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Little Wars

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    dalla stella che brilla di meno...un BUCO NERO O_O

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    L'aria è secca, le dune roventi. A disturbarlo non è il caldo. Lui ha sempre caldo...
    A disturbarlo è l'odore. Quello del sangue. Quello della guerra.

    sddefault


    L'ombra della torre è lontana come sempre. Visione che coglie unicamente in sogno, miraggio non diverso da quelli che nel deserto che s'è ritrovato ad attraversare attirano viandanti verso oasi fittizie...ma v'era sabbia tutt'attorno, non diversa da quella che gratta sulla sua pelle annerita e riempie le bocche dei cadaveri di cui quella terra è disseminata.
    Forse è per questo che si trova qui. Forse nell'inseguire una visione cerca ciò che di più simile il cosmo ha da offrirgli, ma se le dune che vide quando per la prima volta sognò d'una fanciulla senza volto in fuga dalle sale buie d'un obelisco erano quiete e silenti lo stesso non può dire di quelle che sta attraversando, scurite dal sangue che la guerra v'ha versato.
    E' il fuoco ad averlo voluto li. A riguardo nessun dubbio, nessuna incertezza, perché chi cammina troppo a lungo al fianco d'un demone impara a conoscerne i sinistri appetiti. Da quando è giunto in quella desolata landa. Da quando per la prima volta è stato avvistato dall'uno o dall'altro schieramento che tra rovine e sabbie stanno uccidendosi l'un l'altro. Di quanti ha già fatto cenere? Di quanti ha già fatto cibo per il rogo che alimenta il suo decrepito, tristo cuore?
    Non si sente in colpa, e forse questo è il peggio. Erano soldati, si dice, sarebbero ugualmente morti a breve. La penserebbe diversamente fossero stati disarmati? Quanto a lungo riuscirebbe a fingere di piangerli prima di scordare il loro nome ed inscenare massacri simili ancora e ancora e ancora?
    Sa di essere seguito. Per questo ha accelerato il passo, per questo s'è spinto in zone ove la presenza di truppe è maggiore, sperando così di portar chiunque stesse pedinandolo a desistere prima di giungere innanzi al proprio indegno destino. Al fuoco non è spiaciuto, perché ciò ha voluto dire più caduti da divorare. Eppure ogni volta che si è voltato, eppure ogni volta che ha avvertito alle proprie spalle l'ombra di chiunque stesse percorrendo le sue orme. Jekt ha avvertito qualcosa d'inusuale...una strana nostalgia, come di ricordi mai veramente vissuti. E gratitudine, bizzarra quanto una candela in fondo al mare nel suo ulcerato, annerito spirito?
    Non è saggio seguire i miei passi.
    Infine ha ricordato, per questo s'è fermato. Non il nome, a malapena il viso, ma almeno tracce di ciò che assieme hanno affrontato. Spiacevoli, perché nei meandri in cui per caso aveva incrociato la strada d'una fanciulla aveva incontrato qualcosa che ancora grattava l'interno del suo cranio ogni volta che tentava di ricordare...eppure anche l'opposto, perché in seguito alla battaglia i cui dettagli gli sfuggivano v'erano stati istanti d'una strana, bizzarra quiete.
    S'erano abbandonati all'ombra d'una tenda, e l'ultima parola che le aveva rivolto vibrava sulle sue labbra come avesse voluto ripeterla ancora. Nella rovina semisommersa dalle sabbie al cui interno s'era seduto, attendendo d'essere raggiunto da passi più leggeri e candidi di quelli dei soldati che li avrebbero incontrato la propria fine, Jekt scelse d'accoglierla con altro.
    Un avvertimento, perché chiunque avesse meritato la sua rara gratitudine aveva diritto di sapere quale pericolo corresse a far qualcosa di tanto spregiudicato. E poi una domanda, pronunciata ad occhi chiusi perché la sciocca speranza non brillasse nel suo sguardo.
    L'aveva ringraziata una volta. Sarebbe davvero giunto a doverlo fare ancora?
    Perché lo stai facendo?
     
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    T-tu...
