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The man in the Yellow Jacket

La notte della Rapina Licenziosa

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    TRUE LOVE IS POSSIBLE ONLY IN THE NEXT WORLD — FOR NEW PEOPLE. IT IS TOO LATE FOR US. WREAK HAVOC ON THE MIDDLE CLASS.

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    - "Rubo solo perché la mia cara vecchia madre ha bisogno di soldi per le sue cure!"
    il ragazzo proclamò con orgoglio, alzando il calice colmo di vino sopra la testa.
    "BUGIARDO!"
    urlarono gli altri seduti alla tavola, deridendolo e cantando in coro.
    "Rubo solo perché questo mondo malvagio non mi permette di svolgere un mestiere onesto!"
    urlò un altro, agitando il calice e sporcando la tavola del rosso liquore.
    "BUGIARDO!"
    di nuovo il gruppo rise, battendo mani e piedi.
    "Rubo soltanto," disse il ragazzo più grosso, appoggiando una grossa ascia accanto alla sedia, "perché per un momento sono entrato in cattive compagnie."
    "BUGIARDO!"
    La parola passò al più giovane, che si alzò in piedi e con mano tremante levò il calice al Disonesto Tutore.
    "Rubo solo perché è pluridannatamente divertente!"

    "BASTARDO!"

    - I Bastardi Galantuomini



    OlTltEK



    Chi più, chi meno, siete tutti dei ladri.
    E' inutile negarlo, miei illustri ospiti... lo siete.
    E siete qui proprio per questo motivo.
    Perché nell'arco della vostra vita, almeno in un occasione, vi è capitato di dover rubare.
    Per necessità forse, o per il destino avverso. Per recuperare qualcosa di vostro, ingiustamente sottrattovi, o per ingordigia, per malizia. Per sopravvivere un giorno di più in questo freddo mondo, o per lordarvi di ricchezze non vostre.
    Forse lo fate per il brivido... o forse, siete soltanto degli avidi figli di puttana.
    Non siamo qui per giudicarvi, davvero.

    Nell'arco della vostra vita vi si è presentato un bivio, una scelta.
    C'era qualcosa, qualcosa che volevate con tutti voi stessi. Qualcosa che non era vostro, almeno agli occhi della morale, o della legge, o di qualsiasi forza superiori governi le vostre vite.

    Potevate scegliere di arrendervi, di rinunciare... di farvene semplicemente una ragione. Accade di continuo, a tutti noi. Eppure, voi avete deciso di osare. Di allungare la mano e prendere in pugno il vostro destino, anche a discapito di altri.
    Gli dei solo sanno quante avversità avete dovuto attraversare!
    E con un abilità che non è certamente sfuggita ai nostri attenti occhi, avete superato ogni difficoltà, ogni ostacolo.
    Avete eluso guardie, avete scassinato serrature, avete sedotto, mentito.
    Forse avete anche ucciso.

    Ahimè, ci si è spezzato il cuore dovervi negare il premio.
    Perché in quelle notti senza stelle, in quei momenti di intrighi, di passione e di abilità indiscussa... non trovaste mai i vostri tesori.

    Si può anche dire che noi rubammo a voi... ma forse è più corretto precisare come ci fossimo limitati a battervi sul tempo.
    Forza, non prendetevela. Non lo abbiamo certo fatto con cattiveria!
    E vi abbiamo anche lasciato un regalo, in modo che non possiate proprio avercela con noi.

    Un singolo biglietto nero, dai bordi argentati. Le parole, sbalzate anch'esse in argento, recano il nostro cortese invito.
    Sul retro, oltre che alle nostre sentitissime scuse, troverete una data, un luogo, ed un orario.
    Rispettivamente, la data di oggi, il luogo di adesso, l'orario di ora.

    Il treno rallentò la sua corsa con uno stridere di ferro e acciaio, fino a fermarsi completamente. Il Ravepircer, che ormai da qualche tempo percorreva le vie dimensionali del pignaverso, gettava binari e stazioni dove prima stavano solo comete inafferrabili e imprevedibili crocevia.
    Il grosso vagone che si ferma esattamente davanti a voi é adibito al trasporto merci, le grosse porte scorrevoli che si aprono con uno schiocco secco.

    Non badate al disordine, nostri amatissimi ospiti.
    Purtroppo il nostro accordo con chi gestisce questo squisito mezzo di trasporto é modesto, e l'unico spazio libero era un vagone che trasportava attrezzatura teatrale.
    Non dissimile da un vero e proprio magazzino, o meglio una sorta di backstage pieno di vecchi manichini, costumi appesi, maschere e limelight mezze scassate.
    Del resto, quale luogo migliore per dare inizio a questa sceneggiata?

    E sul fondo del vagone, passati gli alberi finti, i fondali di scena e una molto aristocratica statua in cera scala 1:1 di Lance con un dito nel naso, troverete la nostra amabile segretaria, diligentemente seduta dietro la sua fidata scrivania.

    Prego, consegnate pure il vostro invito!
    vi accoglierà, cinguettante.
    Dietro di lei, una porta che da verso quello che ha tutta l'aria di essere un camerino.
    ... il Direttore vi riceverà quanto prima.

    Mettetevi comodi, dunque!
    Fate conoscenza, o guardatevi tranquillamente in cagnesco, mentre il treno sotto di voi riparte la sua corsa.
    Sfogliate distrattamente una rivista, o godetevi la musichetta soffusa.
    Il Direttore sarà subito da voi.



    Edited by Sarcad is Offline - 13/1/2024, 13:42
     
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    dalla stella che brilla di meno...un BUCO NERO O_O

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    Allora praticamentw.
    Uno c'ha i cazzi suoi da fare no. Cazzi che già di per conto loro non è che non siano complicati, non è che non prevedano l'arrangiarsi a fare una roba che nessuno ha mai tentato prima e per la quale dunque non è che ci sia il manuale d'istruzioni.
    E dunque deve raccogliere roba. Roba che manco lui sa bene quali criteri debba rispettare e dunque va bene un po' tutto, perché quando non sai com'è che i pezzi dovrebbero incastrarsi allora tutto può tornare utile. Una famiglia che lo aiuti, quella è sempre bella, fratellini ritardati ed un figlio che ancora deve sbucar fuori dal ventre della cagna che ha messo incinta per averlo. Una superstar perché la soundtrack fa sempre comodo e poi un palco, e poi un megafono perché il silenzio che ha far intenzione di calare devono sentirlo proprio tutti, e poi e poi e poi...
    C'era questa tizia, no. Che al fianco aveva una spada interessante perché Sheol se la cavava con gli odori, e quella non ne aveva addosso assolutamente nessuno. La tizia la conosceva, era una vecchia amica, ne avevano passate tante e tante assieme. Proprio per questo e mica perché si cagava addosso al pensiero di cazzotti di marmo sul muso il diavolo non avrebbe maaai e poi mai pensato di sottrarle un simile, preziosissimo tesoro.
    Però che bella che era quella spada, che bei riflessi che non mandava, quanto gli sarebbe stata utile coi cazzi che ancora aveva bisogno di risolvere. E se la sorte arride i belli lui sotto le bende doveva essere Madds Cazzo Mikkelsen perché guarda il caso, guarda la coincidenza!
    Era a casa sua, tra le sale del ristorante abbandonato che Coco s'era lasciata dietro quando per piangere Emme s'era ritirata chissà dove. Quando sentì del casino che era appena accaduto a giusto un paio d'isolati di distanza e visto che mica poteva mancare sul teatro d'un buon caro vecchio bagno di sangue, eccolo due omicidi innecessari dopo a sbirciare dall'alto un magazzino collassato su se stesso e la sua bella cara amica spadaccina proprio li.
    Assieme ad un corvaccio, cattive compagnie, di quelle che ti portano su pessime strade. E poi ti fregano gli infami, perché lui che ci vedeva lungo lo sgamò quando avvicinando il becco al suolo si intascò un pezzettino di quella bella arma che ahimè era finita in frantumi.
    E allora lui, da bravo diavolo qual era. E allora lui che all'amica ci teneva tanto tanto e sull'acquisizione di proprietà altrui senza esplicito consenso era un saaacco contrario, che altro avrebbe mai potuto fare se non mettersi a seguirlo?
    Stettero assieme per un po', e figurati chi era lui per giudicare. Ma poi si salutarono, poi il corvo andò altrove. A cacciare perché come troppi altri non sapeva che meglio fare della sua vita se non metterla continuamente a rischio, e già per quello Sheol lo disprezzò abbastanza da scivolargli alle spalle quando riuscì ad abbattere la sua preda. Era stanco, esausto, ferito. Immerso nel sangue fino al collo perché anche lui ne era amico, ma non a sufficienza da impedire al diavolo d'apparirgli alle spalle e tiragli sulla nuca un sordo colpo con un tubo arrugginito.
    BAM, giù secco, quelli come lui avrebbero fatto meglio a fare le mascotte. Manco si sprecò ad ammazzarlo prima di iniziare a frugargli in tasca, manco controllò se stesse ancora respirando mentre le sue mani bramavano la scheggia nera che neppure sapeva se davvero gli sarebbe mai servita a qualcosa: e poi, quando al suo posto trovò un cazzo di biglietto con tanto d'invito ed indirizzo. I coglioni gli girarono abbastanza da farlo decollare via, lasciando in pace il povero pennuto.


