Cos'è allora a causarti questo disagio? Una improvvida eruzione di pietà? Il senso di colpa? Andiamo, sii serio. Ti stai interrogando sul perché tu abbia reagito in un certo modo, ma è proprio questo il bello dei ricordi: ti mettono di fronte a ciò che sei.
    Adesso, però, tutto questo non è importante. Continua a ricordare, vuoi?

    ~
    (quelle fottute ore prima)



    La ragazza va giù, dritta come un fuso, in una pozza di sangue. E tu non fai nulla, se non aprire più occhi sulle pareti e sul tuo torace. Non che serva a granché, stai già vedendo fin troppo bene quel che c'è da vedere, ma è un riflesso. Pare che di sangue e violenza tu non ne abbia ancora avuto abbastanza. Quando il mostriciattolo ruba gli occhi della donna che fino a poco prima ti stantuffava allegramente il fringuello, la cosa per certi versi ti offende. Se qualcuno doveva strapparle gli occhi, se proprio era necessario, dovevi essere tu. C'è di buono che la tipa è andata al creatore senza emettere un suono, quindi almeno per il momento la cosa non è un tuo problema. Inarchi un sopracciglio, ti ricordi bene di dove ti trovi: a Bludd, l'omicidio è un curioso accessorio che puoi pagare. L'unico ostacolo è che non sei sicuro di potertelo permettere, ma in fin dei conti non è una minaccia tanto perniciosa - non quanto la creatura che hai di fronte e che, per giusto peso, miagola ancora.
    Sei ormai ragionevolmente certo di due cose: uno, quell'abominio formato coccole è lì per te, a giudicare da come ti osserva continuando a miagolare; due, qualcuno deve averlo mandato lì, perché sembra proprio che stia aspettando e osservando.
    - (Chiunque sia, deve essere un mostro).
    - Non più di noi - replichi in tono piatto.
    Sembri più irritato che preoccupato. L'invasione di campo ti concerne più dell'omicidio, e questo rivela che sì, sei un mostro anche tu. Forse è per questo che è venuto a cercarti: tra mostri ci si può intendere.
    Allunghi una mano a cercare il pacchetto, e lo fai con lentezza - un po' perché non vuoi dare l'impressione di essere pericoloso, un po' perché ci tieni a far capire che non ti ha messo in subbuglio con quella scenetta. Mentre ti porti la sigaretta alle labbra e l'accendi, un paio di piccoli bulbi oculari ti compare sulla dita e ispeziona la stanza.
    La prima boccata è sempre una pugnalata ai polmoni. Adorabile.
    E infine ti viene in mente, ti ricordi cos'è che diceva tuo nonno: Certe bestie bisogna prenderle da dietro, come le puttane. Non troppo poetico il nonno, ma così deliziosamente pragmatico.
    - Quindi - dici mentre butto fuori il fumo e qualche bestemmia mentale - un bello spettacolo, ma se volevi conoscermi bastava un mazzo di fiori. A cosa devo l'onore?
     