    Fin dal giorno in cui un urlo l'aveva strappata al letto di ferro e chiodi, ove era stata costretta a riposare fin dalle sue prime tormentate notti. Fin dal giorno in cui quel grido l'aveva condotta da un inferno ad un altro, ed a salvarla da dannati nuovi nella forma ma non nelle intenzioni era giunto un uomo impavido, simile ai Cavalieri senza macchia di cui da bambina le era stato permesso leggere...Ys aveva desiderato essere più coraggiosa.
    Smetterla con la paura, smetterla con la colpa, divenire qualcosa in più di ciò che un Re ed il suo intero regno avevano tentato di forgiare colpendo coi magli dell'umiliazione, delle pene e della fame il metallo tenero che era stato il suo animo infantile.
    La Prussia Eterna era distante...più di quanto Ysabelle non avesse mai immaginato qualcosa potesse allontanarsi da qualcos'altro, prima di scoprirsi parte di un cosmo ben più vasto di quello che qualsiasi tomo conservato nella regia libreria le aveva mai descritto. Il suo sovrano un uomo piccolo ma dal potere enorme, e dalle lunghe immense dita...forse aveva già cercato di riaverla, forse la Neo che accanto ad una donna valorosa almeno quanto Lancelot aveva affrontato e distrutto non era che un incubo a cui era stato un Mago a dare forma, quello non l'aveva mai capito e mai le era davvero interessato di farlo. Perché che fosse stata un suo emissario o meno, che a darle ordini fosse stato l'uomo la cui corona troppo a lungo aveva schiacciato e soffocato chi del Destino era la Voce, oppure il timore stesso che Ysabelle nutriva nei confronti della propria desolante storia, ciò che davvero era importante era il fatto che fosse morta...distrutta, da colei cui avrebbe dovuto mettere un nuovo guinzaglio. E che forse solo quel giorno, aveva sognato per la prima vera volta di poter essere libera per sempre?
    S'era sentita a quel modo, un giorno. Impavida, coraggiosa forse quanto coloro che era giunta ad ammirare tanto. Non perché avesse esplorato recessi tanto remoti che in pochi ne avevano mai sentito il nome, non perché fosse riuscita a fuggirne quando i pochi che vi mettevano piede erano soliti perdervisi per sempre, finendo dimenticati dal cosmo che ve li aveva guidati.
    Ma perché assieme a lei c'era stato qualcun altro, uno spettro rosso di fiamma e cenere...una creature triste, addolorata almeno quanto lei. Al cui fianco aveva marciato nei propri ricordi, fino a giungere all'incomprensibile che entrambi avevano affrontato...
    E che infine aveva salvato, pur avendo ogni ragione di non farlo. Senza doverci pensare, senza doversene convincere. Trascinandolo via con se, guadagnando per questo un ringraziamento sussurrato di cui era giunta a chiedere conto: perché nonostante tali sensazioni fossero marchiate a fuoco nel suo animo, non era a causa loro che aveva solcato i mondi alla ricerca di quel fantasma.
    Tu mi ringraziasti, quel giorno.
    Ysabelle conosceva la guerra. Del mondo al di fuori del palazzo in cui era cresciuta non aveva mai visto altro, e la devastazione che dovette attraversare tra le dune di quel deserto non era che una baruffa infantile rispetto agli spregiudicati genocidi cui aveva preso parte in prima persona, sputando gli ordini che le veniva imposto di pronunciare dall'alto delle peggiori macchine da guerra che mente umana avesse mai concepito: non ne ebbe timore, perché un Re si era assicurato che quello fosse il suo elemento.
    Più conscia del proprio potere di quanto non lo fosse mai stata a casa, ordinò al sole di non illuminarla troppo ed all'aria attorno a se di farsi fresca...incontrò truppe e ricognitori, ma nessuno di loro poté nulla contro la Voce che piegava il Fato stesso. Alcuni di loro li lasciò addormentati sulle dune, altri li vide piangere quando disse loro di ricordare chi avevano lasciato a casa. Ad altri ancora suggerì di fuggire da quel campo di battaglia, rifarsi una vita altrove, ed essi svanirono presto aldilà dell'orizzonte più grati di tutti gli altri...