    Data di oggi, luogo di adesso, orario di ora. La banchina è boh, da qualche parte, e benché siano passati giorni? a Sheol i maroni vorticano ancora abbastanza da impedirgli di farsi le solite domande sceme.
    Ci sono altri li con lui, altri che non si spreca a guardare in faccia perché vedere occhi quando è così nervoso non gli fa bene. Uno spuntino non sarebbe male, è da troppo che va avanti solo ad aria e cazzimma. Ma se poi si scopriva che erano loro i pezzimmè che gli avevano soffiato il tesoro chi glielo ridava?
    ...'bella.
    Dire qualcosa giusto per non star zitti mentre il vagone smette di muoversi, le mani in tasca perché altrimenti tutti avrebbero scorto gli artigli rossi di cui le aveva già fornite. Avrebbe dovuto essere curioso, avrebbe dovuto davvero, un tempo tutto questo l'avrebbe divertito ma le cose cambiano quando hai uno scopo no? Quando lo insegui da tanto, da troppo, e non hai la minima idea di quando c'arriverai o se davvero ce la farai. Ed allora ogni problema diventa una spina nel fianco, ogni contrattempo un morso ai coglioni, ogni intoppo una ragione buona e giusta per essere furioso.
    Il piede nervoso che non smette di sbatacchiare a terra, le braccia che tremano e la schiena incurvata, e madonna se non sarebbe stato il primo a salire in barba a chiunque altro avesse altre stupidissime ragioni per voler fare lo stesso.
    E quando finalmente fu dentro, e quando si trovò innanzi una maledetta segretaria. Di cartone, ma non era la prima volta che gli capitava. E con lei finalmente avrebbe potuto vomitare bile addosso a qualcuno che perlomeno, con quei fottuti ladri, aveva qualcosa a che vedere.
    Massaaaaalve bellezza.
    La salutò calorosamente, come un vecchio amico con cui c'era pure stato qualcosa in più. Poggiandosi sul bancone con fare piacione, inclinando il viso come un gatto, trattenendosi a stento dal dipingersi un sorriso col sangue sulle bende che quando lo faceva Emme gli diceva sempre che era inquietante.
    Diede del suo peggio, perché qualsiasi imbecille è buono ad entrare e metter tutto a ferro e fuoco. Lui invece voleva far loro male, lui invece voleva vincere e farlo al loro stesso gioco. E se loro erano stati bastardi infami e l'avevano colpito li dove gli aveva fatto male, perché l'incertezza del domani è uno dei tasti più dolenti su cui si possa andare ad infierire. Perché non fingere di stare al gioco, perché non stare a sentire costa stradiavolo volessero da lui e tutti quegli altri sfigati.
    Per poi sputarci sopra, per poi strapparlo in pezzi. Per poi divorarlo e ricagarlo fuori e darci fuoco e triturarlo, e nel frattempo costringerli a guardare e poi mangiarlo.
    E aaaaah come si sentiva bene al pensiero. AAAAH com'era facile sorridere credendolo, convinto come raramente lo era stato prima d'ora che la cosa sarebbe andata così, perché non le avrebbe permesso di risolversi in nessun altro cazzissimo di modo.
    Hai da fare a fine turno?
     
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    Io comunque ancora non ho capito cos'è che avrei sbagliato...
    Questo perché sei stupida.
    E Babelith odiava sentirsi stupida. Odiava ancora più sentirselo dire da qualcuno a cui non poteva piantare una coltella in gola, e questo il Bello lo sapeva bene. Chissà se un giorno sarebbe riuscita davvero a dargli una buona ragione di smettere di sottovalutare i pensieri suicidi che di tanto in tanto facevano capolino nella sua testa marcia, ma che Mamma era sempre svelta a riportare a nanna.
    Non hai sbagliato niente, farfallina. Non è colpa tua se hanno scelto un nome sciocco.
    Ma è LA Lama. Non UNA Lama!
    Si, beh, capirai. Come se questo spiegasse qualcosa. Babe aveva messo il muso, appollaiata su un trespolo della banchina dove le era stato detto di aspettare. Però voleva andare a fondo a quella questione, perché insomma, stupida non le piaceva esserlo.
    E farebbe differenza perché?
    Il Bello sbuffò, fu il Buffone a prendere la parola. Persino lui sembrava avere capito, e com'è che qualcosa di così chiaro agli inquilini del suo cranio a lei continuava a sfuggire?
    Noiosissima grammatica, direi.
    Noiosa ma CHIARA!
    La verità è che Babelith aveva già afferrato il concetto. Non era difficile, persino per lei che prima che ad allacciarsi le scarpe ed a scrivere - cosa in cui non era ancora affatto brava - aveva imparato che sapore avesse il sangue.
    Però le pesava ammetterlo. Perché un giorno, immersa fino alle caviglie nelle viscere del bastardo che l'aveva cresciuta in gabbia, si era ripromessa che avrebbe dato un senso alla sua vita. Se invece aveva sbagliato, se invece aveva sprecato il proprio tempo. Voleva forse dire che stava davvero riuscendo a sprecarla?
    Vabbè, ma cosa cambia tra una e l'altra...
    E allora insisteva, con se stessa o con chiunque avesse preso in affitto i suoi neuroni, e la ripagasse con un sacco di commenti indesiderati. Borbottando tra se e se, perché tanto lassù non l'avrebbe sentita nessuna. E anche se l'avessero udita, cosa ci sarebbe stato di strano in un'altra matta a zonzo per il caos?
    Ce l'abbiamo anche noi Una lama.
    Ed è bellissima. E anche molto utile.
    Il coltellaccio che premeva nello stivale, sempre scomodo per come la lama trovava modo di graffiarle la caviglia. Il Bello ignorò il commento della Mamma, perché tutti sapevano che anche lui ne aveva paura. Di lei, però. Mica di Babelith, che era costretta ad ascoltarlo.
    Ma ti pare c'abbia mai permesso di posar le chiappe su un qualche trono?
    Allora, insomma, i fatti. C'erano queste voci che giravano, riguardo un posto o forse una cosa o magari invece una festa. Che aveva quel nome li, che prometteva tante cose, di cui a Babelith non importava nulla ma che il Bello e tutta la sua schiera aveva trovato parecchio interessante. Perché erano Dei una volta, quella storia gliel'avevano già detta ma ogni volta lei smetteva di ascoltare. Perché avevano palazzi bellissimi e lussuosi, perché tutti li adoravano e servivano, e poi chissà cos'era successo perché finissero tutti quanti premuti assieme nella testa di una tossica.
    Ed allora, un po' per farli stare zitti ed un po' perché alla fine non è che avesse tanto di meglio da fare. Babe si era detta perché no, facciamolo. Vediamo di cosa si tratta e cosa ci si può guadagnare, che a puntare alla luna male che vada si finisce tra le stelle, no?
    Aveva raccolto informazioni, scoperto che avrebbe dovuto aspettare un anno, deciso che col cavolo avrebbe atteso tanto a lungo. E allora aveva ragionato sul nome, La Lama. Se quello era il titolo doveva esserci un motivo.
    Se ne era convinta, e tutti i sapientoni le avevano dato ragione all'inizio. Quando tra i vicoli, i bordelli e le bettole si era messa a sussurrare con gli omaccioni più loschi per scoprire chi è che ce l'avesse, la lama più pericolosa di tutte.
    Erano saltati fuori nomi, posti, almeno una dozzina perché nessuno sembrava concordare su quale tagliacarte fosse il più temibile. Tra tutti lei aveva scelto quello di un nobilotto tutto inserpentato che teneva la sua nascosta in una cassaforte, non perché fosse convinta di avere trovato quella giusta. Ma perché tra qualcuno che il suo coltello lo sa usare e qualcuno che invece lo tiene via, lontano e nascosto. Chi potrà mai esser meglio rapinare?
    Si era pure comprata un vestito, o meglio l'aveva sgraffignato, così da entrare a palazzo con un convoglio delle geishe che al signorotto piaceva intrattenere. Si era trattenuta un sacco, perché tra tutte le cianfrusaglie di valore che avrebbe potuto sgraffignare facilmente avrebbe potuto guadagnarsi pasticche e funghi per un secolo, e l'idea di liberarsi per così tanto tempo delle voci si che era un sogno.
    Ma aveva stretto i denti, si era detta che una volta in cima a un trono le pasticche gliele avrebbero portate a pacchi, nemmeno si sarebbe dovuta alzare per farsene ingozzare. Era sgattaiolata via alla prima occasione, lasciando al suo posto un doppelgänger, facendosi invisibile e stando attenta a non lasciarsi dietro neanche una spolveratina di polvere di fata.
    E quando infine era giunta dove doveva, quando infine l'aveva trovata. Ed aveva aperto lo scrigno, ed aveva creduto di avercela fatta.
    Al suo posto aveva trovato un bigliettino, e da allora erano iniziate le lamentele.
    Erano tutti delusi, Mamma compresa, anche se nessuno sapeva lagnarsi bene quanto il Bello. Perché lui l'aveva sempre saputo che era una fregatura, lui figurarsi se si lasciava ingannare, sveglio e brillante com'era!
    E allora Babelith si era depressa, ed allora si era chiusa, ed aveva deciso di andare in fondo a quella storia. Magari la lama che aveva cercato lei era davvero quella sbagliata. Ma fosse stata davvero spaventosa come le era stato detto, magari le avrebbe insegnato il segreto per sgozzare almeno uno di quei bastardi chiacchieroni?
    Arriva.
    L'avviso del Brutto la scosse dal suo torpore, imbronciata come era non si era neppure accorta dell'arrivo del treno che stava aspettando. C'erano altri su quella banchina, almeno uno sembrava li per un motivo simile, ma Babe non era in vena di socializzare.
    Svolazzò giù dal suo trespolo giusto quando l'altro era appena entrato, indossò la propria maschera migliore fingendosi una ragazzina svampita; facile, visto che era ciò che sembrava essere davvero sempre stata.
    Saaalve...
    Si guardò attorno con occhioni meravigliati, non si fece domande quando al posto di una persona trovò un ritaglio di cartone. Gli stupidi non si chiedono mai niente, dopotutto, e prendono le poche risposte che sanno immaginare come certe. Un po' come qualcuno che si convince che una lama valga l'altra, e tutte quante possano andare a farsi fottere, perché averla o non averla avrebbe davvero fatto qualche differena?
    Sa, ho trovato questo così, per caaasoo...
    Li credi davvero così idioti?
    Beh, oddio. Se hanno deciso di ingaggiare noi...
    Ignorò le voci, come avrebbe sempre dovuto fare. Mise su la propria migliore faccia di bronzo, lasciando che la statura ridicola ed il faccino da bambina disastrata facessero il resto. Di solito funzionava. Dopotutto chi se non i ladri hanno bisogno di qualcuno di cui approfittare.
    Ed allungò quel bigliettino al cartonato, per quanto stupido potesse sembrare. Lanciandole anche il proprio migliore sorriso innocente, perché non è colpevole chi ruba per realizzare i propri sogni. Anche se fallisce. Anche se i propri sogni, non ha idea di quali siano.
    Sono venuta qui a restituirlo!