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    Emme sarebbe stata più brava, cazzo. La ricordò vedendo occhi aprirsi sul suo petto, tappezzzar la stanza come uno stormo di deliziosi spuntini. La prima volta che l'aveva vista, il momento in cui s'era innamorato di lei...l'aveva salvato, gli aveva dato un rifugio. Lui invece stava facendo tutto il contrario.
    Se lei era morta per ciò che aveva fatto. A lui sarebbe spettata la vita lunga e felice che la strega aveva osato sognare per se?
    Errore mio.
    Chiese un favore al suo unico vero amico, a quel sangue che per lui era sempre sgorgato a fiumi. Un favore piccolo, la capacità di parlare attraverso l'affamato cucciolo che aveva mandato come emissario. Da quando era così pigro, da quando delegava anziché correre in prima linea? L'eco d'un infantile pianto echeggiò per le sale deserte del rudere che aveva occupato e tanto bastò a ricordargliene il motivo. E fu perché non aveva alcuna intenzione di starlo davvero a sentire che trovò finalmente una maniera per rispondere alla domanda che il ragazzetto con le bende gli aveva posto.
    Cercavo solo di mettermi alla pari.
    Aveva tre occhi ora, l'altro ne aveva aperti almeno una dozzina. Di orbite ne aveva ancora da svuotare se davvero quella era una gara e per un attimo volle chiederselo quant'è che poteva davvero spalancarne e se gli avrebbe fatto male, avesse deciso di prenderne un paio in prestito.
    Non erano soli, il miagolio aveva fatto abbastanza chiasso da assicurarglielo. Aldilà della porta dietro cui quel nuovo membro della famigliola che si stava coltivando sembrava sentirsi al sicuro ecco passi, ecco tonfi, ecco voci.
    Cosa cazzo...?
    Veniva da li?
    Fottuti furry.
    Puttane a buon mercato, che svendessero il proprio corpo non voleva dire mettessero al soldo anche la propria compassione. Anche loro erano sorelle, anche loro erano costrette a considerarsi tali per poter almeno fingere che qualcuno al mondo avrebbe pianto se mai un cliente si fosse mostrato troppo esigente, o troppo affamato.
    Succedeva sempre prima o poi. Ma la consapevolezza non rende più sordo il dolore, ne più accettabile l'idea di doverne subire ancora.
    Sei uno di quelli che crede sia soltanto un sogno?
    A breve l'avrebbero disturbato, a breve avrebbero capito che era li dentro che qualcosa non era andato per il verso giusto. Doveva saperlo, eppure sembrava quieto nel suo dialogare con il mostro giunto a rovinargli la serata. Prima o poi si sarebbe scusato, forse. Probabilmente non l'avrebbe fatto mai. L'Uomo Nero aveva mai chiesto perdono per ciò che aveva piantato nello stomaco di tutti loro? Lui ancora non la sentiva...lui ancora non s'era reso conto di quell'assurda e crudele fame, oppure era di quelli che tentava di saziarla con tutto meno che ciò che davvero l'avrebbe soddisfatta?
    Oppure speri che ti prendano?
    Il gatto inclinò il capo, i suoi tre occhi a roteare placidi su un muso che non era mai davvero stato tale. Anche lui aveva desiderato tanto di sbagliato...anche lui lo faceva ancora ed era per questo che la solitudine aveva iniziato a stargli stretta. C'era qualcosa all'orizzonte, un evento per cui gli servivano più randagi di quanti non ne avesse mai cercati prima. Orfani dei sogni che li avevan partoriti, ognuno alla ricerca d'un nome da dare al disagio che loro padre gli aveva fatto germogliare dentro. Con gli altri era stato più pragmatico, più insistente. Gli mancavano i vecchi tempi però. Perché non divertirsi un po' prima di tornar serio e far a quell'uomo la proposta che non avrebbe potuto rifiutare?

    TOC TOC


    Hem...servizio in camera!
    Eccole. Una sola, almeno a parlare. Le altre alle sue spalle, accalcate dietro l'uscio, più pavide ma non per questo meno pronte a far irruzione se solo avessero pensato d'averne motivo. Non avrebbero dovuto far paura, metter strizza agli uomini fa male per la maggior parte degli affari. Eppure quanti di loro le avevan pregate di schiacciargli il cranio tra le cosce fino a farlo esplodere con un sonoro crack? Quanti si eran fatti soffocare fino ad andarsene, quanti immerger in abbastanza cera calda da affogare un plotone intero?
    Tutto bene li?
    Il gatto tacque stavolta, non volle infierire. Non ancora almeno, non prima d'aver saputo a chi di loro avrebbe risposto per primo. Prima l'ignoto, prima la curiosità nata da chi qualcosa di simile a lui l'aveva. O prima la salvezza, prima il mettersi il collo al sicuro e solo poi dedicarsi a chi aveva provato a porlo altrove?
    Alcune scelte dicon tanto di un uomo. E Sheol in casa sua non se ne faceva niente di codardi.



    Gear ~ Sopravvivere è l'imperativo. Non importa se bisogna strisciare, non importa se il mondo è freddo e crudele, non importa se ci si può sfamare solo con fango ed il proprio sangue. Forse sarebbe meglio non esistere, non dover sopportare il peso di tutto questo, ma non importa: nessuno ha mai detto che è giusto o saggio, ma nonostante tutto non vuoi morire. Se hai un'arma usala, in ogni modo possibile.
    Gli unici poteri di Sheol sono il sangue e la pazzia, ma chi si aggrappa alla vita scopre come usare al meglio il poco che ha: tramite questa tecnica ne potrà ricavare tanti supporti quanto la sua mente saprà immaginarne, guadagnando per 2 turni una velocità straordinaria accelerando il sangue nelle sue stesse vene, o una resistenza sovrumana ricoprendosene come fosse un'armatura, o la capacità di volare formandovi ali da predatore...e così via, senza limiti. Il prezzo da pagare è la potenza perché una varietà così esagerata riduce l'efficacia degli Status che guadagna, che conteranno come se divisi su tre turni anziché due.



    Grazie alla tecnica quotata, il buon Sheol acquista per un paio di turni la capacità di chiacchierare attraverso il miciomao u.u
     
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5 replies since 26/4/2024, 22:28   137 views
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