    Esitò solo una volta, quando infine fu certa di averlo raggiunto. Perché di ciò che voleva fare, di ciò per cui aveva bisogno di lui, Ysabelle non era affatto sicura. Ignorante ed infantile, capiva ciò nonostante come la paura potesse dividersi in due tipi...quella codarda, quella vile, dettata dal rimpianto e dalla debolezza di un animo che nessuno aveva mai voluto indipendente; e poi quella giusta, quella corretta, perché vi sono strade che non portano al rinnovamento ma solamente all'autodistruzione: stava cercando di capire quale nome dare ai morsi che le divoravano il petto, struggendola in una morsa alla quale sapeva di non essere capace di sfuggire, consapevole che una volta incrociato lo sguardo con quello ardente dell'uomo in rosso la decisione sarebbe stata presa. Quando fu lui stesso a chiamarla, e nel farlo a decidere per lei. Forzandola a rivelarsi, dandole la spinta di cui aveva bisogno per scivolare su quella china...per potersi tuffare verso orizzonti nuovi e migliori, o al contrario verso la propria stessa fine. Ys non sapeva ancora quale delle due opzioni avesse scelto, eppure di fronte a quell'uomo non volle essere codarda. E lo guardò dunque negli occhi, e strinse dunque i pugni nel porgli la domanda che avrebbe potuto cambiare tutto, o lasciare tutto uguale. A seconda della risposta che avrebbe ricevuto, e di come essa avrebbe plasmato il suo futuro prossimo così come quello più distante, dandole il permesso di rivisitare quel passato che altrimenti l'avrebbe per sempre tormentata...o al contrario negandogliene l'accesso, infrangendo le sue ambizioni. Salvandola, dunque. Da se stessa, e da ciò che su quel percorso senza dubbio l'attendeva.
    Questo significa che...potrei chiederti un favore?
     
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    Vederla era strano, s'accorse lo spettro quando finalmente ella si rivelò facendo il proprio ingresso nella desolata sala di ciò che un tempo era stato un palazzo, e di cui ormai non rimanevano che ruderi. Sentire la sua voce, riconoscerla in ciò che di lei ricordava...senza per questo odiarla, senza per questo volerla abbracciare con le impalpabili e crudeli dita che un demone era sempre disposto a prestargli.
    Di coloro di cui conservava un ricordo bello, di chi in passato gli avesse fatto gentilezze anziché torti. Fosse anche stato solamente ber con lui, ridere al suo fianco, farlo sentire per una notte non come un mostro ma come un viandante solamente più brutto di molti altri. Quanti erano ancora in vita? E tra loro quanti non avrebbero ripudiato la sua vista, fuggendo o assaltandolo per l'orrore che incarnava?
    Lei non era li per quello. Sciocca ed ingenua, ricordava d'averla creduta tale anche durante il loro primo e probabilmente unico incontro. Che nessun altro cercasse quello...che nessuno si fosse mai sognato di giungere al suo cospetto con una richiesta tanto candida, ed apparentemente genuina. Poteva significare unicamente che fosse lei a stare sbagliando, assegnandogli benefici dubbi che mai e poi mai avrebbe potuto meritare?
    Non sono bravo a ricambiare questo genere di cose.
    Ricordava la sua Voce. Ricordava come più d'una volta avesse tentato d'imporgliela, scagliando sillabe come armi contro l'autonomia dei suoi pensieri o promesse come guinzagli da potergli stringere al collo, per averlo come cane e non compagno di sventure. Che non c'avesse provato stavolta, che il suo tono fosse quello d'una fanciulla pavida ma determinata anziché quello del Destino che aveva riconosciuto nel suo tono, Jekt non mancò di notarlo ed apprezzarlo.
    Certo era stato lui a scovarla, certo era stato lui a renderle noto come l'avesse vista ormai da tempo, segugio abile ma poco furtivo nel ripercorrer le insanguinate orme che aveva lasciato nella sabbia. Ma tante volte s'era illuso riguardo il peggio...tante volte l'aveva assunto, per nessuna ragione se non l'abitudine a non ritrovarsi ad avere a che fare con nient'altro. Per una volta volle osare, per una volta volle credere. Per una volta volle essere qualcosa di diverso da un fenomenale, terribile assassino, almeno negli occhi di chi l'aveva visto vestire panni diversi e per questo aveva compiuto l'errore di salvarlo.
    A meno che tu non voglia vedere qualcuno ardere, ed assicurarti d'essere lontana quando accade.