    Come sempre per quanto riguarda Babe, l'unica voce che tutti sentono è la sua, in azzurro. Le altre sono solo per lei!
     
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    La sirena d’allarme gridava all’impazzata, le luci rosse lampeggiavano a intermittenza. Passi concitati dal piano di sopra scendevano le scale, seguiti da ordini urlati e rantoli d’agonia. Una sventagliata di proiettili esplose nel corridoio, riducendo i muri a una groviera. Una granata rotolò sul pavimento e THWUMP, la detonazione scardinò la porta alzando un polverone. Altri spari, altre grida. La saracinesca blindata si abbassò per isolare il caveau, ma una lama nera la trapassò e sfondò la serranda a prova di bomba. Una sagoma ricoperta d’ossidiana fu sbalzata da una bordata al plasma attraverso la nube di detriti e…

    *graffio sul vinile*
    *fermo immagine*

    Sì, quello era il Rōnin.
    Probabilmente vi starete chiedendo come sia finito in questa situazione.

    Era iniziato tutto quando si era messo sulle tracce di un libro, per la precisione un’opera teatrale. Un articolo all’apparenza mondano, non così difficile da reperire, eppure il nostro si era reso man mano conto che la sua ricerca sarebbe stata molto più ostica del previsto: il copione era introvabile e ogni testimonianza che lo riguardava era stata meticolosamente cancellata, censurata o rimossa dalle biblioteche di qualsiasi mondo visitasse. Dopo aver battuto palmo a palmo mezzo Pignaverso, la pista l’aveva condotto fino a un centro detentivo di massima sicurezza, situato nella regione più sperduta del pianeta più inospitale ai margini più estremi di un sistema solare schermato dalle radiazioni – nome in codice “1N-KULØ-4-B345T”. Il perimetro era circondato da miglia di filo spinato, recinzioni elettrificate e reticoli laser; l’area era monitorata da droni, nano-telecamere e dozzine di guardie armate fino ai denti e di ronda a turni continui per sorvegliare non un detenuto, bensì una rara copia del fantomatico testo intitolato “Il Re in Giallo” (proprio un bel colore).

    Ancora non sapeva il motivo per cui un canovaccio fosse tenuto sottochiave da un’organizzazione tanto strutturata, il cui lungo braccio aveva raggiunto dimensioni alternative e mondi paralleli pur di occultare la presenza di quel volume, ma era l’unico indizio a sua disposizione per risalire a una certa persona davvero importante per lui… perciò non si sarebbe tirato indietro. E patapìm e patapàm, in due minuti l’ordine e il Silenzio furono ripristinati a colpi di katana nel Sito-ι della Divisione di Contenimento Memetico. Peccato però che nella camera di sicurezza non c’era il libro rilegato di giallo, bensì un biglietto nero dai bordi argentati…

    ~ ~ ~

    Nel reame onirico vigevano delle leggi davvero pittoresche. Per quanto i sistemi di datazione e le coordinate spaziali fossero privi di significato laddove ogni luogo e ogni tempo si mescolavano, bastava focalizzarsi su di un semplice invito affinché la mente viaggiasse proprio dov’era richiesta la sua presenza, cullata dallo sciabordio delle onde che stavolta depositarono il guerriero ramingo sulla banchina di una stazione nel mezzo del nulla. Un lungo treno si accostò al binario e si fermò, consentendo a uno sparuto gruppo di passeggeri di salire a bordo.

    Il Rōnin sentì una strana sensazione addosso, come se i due convenuti che l’avevano preceduto attraverso quelle porte scorrevoli fossero in qualche modo familiari. Percepì anche un profumo nell’aria, una nota nostalgica che gli rievocò alla memoria la stessa figura angelica che stava inseguendo lungo una scia di briciole sparpagliate nel Caos Multiforme. La consapevolezza di essere sulla strada giusta lo infiammò, perciò avanzò a passo affrettato verso il cartonato a forma di receptionist e lo superò dopo aver appoggiato il ticket di quella folle corsa sul bancone. Era diretto alla porta del camerino, che avrebbe colpito con un calcio all’altezza della maniglia con l’intento di sfondarla.

    «Ne ho abbastanza dei vostri trucchetti, dove cazzo l’avete messo?»

    Gran bel modo di cominciare l’avventura, mio caro onironauta irregolare!
    Sarebbe proprio un peccato se ti trovassi sulla succursale itinerante di un’organizzazione che sta vagliando se metterti in gabbia e buttare la chiave, nevvero? A pensarci bene, attirarti qui insieme ai tuoi silenziosi fratellini potrebbe essere solo parte del piano…

     
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    È un’informazione certa?
    Aprii gli occhi ed alzai lo sguardo per osservare il mio interlocutore: aveva le mani raccolte nel consueto saluto, gli occhi puntati sul pavimento ai miei piedi, per evitare di incrociare il mio sguardo, anche solo per sbaglio. Sembrava essere scosso, era raro vedere il suo volto turbato. La sua voce restava però calma, se l’avessi solamente sentito, non sarei stato in grado di capire quanto era rilevante per lui quanto mi stava dicendo. Annuì.
    Non avrei altrimenti osato disturbare il ritiro del giovane signore.
    Disincrociai le gambe e iniziai ad alzarmi placidamente. La mia mente era ancora chiara e tranquilla, sentivo il ritmo del mio cuore, del mio respiro, percepivo il movimento di ogni mio muscolo ed i più piccoli flussi d’aria sulla mia pelle.
    Accompagnami, e ripetimi nel dettaglio quanto mi hai appena detto.
    Con un calcolato movimento, Zhihao, mosse la sua gamba all’indietro, ruotando leggiadramente il corpo di novanta gradi per permettermi il passaggio. Come lo superai lo vidi, con la coda dell’occhio, alzare il capo e distendere le braccia. Gli feci un gesto con la mano, e l’anziano maestro riprese a parlare.
    L’informazione è sicura. Da tempo i miei contatti rimasti a Wu’an Bao sono inquieti, si sospettava da diverse lune che qualcosa di importante stesse per succedere, ora siamo sicuri: i Lian della Tianrenhui hanno deciso di spostare il Dao di vostro padre a Yunxuan Cheng.
    Come le sue parole raggiunsero le mie orecchie, il mio corpo si fermò, i miei muscoli si tesero. Colsi il vecchio di sorpresa quando girai la mia testa e lo fissai con lo sguardo carico d’odio e rabbia.
    Quando?
    Risposi freddo cercando di riottenere la chiarezza mentale e riprendendo a passeggiare lungo la veranda. La temperatura si era fatta piacevole, il periodo della fioritura era ancora lontano, ma alcune giornate sembravano presagire il suo arrivo.
    I preparativi sono già iniziati, sembra vogliano arrivare pronti per l’altro evento.
    Mi fermai nuovamente, una risata sfuggì dalle mie labbra. Sembrava venire dal profondo.
    La Lama? Vogliono prendere il controllo della spada di mio padre... perchè
    Ha.
    Una.
    Lama?

    Scandii e stressai ampiamente le ultime parole, scossi la testa e mi girai completamente a guardare Zhidao. Mi ricomposi.
    Come abbiamo fatto a farci annientare da questi incapaci?
    Nella mia voce, ancora divertita, era presente dell’evidente dolore.

    ~☯~



    Eravamo stati rapidi, non volevo farmi sfuggire quell’occasione: non potevo di certo entrare in una città controllata dal mio nemico, non ancora, dovevo quindi aspettare che fosse lui a muoversi per colpirlo. La carovana era piccola e insignificante: era evidente volessero passare inosservati. Sapevano che le altre sette avrebbero agito se lo fossero venuti a sapere, il Dao di mio padre era ben noto nella regione, più antico di tutte le sette esistenti al momento, così antico che il suo vero nome era stato dimenticato da tempo. Un assalto alla carovana, reale o simulato, sarebbe stato facile da organizzare per chi aveva uomini e mezzi per farlo. Ma io mancavo di entrambi.

    Grazie ai contatti di Zhihao eravamo riusciti ad ottenere la lista dei nomi, titoli e presunti livelli dei membri della scorta: era formata da una dozzina di uomini, un maestro di grado Crystallization, due di grado Foundation Establishment e i restanti erano tutti Qi Condensation. Non potevo di certo arrivare e farmi strada a pugni, difficilmente sarei arrivato vivo al Dao, nel fortunato caso ci fossi riuscito, probabilmente sarei morto poco dopo per le ferite riportate.
    Individuammo un giovane alievo, aveva più o meno la mia statura e corporatura, proveniva da una famiglia minore ed era ufficialmente entrato da poco nella Tianrenhui, non sembrava aver mai lavorato con nessuno degli altri della scorta ed era la sua prima missione di rilievo. Il profilo descriveva un giovane promettente, evidentemente protetto da un maestro più potente che aveva notato il suo talento e aveva investito nella sua crescita. Ma nonostante tutta la sua cura per il suo raccolto, un contadino rimane impotente davanti alle catastrofi naturali.

    È molto rischioso, il giovane signore è sicuro di voler procedere?
    Il sussurro dell’anziano maestro portò alle mie orecchie una frase ormai ripetuta più volte negli ultimi giorni.
    Se agiamo ora, non ci sarà più possibilità di tirarsi indietro
    Questa era la parte nuova, il momento tanto atteso.
    Andiamo!
    La mia voce non aveva un volume più alto rispetto a quella del mio maestro, ma il tono era più deciso, fermo. Non c’era tempo da perdere.
    Stavamo pedinando la carovana da giorni, in attesa del momento giusto. La sviluppata sensibilità di Zhihao ci permetteva di restare a distanza e controllare i movimenti della scorta, senza venir notati dal loro maestro di grado Crystallization. Finalmente era arrivata un’opportunità: il nostro bersaglio era stato mandato in avanscoperta per assicurarsi della condizione della strada. Si trovavano ad un bivio, da una parte una strada più breve e sicura, ma a volte impraticabile per le esondazioni di un torrente. L’altra più lunga e rischiosa, ma con un ponte in legno che avrebbe assicurato il passaggio del carro.
    Agimmo rapidi, il povero alievo non si rese neanche conto del colpo di Zhihao. Prima ancora che il corpo toccò il suolo, ero già entrato in azione anch’io. Mentre il mio maestro preparava una Maschera di Carne con le sembianze del giovane, io stavo copiando il timbro del suo Qi. Avrei avuto al massimo il tempo necessario per bruciare un incenso prima che il maestro di grado Crystallization si fosse accorto dello scambio, ero fiducioso di riuscire a scappare e arrivare da Zhihao in tempo, prima di essere raggiunto dal maestro di grado Crystallization e senza lasciare la possibilità ai due di grado Foundation Establishment di fare lo stesso. A quel punto, se si fosse rivelato necessario, avremmo potuto combatterli uno alla volta, e vincere.

    Applicai la Maschera e raggiunsi la carovana da solo. Come ci eravamo aspettati, il maestro di grado Crystallization mi interrogò subito:
    Possiamo proseguire per la strada superiore, o dobbiamo prendere quella per Jianli?
    Salutai il maestro e tenendo lo sguardo basso, risposi laconico:
    Possiamo proseguire
    Non chiese altro e si mosse verso il carro, per riferire al cocchiere quale strada percorrere. Lo seguii concentrandomi sul mio respiro, durante quel breve scambio il maestro aveva sicuramente notato la mia leggera agitazione, comprensibile e normale per un alievo che riporta ad un superiore i risultati del suo primo vero compito importante. Ma la mia era molto più complessa: la mia vita era a rischio, un passo falso e sarei morto, ed ero vicinissimo a riprendermi la prima parte della mia eredità, infliggendo al contempo un durissimo colpo alla Tianrenhui.
    Ora, però, non potevo più lasciare che si notasse, avrebbe capito che qualcosa non andava e le conseguenze sarebbero state terribili.

    Girai attorno al carro, salutando con un semplice cenno del capo i vari membri della scorta, quasi tutti sorridenti, contenti per il mio ritorno.
    Arrivai sul retro, dove i due maestri di grado Foundation Establishment sedevano a guardia dell’ingresso. Li salutai e mi inchinai:
    Devo riferirvi che la vostra presenza è richiesta in capo al carro
    Mentii, senza alzare lo sguardo, era una menzogna credibile. Nel corso del viaggio era successo più volte che il maestro di grado Crystallization li richiamasse per discutere privatamente per loro. Dopo qualche istante, senza curarsi ulteriormente di me, si mossero nella direzione da cui ero venuto. Avevo pochissimo tempo. Mi guardai ai lati, come vidi una mezza opportunità, balzai su, leggero, mi mossi il più velocemente possibile: sapevo dove andare!
    Era passato meno di un respiro quando arrivai ad aprire la cassa, non c’era lucchetto o altro, non serviva con tutta quella scorta.
    Il Dao di mio padre era finalmente m-

    Una piccola iscrizione, poche righe, panico.
    Dovevo andarmene, con o senza spada. Non importava se qualcuno era arrivato prima di me: la spada non c’era, quello sarebbe stato l’unico interesse della scorta.
    Saltai giù dal carro, non mi interessava essere visto o meno, era parte del piano: che mi seguissero, se ne erano in grado!
    Scattai, più veloce di quanto la maggior parte di quegli alievi avesse mai visto fare, sempre che fossero stati in grado di vedermi.
    Sentii qualche voce in lontananza, non avevo tempo di preoccuparmi di chi fosse o cosa stesse urlando.
    Qualcuno mi stava inseguendo, ne ero certo, dovevo resistere ancora un po’.
    La distanza tra me ed il mio inseguitore si stava accorciando, ma più lentamente di quanto avevamo previsto. Dovevo resistere ancora un po’.
    Erano passati due respiri, sembravano passate ore. Non avevo avuto tempo di pensare, riflettere, dovevo solamente sopravvivere.
    Finalmente percepii Zhihao scattare verso di me. Mi girai. Vidi il maestro di grado Crystallization, era furioso, lo fissai negli occhi. Ora, anche se era fallito, restava l’ultima parte del piano!

    ~☯~



    Come finii di espirare, aprii gli occhi. Non avevo ancora metabolizzato quanto era successo, stavamo osservando la carovana da quando era partita, come e chi era riuscito a sottrarre il Dao senza che neanche Zhidao se ne accorgesse?
    Non avevo nulla da perdere, con quelle capacità se volevano farmi fuori, avrebbero potuto già farlo, probabilmente senza che il mio maestro neanche se ne accorgesse. Accettai quindi l’invito, e mi presentai puntuale al posto indicato.
    Ero di fronte a quest’abominio di ferro e acciaio, che macchine sgraziate questi treni: costrutti metallici privi di spirito.
    Le porte del vagone merci erano aperte, salii cautamente. Attorno a me, cianfrusaglia, forse materiale da scena. Mi sentii preso per il culo: una messa in scena, volevano farmi recitare un ruolo? Sorrisi all’ironia della cosa. Salutai con un cenno la segretaria, e senza proferire parola le consegnai il mio invito.
    Non ero solo, altri erano lì, oltre a me ed alla segretaria. Dalle sue parole, e dalle loro azioni, sembravano essere nella mia stessa situazione. Distolsi lo sguardo dalla segretaria e mi girai in modo da non mostrare più le spalle a nessuno.
    Raccolsi la mano destra, chiusa a pugno, in quella sinistra, aperta. Inchinai il busto:
    Li Xuanlong, onorato di fare la Vostra conoscenza!
    Mi presentai. Non sapevo chi fossero, non ero sicuro perchè fossero stati invitati, non sapevo se avremmo dovuto collaborare o competere. Alzai il capo, e li osservai rapidamente: interessanti, molto interessanti!
    In attesa del nostro ospite, sarebbe inopportuno da parte mia chiedere i Vostri nomi?
     
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    Eccovi, eccovi!
    Uno ad uno, sfilate all'interno del vagone merci che fa le veci di uno splendido teatro abbandonato alle malizie del tempo. Uno ad uno, raggiungete la nostra bellissima e professionale collaboratrice, lasciandole l'invito a questa notte di passioni, di sorprese e di intrighi.

    Bravi!

    Non ci aspettavamo niente di meno da voi, voi che non avete lasciato al Destino l'amaro compito di soggiogarvi, voi che ancora una volta avanzate la mano per prendere ciò che volete sia vostro!
    La nostra amabile segretaria raccoglie uno ad uno i vostri biglietti dorati, trovati in sostituzione ai vostri ambiti premi. Li prende, li confronta, vi scruta dietro le spesse lenti che le celano gli attenti occhi. Poi se li intasca e, con la tranquillità di un maestro zen, torna quietamente dietro la scrivania, a svolgere il suo lavoro.
    E se qualcuno di voi decide di non consegnare l'invito... poco importa!
    Sappiamo chi siete. Conosciamo il vostro odore.

    E perdonate la nostra amabile, professionale e innegabilmente sexy collaboratrice.
    Purtroppo non risponderà alle vostre domande, perché non è il suo ruolo farlo.
    Fidatevi, ci abbiamo provato, ma ha chiamato i sindacati e vi assicuriamo che quelli hanno un saporaccio.

    Avete ora la possibilità di conoscervi, miei adorati ospiti. Socializzare! Aprirvi al prossimo!
    Ma non è cosa da voi, vero? Preferite studiarvi silenziosamente, furtivi come ombre, letali come predatori. Intuite forse il motivo per cui siete stati convocati? Chissà cosa passa per le vostre silenziose testoline.

    Sheol!
    Nostro amatissimo diavolo pazzo.
    Quante volte abbiamo letto il tuo nome, menzionato qua e la, nelle pagine della Trama. Quante volte le tue virtù sono state citate sottovoce, dalle maledette dita che digitano i nostri destini, incatenandoci come bambolotti alla mercé del fato.
    Ma non abbattiamo troppe quarte pareti, che siamo solo al secondo post di questa virtuosissima occasione!
    Dicci, amato Sheol, hai provato qualcosa, mentre fracassavi il cranio di quel povero piccione? O l'unica emozione che hai avvertito era la delusione, quando nella sua sacca non hai trovato quel frammento di nulla che tanto speravi di far tuo?
    Di nuovo mille scuse per averti rubato il premio (senza tramortire i pg altrui, per altro! Quanto siamo bravi).
    Vediamo il tuo nervosismo, nostro vecchio amico, nostro antico amante. E lo comprendiamo!
    Questa è la seconda volta che ti mandiamo in bianco.
    Ma proprio come quando ci invitasti a cena, in quella vecchia fortezza, avrai la tua occasione.