    Per questo la avvertì di nuovo. Per questo non volle illuderla della possibilità che la sua richiesta venisse soddisfatta, fosse stata differente dall'unica che le propose come scambio per la piacevole memoria che grazie al suo ritorno aveva potuto spolverare. Per lei avrebbe ucciso...per lei avrebbe condannato qualcuno alle rogo eterno che spettava a chi cadeva vittima delle sue fiamme, fidandosi del sui giudizio nel puntare il dito contro qualcuno che meritasse più di altri la fine che un giorno avrebbe raggiunto il cosmo intero.
    Ti consiglio di chiedere questo favore a qualcun altro.
    Ma altro non avrebbe fatto, non perché la possibilità non l'avrebbe entusiasmato ma perché se ne riteneva incapace. Ogni sua emozione, ogni sua certezza non poteva che avere vita breve innanzi all'infausto incendio che da sempre e per sempre faceva cenere di ciò che era ed era stato...ricordava d'esserle stato grato, ma già non ne sapeva più il perché. Quanto ancora prima che anche di quel ricordo non restassero che braci, quanto ancora prima che il suo viso e la sua voce non gli dicessero più nulla di diverso da quelle di chiunque altro avesse la sfortuna d'incrociarlo?
    I soldati che avevano incontrato lui non erano tornati a casa, ne giacevano sognanti sulle dune su cui erano cascati addormentati. Erano defunti, macchie di fuliggine sparsa su sabbie che del loro nome e della loro storia s'eran già scordate...ed a quella fanciulla non sarebbe spettato un fato differente, gli fosse rimasta vicino più del tempo necessario a dargli un nome o rassegnarsi e voltarsi per tornare da dov'era venuta.
    Di tutti i favori che avrebbe potuto farle, quello sarebbe sempre stato il migliore. E persino così non v'era altra ragione a permettergli di concederglielo se non la temporanea sazietà del soffocante male che albergava in lui, satollo a causa di coloro che v'eran stati gettati in pasto a sufficienza da dare ad entrambi la chance d'avere un incontro che avrebbero ricordato con emozioni diverse dal rimpianto, e dal dolore d'aver ucciso ancora una volta chi cenere non aveva ancora meritato di diventare.
     
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    Ys non s'aspettava che sarebbe stato facile. Nulla lo era mai, per chi il cuore l'aveva prigioniero di spine tanto numerose da averlo soffocato per anni interi. Alcune era riuscita a spezzarle...altre aveva accettato lo perforassero e ferissero, così che infine i loro sfregi potessero guarire.
    Ma Jekt, che la voleva lontana o assassina, aveva fatto l'errore di dirglielo come consiglio. Schiava dell'impronta ardente che il Re di ogni acciaio aveva impresso su di lei, deformandola alla maniera in cui un lingotto viene fuso e torturato così che possa diventare spada, la dettatrice non avrebbe saputo controbattere ad un preciso ordine...
    Avrebbe dovuto andarsene, avrebbe dovuto rinunciare, spinta dalla certezza che la disobbedienza non avrebbe portato che brutale sofferenza. Frustate e privazioni l'avevano plasmata a quella maniera, e d'ogni lezione a tal riguardo portava ancora i marchi sulla schiena.
    Ma Jekt le aveva dato un consiglio, e nel suo tono aveva scorto rassegnazione e pena ma non la lama nascosta di chi diceva una cosa, intendendone piuttosto un'altra. Solo per questo, Ysabelle sapette resistere...solo per questo poté restare innanzi a lui ed aprire di nuovo bocca, contravvenendo all'obbedienza grazie alla conoscenza intima delle parole e del loro significato che fin da piccola le era stata infusa, così che il suo unico scopo ella potesse adempierlo con contezza.
    C'è un luogo a cui devo...a cui voglio tornare.
    Lo disse, finalmente. Ciò che non s'era ancora azzardata a pronunciare ad alta voce, perché la parola di chi comanda il Fato è pegno e dopo avere annunciato la propria intenzione ella non sarebbe più potuta tornare sui propri passi.
    Si corresse, commettendo un peccato atroce, come già tante volte le era capitato di dover fare. Perché un dovere era legato alla schiavitù che le era stata imposta, e avesse creduto fossero tali catene a starla trascinando verso il luogo che più di ogni altro sogno temeva, ne sarebbe fuggita il più lontano possibile.