    Questo sembra volerti dire la nostra amatissima segretaria, scrutandoti da dietro le spesse lenti dei suoi professionalissimi occhiali.
    Ma nulla esce dalle sue seducenti labbra. Come abbiamo detto: non é suo compito.

    Babelith!
    Nostra dolce fata dai capelli blu.
    Ci incuriosisci, cara Babe. Dicci, ti preghiamo.
    Quelle voci che senti in testa cosa sono? Antiche divinità, sbattute giù dai loro scranni dorati per qualche antica maledizione?
    Avatar di tutto ciò che è bello, tutto ciò che è caos, tutto ciò che è rosso e oro?
    O forse sei, come tutti noi, matta come un cavallino matto?

    Non fraintenderci, nostra squisita ospite!
    Noi non giudichiamo, anzi. La follia vi regala sempre quel pizzico in più che ci fa fremere sulle sedie, che ci fa sorridere dietro gli schermi.

    E che arma squisita che era il tuo obiettivo!
    Forse non era LA lama, come giustamente ha riassunto il tuo Bello, ma non è nemmeno UNA lama.
    Abbiamo amato metterci le mani, un sospiro prima di te.
    Abbiamo rimirato il nostro volto riflesso su quella lama e ci abbiamo visto la promessa di sangue, di carne che si squarcia, di atroce vendetta.
    Avremmo amato vederla in mano tua, a far da sorella all'arma che porti nello stivale. Quanto abbiamo pianto, negandoti quel piacere.
    Ma nulla è perduto, nostra cara amica.
    Solo... posticipato.

    "Nessun caso, mia cara"
    Per i dodici dei celesti e per il tredicesimo senza nome!
    Sogniamo o siamo desti?
    La nostra amabile segretaria ti ha forse parlato? Sorriso, perfino?
    Beh, insomma, davvero poco professionale da parte nostra, dopo che abbiamo appena finito di dire a Sheol che non era suo compito rispondere alle sue domande.
    Che ti abbia forse preso in simpatia?

    Rōnin!
    Noi non ti mentiremmo mai, nostro amato, amatissimo Rōnin.
    Pertanto, perdonaci se saremmo schietti, perfino brutali, nella nostra verità.
    Ti mal sopportiamo, amatissimo Rōnin.
    Ogni volta che dobbiamo pronunciare il tuo nome, dobbiamo cercare quella maledettissima ō da qualche parte.
    Non potevi scegliere un nome più semplice, come, per esempio, il primo che ci viene in mente eh, Bid'daun?
    No, no, hai ragione. Anche quello sarebbe stato difficile da pronunciare, avremmo finito per chiamarti Bidibi, e nessuno avrebbe mai capito se stiamo facendo una citazione colta o se siamo semplicemente pigri.

    Applaudiamo al tuo coraggio, Rōnin!
    Perfino per noi sarebbe stato quasi impossibile, irrompere dove sei irrotto tu, e sottrarre ciò che hai provato tu a sottrarre.
    Quasi!
    Ma non preoccuparti.
    Il tuo amato manoscritto è al sicuro! Nessuno lo ha ancora letto, per fortuna... abbiamo pensato di lasciare a te l'onore di quell'onere, quando e se sarà il tempo.
    Ma questo a te non basta, non è vero, nostro antico amico? No, tu non hai tempo da perdere. Forse perché la canzone già risuona nelle tue orecchie? Forse perché le parole già aleggiano dietro le tue palpebre, quando le chiudi per riposare gli occhi?

    No, tu ignori i nostri avvertimenti, ignori la nostra amata segretaria, tu vuoi tutto e lo vuoi subito!

    Non ti giudichiamo, nostro amato.
    Non potremmo farlo, nemmeno volendo.

    La porta, sotto il tuo possente calcio, cede.
    Come potrebbe resistere? Del resto è solo la fragile porta che conduce ad un camerino.
    Tuttavia, ci teniamo a ricordarti un semplice fatto.
    Quello non è un teatro abbandonato della città di Shea, nelle ormai dimenticate (e sempre tristemente trascurate!) regioni dell'Est, anche se abbiamo fatto di tutto per rievocare quel vecchio palcoscenico.
    No, nostro amato, quello dove ti trovi è un vagone... e quella porta, con ogni probabilità ... porta al vagone successivo.

    La porta si spalanca in una cabina lussuosa.
    Tappeti e velluti, luci soffuse, una musica dolce che esce da qualche altoparlante nascosto nei muri. A ridosso di un finestrino, dalle coperte di un letto sfatto ti saluta una schiena femminile, piegata sotto il peso del sonno, mentre un mare di capelli biondi spunta da sotto un cuscino color porpora.
    Uno stravagante liuto finemente intagliato ti fa l'occhiolino da un ripiano, accanto ad un grosso Cappello appeso ad un attaccapanni.
    Ma soprattutto, una creatura piccola e verdastra, nuda e per lo più immersa in una tinozza di acqua calda posta nel centro della cabina, ti lancia uno sguardo sbalordito.

    "E che cazzo, un po' di privacy!" ti urla il Boggart, aggrottando le sopracciglia.
    Con uno schiocco di dita, la porta ti si richiude sul naso, facendoti 1d6 di danni contundenti e lasciandoti con atroce dubbio.

    Era forse una divisa della DCM, quella appesa sotto il Cappello, sull'attaccapanni?
    ”... il Direttore vi riceverà quanto prima” ti ripete laconica la nostra amata, facendoti un eloquente cenno con la mano verso delle molto scomode sedie di plastica.

    Xuánlóng!
    Quale onore, accoglierti nel nostro umile e amorevole abbraccio.
    Forse tu differisci dai tuoi compagni Ladri, dai nostri amati, amatissimi scelti!
    Forse perché, a differenza di molti altri appartenenti alla nobile professione ladresca, il tuo obiettivo ti era privatamente caro?
    C’eravamo anche noi, su quel carro. Ti abbiamo visto con tutti i nostri innumerevoli occhi, mentre aprivi quella cassa che fino a pochi istanti prima conteneva la spada di tuo padre.
    Ti sei accorto di aver trattenuto il fiato, un istante prima di accorgerti del nostro passaggio?
    Se solo tu fossi arrivato un attimo prima, ti abbiamo battuto davvero per un soffio.
    Di nuovo mille e mille scuse, perdonaci! Così scortese da parte nostra…
    Un onore, un vero onore, averti qui fra noi lestofanti.
    Un onore e un vero piacere, osservarti mentre provi a fare conversazione con i presenti.
    È l’onore a muoverti, nostro più nuovo amico? Il seducente senso della cortesia?
    O forse vuoi solo carpire informazioni a chi potrebbe esserti d’intralcio, sulla via che ti sei scelto?

    Questo, e altro vorremmo dirvi. Congratularci, elogiarvi!
    Perché diciamocelo, se nella vastità del pignaverso ci sono delle creature della notte atte alla sottrazione dei beni altrui, voi siete la crème de la crème. Non potevamo sperare in ospiti migliori.

    Questo e altro, vorremmo dirvi.
    Ma il tempo è tiranno, e il nostro, purtroppo, è appena finito.

    La nostra amabile segretaria si alza, professionale e squisita come in precedenza.
    Se volete seguirmi, il direttore è pronto a ricevervi.

    Detto questo, la donna scomparirebbe oltre la porta dietro di lei, lasciandovi liberi di seguirla.
    La porta è la medesima che poco fa è stata spaccosamente spalancata dal calcio del carissimo ed amatissimo Rōnin. Tuttavia, ben altro è il panorama al quale ora conduce.

    A coloro che rinnoveranno l'ardita scelta di dar fede al nostro invito, verrà presentato l'ufficio del nostro direttore, scelto appositamente per farvi l'offerta di partecipare alla Serata Licenziosa.

    Prego, prego illustri Ladri. Accomodatevi.
    L'ufficio del direttore è ristretto, ricavato all'interno di quello che sembra proprio essere un camerino per gli artisti, in completa barba a quanto affermato in precedenza.
    Congestionato di documenti, carte, mappe, piani... chissà quali e quante folli imprese sono impresse in quelle meraviglie sparse in blocchi e raccoglitori!
    Una mezza dozzina di schedari, alcuni vecchi e apparentemente intoccati da anni, altri nuovi, lustri di fabbrica e dai cardini oliati, contengono probabilmente informazioni su decine e decine e decine ancora di colpi, di ladrocini, di avventure senza pari!
    E dietro una congestionata scrivania, eccolo, lui, l'uomo dalla giacca gialla a scacchi, il Direttore!
    A malapena riuscite a starci tutti e cinque, ma cercate pure di mettervi a vostro agio, in qualche modo.
    Non vi sono sedie, davanti alla scrivania... ma sopra di questa, in una tazzina scheggiata, vi sono delle caramelline al limone e alla menta.

    Scusateci, ma quelle alla fragola le abbiamo finite poco fa... deliziose!

    Rinnovo le nostre più sentite scuse per l'inganno che vi ha portati qui... davvero, perdonateci! Siamo mortalmente mortificati a morte.
    … ma si trattava di un test necessario per selezionare i personaggi più abili. Perché, onorevoli ospiti, voi non potete saperlo... ma centinaia di altri tesori, in giro per le dimensioni, sono stati sottratti, sostituiti da inviti identici ai vostri... e centinaia di altri furti sono però falliti, e quegli splendidi inviti non sono mai stati ricevuti.

    Che tristezza! Che amarezza!

    O forse, stiamo mentendo. Spudoratamente.
    Stiamo mentendo, e altre centinaia di conversazioni simili a questa si stanno svolgendo in centinaia di vagoni uguali a questo. Forse, in un teatro molto lontano, che non corre lungo i binari di questo destino, altre persone di un altro tempo stanno discutendo con il medesimo direttore.
    Forse le incontrerete.

    O forse no!

    I nostri più sentiti complimenti per aver superato il test.Sentitissimi! Lo giuriamo.
    Quello che vogliamo proporvi, è qualcosa di unico. L'opportunità di compiere il furto del secolo... e ottenere, in cambio delle vostre prestazioni, non solo ciò che vi abbiamo tolto, ma anche un enorme ricompensa, di uguale se non superior valore del tesoro stesso. Il direttore ingiacchettato si ferma, scrutandovi dietro alle lenti dei suoi occhiali spessi. Vi sta forse studiando? Valuta con superiore attenzione le vostre reazioni? Oppure......zzz

    Hei! Sveglia!
    Oh cielo! Perdonatemi... l'attento direttore si allunga in un composto sbadiglio, seduto dietro la sua congestionata scrivania.
    La nostra offerta è questa. Ma prima di potervi dire i dettagli più interessanti... devo sapere se siete interessati. Sentitevi liberi di rifiutare, miei onorevoli ospiti, ma solo ora, o mai più.

    Quante volte avete già fatto quella scelta?
    La prima volta, scegliendo il Furto
    La seconda, presentandovi all’Appuntamento.
    La terza, entrando in quell’Ufficio.
    Non vi mentiremo ora.
    Questa è l’ultima volta che avrete la facoltà di scegliere.




    Edited by Sarcad is Offline - 8/4/2024, 14:50
     
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    Si no ma tutto bello, tutti bravi, le baracconate sono evidentemente il vostro forte e cazzo se Sheol c'avrebbe sguazzato in tutto ciò. Accanto a lui saltimbanchi e fenomeni da baraccone ed un tizio di quelli che gli sembrava già di conoscere perché con bei faccini orientali e pronti a menar le mani s'era avviato contro l'apocalisse un giorno, ed ali e maschere e calcioni contro le porte e goblin in vasca e tutto quanto, bello bello bravi davvero.
    E' che per una volta non era per far chiasso che era li, non di quel tipo almeno. E' che uno pensa che la faccia di bronzo sia facile da mantenere quando c'hai bende a coprirla ma quanto poco spesso gli era capitato di voler talmente tanto sbranar la faccia di qualcuno da faticare a fingersi suo amiconissimo fino al momento più opportuno?
    Ignorarli tutti, fingere non esistessero fu il suo piano migliore e tanto negli occhi della bella segretaria che probabilmente manco ce li aveva si sarebbe potuto perdere per ore visto come nel riflesso dei suoi occhiali non riuscisse a veder altro che il momento in cui avrebbe portato a termine l'ambizione che aveva ricevuto in dono quando anziché il suo bel cristallo nero e seghettato s'era ritrovato tra gli artigli un maledettissimo biglietto da visita.
    Fortuna ce la fece, fortuna non dovettero aspettare tanto. Fortuna che a fantasticare era bravo o altrimenti l'idea di far fuori la concorrenza li e subito prima o poi gli sarebbe venuta e hey, un po' di giustizia su questo treno ok? Quei ladri bastardi a lui non è che avessero fatto niente ancora. Non erano loro a meritare lo sprezzo che avrebbe accudito e coccolato e stretto fino alla fine, bruciandosene perché solo una volta ridotto a carbonella avrebbe potuto usarsi per dar fuoco a qualsiasi stronzata quegli omini di cartone ritenessero prezioso a sufficienza da tirare in piedi quel fottuto circo.
    Bye bye bocconcino.
    Dita sventolate verso la bella segretaria, passo deciso e che ci provasse il Ronin mascherato ad allungar le zampe con cui aveva tentato di forzar la sua pazienza prima delle sue, o la bella fatina a superarlo e sperare d'avere ancora le ali dopo averci provato. Facciamo tutti i bravi vi va? Dopotutto è anche vostra la vendetta che il diavolo ha intenzione di calare, mannaia già tesa sul capo di quello stupido grasso agnello.
    E se già di solito delle apparenze non gliene importava nulla figuratevi quanti pensieri sprecò riguardo faldoni, fogli sparsi e cazzi e mazzi. Pigliandosi la prima cosa simile ad una sedia che gli capitò a tiro, abbarbicandocisi sopra tipo L che per star seduto normale c'aveva troppa furia, annuendo a qualsiasi cosa perché si certo, porta i tuoi blablabla da un cazzo di blablaologo e fidati che il premio mirabolante strepitoso fantasmagorico me lo piglio da solo, e saranno le tue lacrime un attimo prima di sfondarti la testa contro un muro.
    Dopo averci sfondato pure qualsiasi cosa sia, che volevi così tanto da andare a pestare i piedi al coglione sbagliato.
    Ci sto.
    Primo ad entrare, primo a rispondere, primo in tutto perché le palle di Superbia in premio se qualcuno fosse davvero riuscito a fermarlo prima che riuscisse a compiere ciò che doveva.
    Eccome se ci sto.
    E certo che non avrebbe dovuto far così, certo che sarebbe stato più saggio ed acuto e mefistotelico a montarsi una bella faccia più convincente e magari incantarli quegli altri tre disgraziati al suo fianco, farseli amici, di quelli con cui si batte il cinque e ci si confessa segreti innanzi al fuoco finché non si è pronti a piantargli un coltello tra le scapole.
    Guarda un po' come ci sto.
    Ma la pazienza di un cristiano è limitata e la sua l'aveva esaurita il giorno in cui s'era reso conto che nessuno l'avrebbe aiutato a far l'unica cosa che per lui era divenuta davvero importante, e per la quale era disposto a sacrificare tutto. Se stesso, chiunque altro, corvi e bambine e vecchi ricordi incancreniti nelle sinapsi perché Emme c'era morta e neppure c'era davvero riuscita e lui di quell'idiota doveva essere migliore.
    Per questo non chiese, certo che tanto gli avrebbero detto tutto quanto. Per questo non domandò e si limitò ad attendere, sicuro che gli altri buontemponi accanto a lui c'avrebbero pensato da soli ad allungare il più possibile quell'insopportabile meeting da pezzenti: la fortuna non era mai stata dalla sua, inutile e stupido aspettarsi che le cose cambiassero proprio in quel momento. E allora perché non pensare a come prenderla per i capelli piuttosto. E strapparglieli a furia di strattonarla per trascinarla la dove gli serviva, e dove un cristallo d'onice gli sarebbe servito molto più di qualsiasi stronzata quella gente di cartone avesse in mente per lui.
     