    Invece...era lei a volerlo fare. Lei a desiderarlo, e non per le ragioni che il Sovrano che l'aveva voluta serva, che l'aveva voluta strumento obbediente al pari di qualcosa che si impugna e si vibra contro i propri avversari, si era impegnato a marchiarle addosso.
    Non v'è mondo che possa essere più pericoloso, per me.
    Aveva sentito bene le condizioni di Jekt. Le aveva considerate, le aveva soppesate, ed aveva creduto di potersi azzardare in una controfferta.
    Quello che gli stava chiedendo, quello che domandava a lui anziché a chiunque altro, in parte perché certa che individui diversi e più protettivi di quanto quello spettro le avesse lasciato intendere di essere avrebbero fatto di tutto per dissuaderla...ed in parte perché nessuno di loro avrebbe potuto infliggere pene brutali quanto quelle che il fuoco sapeva comandare, a chiunque le avesse meritate.
    Era poi così differente da ciò che egli aveva dichiarato di essere disposto a fare?
    Per questo ho bisogno che tu mi protegga...
    La dove tutto era iniziato...il mondo piagato dal cancro metallico che la Prussia Eterna rappresentava per la terra su cui aveva avanzato pretese, e piantato le proprie venefiche e fredde radici. Ysabelle l'aveva sognata a lungo...l'aveva desiderata, come un cane desidera il guinzaglio a cui troppo a lungo è stato legato.
    Ed al contempo l'aveva ripudiata, aveva ringraziato il cielo ed ogni dio per l'urlo che l'aveva strappata a quella gabbia...lontana dalla quale era divenuta qualcosa di diverso da ciò che era stata destinata ad essere, la mutilata parodia di una donna anziché il freddo blocco di metallo che l'avevano voluta e che solamente per errore aveva un volto, e somigliava ad una fanciulla.
    Quel contrasto...quella straziante diatriba, tra ciò che avrebbe dovuto e ciò che invece aveva scoperto di volere. L'aveva fustigata troppo a lungo e per sempre avrebbe continuato a farlo, non avesse compiuto il passo che da sola non avrebbe mai avuto il fegato di intraprendere.
    Tornare a casa...scoprire cosa ne fosse stato, durante la sua assenza. Visitare quella terra avvelenata, respirarne l'aria tossica, vedere con i suoi occhi le brutali guglie che un tempo avevano voluto dire casa. Scoprire cosa avrebbe provato allora, e quale dei desideri che si litigavano il suo spirito avrebbe prevalso...
    Per questo ho bisogno che tu bruci qualsiasi cosa vorrà sfiorarmi senza il mio permesso.
    E punire chiunque volesse provare ad imporle l'uno piuttosto che l'altro, in una maniera in cui da sola non sarebbe stata in grado. L'occhio che mostrava al mondo la sua maledizione brillò per un istante quando le sue labbra ruggirono l'unica parola di quell'ultima richiesta meritasse d'essere sottolineata dal Destino inarrestabile. Così che Jekt sapesse che comunque fosse andata, le sue fiamme non avrebbero dovuto tacere a lungo. Che ancora non sapeva chi, ma certamente qualcuno avrebbe dovuto ardere per i peccati che sarebbe stata costretta a mondare. Che forse sarebbe stata una corona ad essere cinta da tale crudele abbraccio...
    O magari lo sarebbe stata lei stessa, costretta da spine da cui si era creduta libera, e che invece avrebbero costretto il suo cuore a chiedere la grazia piuttosto che cadere ancora tra le mani di coloro che in quel petto le avevano piantate.
     
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    Sospirò quando la vide insistere. Abbassò il capo come in segno di sconfitta, perché per l'ennesima volta i suoi avvertimenti stavan raggiungendo orecchie sorde...
    L'uomo ama il fuoco, lo desidera, spera che al suo fianco possa sentirsi caldo ed al sicuro. Ma è come accettare uno sciacallo nella propria casa, abbracciare una lama perché il suo acciaio protegga anziché tagliare. Non è questione di se qualcosa andrà male. E' questione di quando.
    Se quel luogo divenisse cenere.
    Forse fu il fuoco a spingerlo a dirlo...forse fu il demone a spinger le proprie biforcute lingue attraverso le sue labbra, aprendole per vomitarne qualcosa di troppo simile ad una resa. Forse invece fu dell'uomo la responsabilità, di colui che nel volto di quella fanciulla aveva trovato un ricordo raro, macchiato di fuliggine ma non ancora del tutto consunto da ciò che tanti altri aveva già reso ardente polvere.