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    Erano in tanti...ed a Babe non piaceva essere in tanti. La sua testa era già abbastanza affollata...e tale era anche il sotterraneo in cui era cresciuta, chiusa in una gabbia fin troppo vicina a quelle delle sue sfortunate sorellastre.
    Meglio non pensarci, farfallina. Ci rende tristi...ed un sorriso è sempre l'arma più affilata.
    Ma lei sapeva mantenerlo, un sorriso, anche se dentro si diceva di volere morire. Il che era vero all'incirca sempre, anche se il fastidio delle voci che facevano di tutto per dissuaderla l'aveva portata a lasciare perdere l'idea...e poi c'era uno scopo, no? Quella cosa che ogni tanto scordava...per cui forse una lama - non Una lama, La Lama! - le sarebbe servita un sacco, o forse non l'avrebbe aiutata per niente.
    Mamma aveva ragione, come sempre. E quindi Babelith rimase li a sorridere come una piccola idiota imbambolata, gli occhi fissi sulla segretaria a prescindere da ciò che le accadeva attorno, le labbra sigillate anche quando lei le risposte perché la probabilità di pronunciare qualche sciocchezza era ben più alta di quella di riuscire a dire qualcosa di brillante, o utile.
    Vogliamo davvero ignorare il fatto che sia un cartonato?
    Non è la cosa più strana che abbiamo visto, questa settimana.
    Calci alle porte, sbirciatine a ciò che non avrebbero dovuto vedere...richieste accorate o voci gentili, Babe ignorò tutto, impegnata a mantenere il proprio ruolo. Solo quando l'ultimo arrivato domandò i nomi dei suoi colleghi malfattori si riscosse un poco, perché il nome che Mamma le aveva dato le piaceva tanto...
    Piacere, io sono Sinthia!
    Non era il nome di una tossica?
    Abbastanza da non volerlo consumare dandolo al primo bel faccino, scegliendone piuttosto uno che aveva sentito...da qualche parte, una volta. A furia delle pasticche che si calava spesso per ottenere rari, preziosi momenti di pace la memoria di Babe era quel che era, e la lamentela del Bello venne ignorata come spesso avveniva...soprattutto perché l'aveva chiamata stupida, e lei una stupida non voleva proprio esserlo!
    Per questo allungò una mano con fare entusiasta verso l'ometto che aveva chiesto a tutti di presentarsi, pronta a stringergli le dita con una presa delicata ed eterea, da fatina da cui nessuno avrebbe dovuto temere nulla. Interrotta però subito dopo dall'apertura dell'ufficio del sedicente direttore, che la distrasse abbastanza da convincerla a sostituire tale stretta con un rapido occhiolino, prima di avviarsi oltre l'uscio seguendo il tizio bendato che fu il primo ad oltrepassarlo in tutta fretta.
    Permeeeeesso...
    Allungò i propri passi, le mani dietro la schiena da brava signorina educata, lo sguardo curioso ed ingenuo che le usciva tanto bene perché infondo, almeno una delle due cose lo era davvero. Il posto sembrava una topaia e per questo le piacque, assuefatta com'era allo scivolare in buchi simili se non peggiori per farsi qualche ora di sonno di tanto in tanto, quando Mamma diceva che era ora della nanna e sgridava tutti gli altri affinché tacessero e la lasciassero sonnecchiare.
    Trovò uno sgabello, ci si sedette composta, le gambe strette e la schiena dritta, sull'attenti come un obbediente soldatino. Ascoltò ciò che doveva, sporgendosi giusto un attimo quando il direttore parve assopirsi nel bel mezzo del suo discorso...
    E noi dovremmo prendere ordini da questo...coso?
    ...e giochicchiando con le proprie lunghe trecce, arrotandosele attorno ad un indice, quando infine fu il suo turno di parlare.
    C'avevano perso una lama...non La Lama, ok, ma comunque una lama bella e preziosa che l'avrebbe fatta sentire più pericolosa, o forse più bella, o magari tutte e due le cose. Però stavano promettendo di ridargliela...assieme a qualcosa di ancora più prezioso?
    Sniff sniff sniff! Sento odore di graaandi e amari cazzi!
    Non essere volgare.
    Beh, non ha ragione?
    Non ho detto questo, amore mio...
    Abbiamo qualcosa di meglio, da fare?
    Il brutto li mise a tacere tutti, e Babe apprezzò. Corrucciò le labbra e dondolò un po' sullo sgabello, l'aria della svampita facile da interpretare perché la sua testa era davvero vuota in quei momenti...dopotutto, insomma. Se le cose si fossero messe male per qualche ragione, e davvero tutto si fosse mostrato essere una fregatura...potevano sempre scappare via, no?
    Una lama ce l'avevano, e come Mamma aveva detto poco prima era sempre un sacco utile. Un cartonato sanguina, se gli si taglia la gola?
    Beh, perché no...
    Le trattative erano facili, bastava dire si oppure no, a prescindere da cosa si intendesse davvero. Ma anche la più tonta delle sciocche avrebbe domandato ciò che il primo a parlare non chiese, ma che dopotutto era l'unico vero motivo per accettare anziché saltare alla gola di quegli omini di carta...giusto?
    Di che tipo di ricompensa stiamo parlando?
    Sperava in qualcosa di prezioso. O anzi, no, di affilato! Qualcosa di bello...che le desse almeno l'impressione di avere impiegato bene il proprio tempo, e magari la propria vita. Così poche cose ci riuscivano...ma una matta può sempre sperare, e forse è proprio questo a renderla tale, no?
     
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    Dopo aver spalancato la porticina con un pestone, il Rōnin si trovò davanti una scena raccapricciante: una povera fanciulla giaceva nel suo letto, evidentemente soffocata sotto al cuscino intriso del sangue del suo cranio spappolato; un arnese infernale (forse la famigerata GHIRONDA!) lo adocchiò malignamente per la sua intrusione, ma lo scorcio di un’uniforme nera - identica a tutte quelle che aveva già spedito in lavanderia a suon di slamate - gli confermò che si trovava senz’altro sulla pista giusta. In mezzo a quello scempio troneggiava il piccolo demonio responsabile della carneficina, ammollo nel catino di fluidi corporei che doveva aver spremuto da quella vittima inerme. Quell’orrenda creatura faceva parte di una razza che avrebbe riconosciuto in ogni angolo del Pignaverso, una stirpe bitorzoluta che allungava i suoi artigli su qualsiasi cosa o persona si potesse sgraffignare per poi deturparla fino a renderla irriconoscibile! Quello sgorbio verdognolo che viveva di raggiri e dissolutezza era senza ombra di dubbio un…

    «FOTTUTO GOBLIN!»

    E poi ci fu solo un sonoro BONK, che per poco non catapultò il nostro nella Orni Jail, ala detentiva della DCM tipicamente riservata agli ornitorinchi e ad altri tipi di rinco. Non riuscì a dirgli altro prima che la Quest tornasse ad avere sembianze vagamente credibili, né tantomeno fu in grado di rievocare il nome di quel nanerottolo dalle profondità dei ricordi che aveva ereditato. Perché in memorie lontane una vita e ventitré centiviti, forse la matrice del suo spirito aveva già incrociato il cammino di quel bastardo di un bardo, probabilmente in un evento di gala onirico così improbabile da fargli indossare una tuba. Chissà come si chiamava? Sicuramente non Ikenaghner dei Cunicoli Persi In Battaglia, Verdastro per diritto di nascita, Lord della Guerra molliccia, Generale della Schiera Urlante, Spada Verde, Elmo Ammaccato, Fabbro Smerigliatore, Stratega dei Fossi, Zampe Sporche, Trasportatore di Caduti, Mina Inesplosa, Terrore dei Ratti e Uccidi Regine – quello sì che sarebbe stato un nome semplicissimo da pronunciare e facilissimo da ricordare!

    E a proposito di nomi, l’ultimo arrivato non ci mise molto a rincarare la dose di umiliazioni per il Rōnin. Ma quale screanzato entrava in un posto e chiedeva i nomi dei presenti, senza pensare che in quella risma di scappati di casa poteva esserci anche un personaggio interamente basato sul trauma esistenziale di non averne uno?! Quella giornata era iniziata malissimo e non sembrava intenzionata a migliorare, e quel damerino si salvò solo perché la porta precedentemente calciata si riaprì su nuovi mozzafiatanti interni d’ufficio. Rispose con un grugnito all’altro appropriatore culturale di quel party di disadattati ed entrò in piede di guerra nello studio del Direttore.

    In quel pandemonio di scartoffie e cartelline li attendeva un cartonato vestito di giallo (tuttora un bel colore) che li invitò ad accomodarsi. Il Rōnin restò in piedi, non per darsi un tono ma perché lui l’aveva letto il post del Master e sapeva che non c’erano sedie davanti alla scrivania. Gli altri figli del Silenzio evidentemente avevano già sifonato abbastanza Ispirazione per vedere sgabelli nascosti che a lui erano preclusi, perciò si consolò prendendo una caramella per ciascun gusto.

    «Ma se siete così bravi a rubare, perché non lo fate da soli questo furto del secolo? A cosa vi serviamo noi?»

    Dai, famo quest’ultima domanda scema e poi mettiamoci in pista, perché in fondo lo sappiamo tutti che il rifiuto della chiamata funziona solo nel Viaggio dell’Eroe mentre qui noi c’abbiamo da phatturare PR, quindi ciancio alle bande e diamoci dentro con queste coltella nel buio!

     
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    Gli altri presenti erano tutti individui particolari, forse è quest oche il Rave fa alle menti dei viaggiatori. Mentre Sinthia si presentava e mi porgeva la mano, con quel tipico modo barbaro di far conoscenza, uno degli altri aprì la porta con un calcio: venne prontamente respinto dalla porta stessa, cosa che non fece altro che incrementare la sua rabbia. Perseguire il Dao nel Rave sembrava sempre più difficile, il rischio di subire una deviazione del Qi sembrava molto facile con tutto quel Ying che permeava da questi individui.
    Venni riportato a quella realtà come la segretaria ci invitò a seguirla, aprì quella stessa porta, e ci scomparì dentro. Forse letteralmente.
    Uno dopo l’altro lasciai che tutti oltrepassassero la porta, prima di unirmi a loro in quella piccola stanza, piena di documenti vari, dove mi fermai alla soglia, vista la congestione del posto.

    Non ero un esperto legale, ma ero abbastanza sicuro che non si è ladri finché non si ruba qualcosa. Cosa che evidentemente tutti e quattro avevamo fallito a fare. E poi bisogna vedere se riprendersi qualcosa di proprio è considerabile un furto. Ma non mi interessava, che mi chiamasse come gli risultasse più facile, non mi interessava far scontrare le nostre verità. Soprattutto se non ero certo di far prevalere la mia.
    Si scusò, ci disse che era un test per selezionare i più abili per compiere il furto del secolo. Onestamente, innumerevoli e infiniti furti di tale entità dovevano essere già stati eseguiti, così come innumerevoli e infiniti erano i secoli. Ci ricattavano, in cambio di ciò che volevamo, avremmo dovuto collaborare. Promettevano poi un’ulteriore forse maggiore ricompensa. Non mi fidavo.
    Sinthia e l’irruento porsero delle giuste domande: cosa promettevano, e perché servivamo noi, visto che loro ci avevano surclassato in quella stessa cosa in cui dovevamo cimentarsi.
    L’uomo bendato, invece, aveva già accettato, più volte. Sembrava già seccato dalla situazione e che volesse passare all’azione immediatamente, evidentemente gli avevano sottratto qualcosa di incredibile valore.
    Il Direttore ci stava chiedendo di accettare, alla cieca, e poi ci avrebbe detto di più.
    Difficilmente i due avrebbero ricevuto una risposta, ora, prima di confermare la loro partecipazione.

    Se non aveste avuto il mio interesse, non sarei qui ora sorrisi al Direttore:
    Non esiste scelta se non accettare il vostro ricatto, ma d’altronde anche l’anziano perse il suo cavallo.
     
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    TRUE LOVE IS POSSIBLE ONLY IN THE NEXT WORLD — FOR NEW PEOPLE. IT IS TOO LATE FOR US. WREAK HAVOC ON THE MIDDLE CLASS.