    Chiunque fosse il colpevole Jekt si rassegnò chiudendo ancora una voglia gli occhi, cercando di trasmettere in ognuna delle proprie parole tutta l'atroce gravità di cui eran pregne. Abituato a perdere abbastanza da riconoscere una sconfitta fin dalle sue avvisaglie, le battaglie con se stesso eran sempre state le più crudeli e le uniche a vederlo in ogni caso come perdente. Che il fuoco andasse nutrito era una consapevolezza incisa in lui come quella che troppo a lungo aveva spinto il suo cuore a continuare a battere, i suoi polmoni a consumar aria per restituire solo cenere, i suoi piedi a marciare anche prima di convincersi d'aver lo spettro d'una ragione per continuare a farlo...
    Ci provava a rivolgerle a chi ne meritasse i morsi, ai condannati e ai mercenari che su campi di guerra simili a quello in cui s'era lasciato raggiungere gettavan la propria vita in attesa solamente dell'avvoltoio che l'avrebbe presa. Ma era solo questione di tempo prima che sbagliasse ancora...prima che si perdesse, prima che la troppa fame o la troppa rabbia lo spingessero a compiere i massacri di cui si portava addosso sempre gli echi.
    Che per una volta non lo facesse solo per loro, che per una volta anziché il male che gli covava in petto servisse chi un tempo l'aveva salvato da un destino indegno. Non era forse meglio? Non rendeva la richiesta di quella bambina degna d'essere ascoltata, accolta, perseguita?
    Se di ogni suo abitante non restassero che grida.
    Le volle dare un'ultima chance, sognò di farlo solo perché la luce nei suoi occhi aveva già risposto ad ogni quesito. La determinazione di cui il suo sguardo brillava non avrebbe lasciato spazio a passi indietro, e ciò nonostante non era stato con la sua vera Voce che aveva tentato d'insistere, preferendo spiegare e dar ragioni anziché legarlo con un guinzaglio. Jekt non mancò di notarlo ancora e per un attimo si domandò se infondo non stesse davvero rischiando di far del bene...il suo giudizio era corrotto, inaffidabile, reso tale da decenni di tortura e dal bruciante desiderio d'esserne libero anche solo per qualche istante.
    Ma se davvero quella ragazzina era migliore, ed a riguardo non sussisteva alcun dubbio ragionevole. Se davvero la sua risposta alla domanda che stava ponendole fosse stata positiva, ed ella non avesse fatto l'errore orrendo di mentirgli pur d'averlo al proprio fianco potendo per questo illudersi d'essere al sicuro dal male che al contrario avrebbe abbracciato. Che diritto avrebbe avuto lui di giudicarla? Con quale audacia...con quale mal riposta superbia avrebbe potuto dubitar del suo giudizio, anteponendo il proprio a quello di chi dall'esistenza non v'era possibilità fosse stata sfigurata in maniera tanto tragica?
    Verseresti lacrime per loro?
    La aiutò senza volerlo, pose per se stesso una trappola facile da far scattare, perché pur non promettendo nulla era chiaro dal suo tono come una risposta negativa sarebbe bastata a guadagnarsi la compagnia dei suoi tristi, pesanti passi. Come se manipolare un disperato non fosse facile abbastanza, come se per sconfiggere una volontà tanto abituata alla resa quella fanciulla avesse davvero avuto bisogno del Fato che parlava attraverso di lei e delle Parole che avrebbero potuto tentare di costringerlo. Forse se ne sarebbe domandato il perché quando tutto fosse finito, forse avrebbe voluto ricostruir le proprie ragioni quando l'inevitabile tragedia avrebbe colpito entrambi e chiunque altro la ragazza avesse deciso di condannare. Ed ancora si sarebbe mentito, ed ancora avrebbe trovato menzogne da rivolgersi pur di non ripetere l'unica verità che non si permetteva di maledire.
    Ovvero che era un uomo solo. E chiunque lo sia stato sa bene quanto si sarebbe disposti a fare, quanto di se si svenderebbe pur di cambiare tale condizione.
     
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    Ci sono molte cose che un dettatore deve imparare a fare con la propria voce. Cantare, forgiare promesse da stringere alle gole altrui, dare ordini tanto decisi che ne materia ne uomini possano scegliere di opporvisi.
    Altre che non deve, pena ogni meritata tortura. Dare voce ad opinioni che non dovrebbe avere, ad esempio. Esitare o balbettare, perché il Re di cui è la separata bocca non può permettersi imperfezioni. Chiudere le labbra quando invece dovrebbe aprirle, oppure l'esatto opposto. E poi, naturalmente, mentire.
    N-no...
    Lo fa come esercizio...lo fa per imporsi su ciò che è stato voluto lei fosse, sormontato da quel che invece è divenuta. Nega a Jekt l'assenso che meriterebbe, perché la sua domanda è puntuale e ben mirata ai punti deboli di cui è cosciente di soffrire, perché alcuna libertà potrà mai spingerla a disimparare l'amore per la corona che fin da bambina le è stato costretto in petto.
    Lo fa senza guardarlo, lo sguardo rivolto a sabbia simile a quella che ha solcato a lungo per raggiungerlo...i pugni stretti sul lungo abito che indossa, ancora in foggia delle stoffe in cui il Re stesso sceglieva di fasciarla.
    No, non lo farei.
    Farlo le costa tanto, perché risveglia in lei ogni allarme che credeva ormai sopito. La schiena brucia, i muscoli si irrigidiscono in riflesso, gli occhi vorrebbero chiudersi e la bocca aprirsi in un grido che sa già non sorgerà, perché lamentarsi vorrebbe dire ricevere altre frustate.
    La parola tradimento aleggia su di lei a caratteri infuocati, e per un istante spinge il suo istinto a dirle di pronunciare l'unica parola le sia mai stata vietata, quel nome che è stato mozzato alla sua nascita, perché una dettatrice che si rivolge contro il proprio stesso Re non vale il sangue che verserà quando la sua gola verrà recisa dalla Promessa che ha ricevuto in fasce...
    Deglutisce allora, si permette di versare una lacrima sola, prima di tornare a guardare quell'uomo in viso. In altri istanti si chiederebbe come abbia potuto colpirla tanto crudelmente dopo averla vista una volta sola...come possa avere saputo, o intuito ciò che lei non avrebbe mai confessato, perché non sia l'unico ma tutti coloro che incontra sembrino poterle leggere in viso le tracce del dolore da cui è certa non sarà mai davvero libera.
    Eppure è proprio per affrontarlo che deve farlo. Che deve andare, che deve coi suoi stessi occhi vedere ciò che non può essere stato solamente un lungo incubo.
    Lo immagina per un solo attimo. Ciò che Jekt le ha detto...la minaccia da cui sarebbe chiamata a difendere il proprio Re, impedendo a quel fantasma di fiamme e cenere di giungere alle sue porte, rischiando che davvero le sue scintille tentino di sciogliere le mura metalliche del suo grande regno.
    Fuoco fino all'orizzonte...un inferno di freddo, indifferente acciaio tramutato in inferi di zolfo e piroclasti, ad annegare e soffocare chiunque abbia tramutato la sua infanzia nel tormento che è stata.
    Dovrebbe esserne inorridita, dovrebbe chiudere gli occhi e volere scappare da un simile presagio. Eppure parte di lei, la stessa che di tanto in tanto le pare parli con la voce del Fato stesso che dovrebbe essere ai suoi ordini...ne è incantata, ne è estasiata.
    La colpa è come un maglio sul suo petto, il sollievo l'unico scudo che le permette di non crollare in ginocchio. Tutto quel contrasto...tutta quell'attrito, tra ciò che vorrebbe e ciò che sa di essere stata costretta a desiderare. La schiaccia, la torce e la comprime, ed Ysabelle sa di non avere la pelle spessa a sufficienza per sperare di potervi sopravvivere a lungo. Per questo tornerà, che vi sia Jekt con lei oppure no. Per questo glielo domanda, supplicante come non avrebbe voluto dover essere mai più. Pronta a gettarsi tra le fauci di un pericolo tanto grande da faticare ad immaginarlo, pur di non doversi più sentire tanto schiacciata tra i due estremi della sua ormai libera, ma eternamente asservita esistenza.
    Mi...mi accompagnerai?
     
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