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    Che meraviglia, che orgoglio!
    Che mirabolante e piacevolissima sorpresa!
    Vi abbiamo scelto, nostri adorati, vi abbiamo scelto fra mille.
    Vi abbiamo osservato, annusato, vi abbiamo messo alla prova!
    Ci illudiamo di poter affermare di conoscervi, almeno un poco.
    E non solo avete superato il nostro test, per quanto spiacevole e poco decoroso fosse, ma avete scelto - in completa autonomia, ci teniamo a sottolinearlo! - di restare, e continuare questa storia.

    E detto questo, riconoscendovi già ogni merito, avete anche l'ardore di sorprenderci?

    Con la sola forza di volontà, esercitando una pressione sul piano metafisico, o forse come accennato nel post del buon Rōnin, piegando l'ispirazione dalla vostra, ecco che dove prima non c'era nulla se non il caos dell'ufficio, ora figurano sgabelli, seggioline di plastica, poltrone imbottite.

    Ammirevole!

    Forse sarebbe stato cortese farvele trovare già pronte, in modo che la vostra comodità potesse incentivare la vostra attenzione?
    Lo domandiamo la nostro amato Direttore, che ci aveva assicurato come l'ufficio fosse pronto ad accogliervi.
    Beh ecco... oh insomma.

    La stanza si contrae, come un polmone nell'atto di respirare.
    Le pareti tremolano, piegate sotto una pressione sconosciuta, e la moltitudine di schedari, bacheche e documenti geme con una voce inarticolata.
    Dopo un attimo di incertezza, la contrazione fa retromarcia, espandendosi.

    Questi treni d'oggi!
    Incredibili quanto rumorosi possano dimostrarsi, mentre corrono sulle loro strade fatte di sbarre d'acciaio. E quanto strani possono sembrare certe illusioni ottiche!
    Per esempio, ora l'ufficietto / camerino sembra (e ripetiamo: sembra!) appena più spazioso, in modo da potervi accogliere tutti un po' più comodamente.

    La porta si chiude alle vostre spalle, rivelando dietro di sé almeno altre due altre seggioline pieghevoli e, appollaiata sopra una mensolina, quella che sembra un’anatra impagliata.
    La bestiola sembra osservarvi dietro i suoi occhi di vetro, le piume dalla punta bluastra appena arruffate.

    Prego, accomodatevi pure! vi offre il buon Direttore, accennando alle sedie.
    Perché noi vi amiamo tutti allo stesso modo, nostri bellissimi ospiti. E mai vorremmo che vi sentiste meno considerati dei vostri colleghi, restando in piedi.

    Ora che siete tutti ugualmente comodi ed equidistanti dalle caramelline alla menta e al limone, possiamo passare agli affari.

    Bene!
    Bene! Ora che siamo tutti comodi ... posso mostrarvi il vostro futuro più immediato.
    Bravo, il nostro Direttore.
    All'occorrenza, anche cartomante, chiromante, e nelle sere più kinky, chiropratico.
    Ma veniamo a noi!

    Con un rapido movimento di mano, che nulla avrebbe da invidiare ad un personaggio con 5 di Velocità in Upload, eccolo estrarre un fascicolo colmo di documenti, che prontamente si sparpagliano sulla scrivania, davanti ai vostri occhi.
    Alcune fotografie mostrano il profilo di una cittadina arroccata sulle aguzze scogliere, solcata come una ragnatela da infiniti canali e canaletti.
    Alti edifici di epoca vittoriana si alzano scuri contro un cielo nuvoloso, ben poco invitante.
    Benvenuti a Camorr, città stato del trono Therin. Famosa per le acque infestate dagli squali, e dalle strate infestate dal crimine.
    Dalle foto, cinque torri sembravano svettare sopra le altre, e una di queste cinque dominava su tutto.
    E che Torre era, miei amati! Con la T maiuscola, in bold e tutto il resto!

    Questo, amici miei, è l'Eremo del Corvo. La torre in vetro antico più alta di tutta Camorr, casa del Duca Nicovante e i suoi familiari, oltre che ad una legione di servi, commensali e, soprattutto, guardie. Da lassù, il buon Duca governa la città.

    Già vediamo la domanda formarsi nelle vostre succulente testoline.
    No, tesori.
    Il nome dell'Eremo è solo una coincidenza, e non ha per nulla a che fare con il rampante feticismo di chi scrive per i corvi.

    La Torre in questione, con tutti i suoi 200 metri di altezza, sorge direttamente dal mare stesso, affondando le sue fondamenta in uno spuntone di roccia scollegato dal resto della costa.
    L'unico collegamento con la terra ferma, suggeriscono le foto, sono una serie di funivie che, attraverso cabine o gabbie di ferro, trasportano avanti e indietro persone, risorse, cibo...
    Una sezione della parte alta della torre si apre alla vista come fatta interamente di vetro. Le foto fatte a volo d'uccello (di corvo? Ahaha!) vi regalano un’esclusiva vista su un impossibile giardino fatti di cespugli, di siepi, perfino di alberi, oltre le pareti in vetro della torre.
    La sommità della torre invece torna a essere oscurata da più convenzionali pareti di pietra, finemente scolpita e occasionalmente intervallate da finestre e feritoie, fino a culminare in un tetto a cupola verderame.

    Il tutto tempestato da balconate, da finestre, da vetrate di colori sgargianti, dall'occasionale guglia.

    Insomma: una Torre di tutto rispetto.

    Questa, e forse altre informazioni sono sparpagliate sul tavolo, sottoforma di foto, di planimetrie, di disegni e di rapporti.

    Il Direttore approfitta della piccola pausa per rispondere alle vostre domande. E che domande, nostri amati! Le domande giuste.
    La ricompensa, cara Ba... Sinthia, oltre al ritrovamento del vostro perduto e ingiustamente sottratto tesoro, è composta in buona parte da volgar denaro.
    TANTO volgar denaro.
    spiega l'esaustivo Direttore, rimarcando fortemente sull'aggettivo quantitativo.

    Nella forma che più preferite. Pesos, Rèal, Crediti dell'Antica Repubblica, Tappi... perfino Dollari Canadesi o Ryal Sauditi.

    Lo sapevate, nostri dolcissimi ospiti, che il rapporto fra il Ryal Saudita e il Dollaro Canadese, in finanza si indica "Sarcad" ?
    Fate quello che volete di questa conoscenza segreta e proibita.

    O più comodamente, potremmo pagarvi in ricordi, se preferite. Si usano quelli, dalle vostre parti no?

    Poi, l'attentissimo (e quanto informato! Quanto colto!) Direttore si rivolse allo scalmanato Rōnin.
    A cosa ci servite voi, mio caro? Ma è presto detto! È facilissimo!
    rispose il cartonato, con un sorriso enorme disegnato sul grugno.
    Osservarvi fallire provare è pluridannatamente divertente, amici miei
    Soddisfatto di aver svolto al meglio il suo ruolo e di aver risposto alle vostre domande, il Direttore si sofferma a osservarvi.
    Perché l'ha svolto al meglio, vero?

    Non ha dimenticato di dirvi nulla... nulla di fondamentale.
    Vero?

    Hu! Ah, sì! Certamente. bofonchia, tossicchiando nervosamente.

    Non dovrete certo rubare l'intera Torre, ahahaha... ridacchia, ora, riprendendosi e mettendosi più comodo sulla poltrona.

    No... quello che dovrete rubare, per nostro conto, è un oggetto il quale il caro Duca ha speso molte risorse per pter metterci sopra le sue avide manine guantate. spiega, con più serietà.

    Dovrete recuperare un McGuffin.

     
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    dalla stella che brilla di meno...un BUCO NERO O_O

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    A parte che per qualcuno che si accontenta la prima cosa simile ad una sedia potrebbe essere di ogni, compreso un plico di documenti dall'aria particolarmente stabile. Ma guardate, ci uniremmo volentierissimo a queste spassose diatribe molto meta molto cool molto new weird, davvero. Non fosse che sempre e comunque ed a prescindere da qualsiasi stronzata un tizio di cartone potesse vomitare, sempre che avesse uno stomaco per farlo; e che a maggior ragione se altri si impegnavano a fare i simpaticoni a suo discapito, anche se forse non poteva saperlo o forse si, che Sheol è in questa quest ma anche nei vostri muri ommioddio fuggite subito. Il tizio più raccomandabile li dentro, il gentiluomo in bende e corna che più di tutti gli altri s'era dimostrato affabile e ben disposto nei confronti dei coglioni che avevano pensato che mettere i bastoni tra le ruote a chi volentieri avrebbe ucciso e torturato per ottenere ciò che voleva fosse una buona idea. Era, era rimasto e sempre sarebbe stato fino al raggiungimento dell'unica cosa che voleva e che coincideva all'ultima che tutti gli altri avrebbero voluto. Incazzato di un nero che manco l'Uomo del medesimo colore se lo immagina.
    Oh, ma certo. Un McGuffin.
    Annuisce, fa sisi con la testa, ancora poco e vi farebbe ok col pollicione e vi darebbe una gran pacca sul culo se solo ne aveste uno. Invece le mani picchiettano nervosamente sulle ginocchia e quelle rimbalzano su e giù come il peggiore dei tic nervosi, invece lo stesso capo con cui ha annuito vibra appena se lo guardate bene e quante volte ancora dovremo maledire Superbia ed ogni bastardo si sia mai vestito delle sue scaglie per rendervi chiaro che no, Sheol non lo chiederà cosa cazzo sia un McGuffin. Perché l'unica cosa che conta è che lo si possa rompere od uccidere o magari tutti e due, e se c'è qualcosa di cui il diavolo che ancora sogna di poter un giorno strozzare il verme più grande di tutti è sicuro è che non esista niente a cui la sua rabbia non possa fare almeno una delle due cose.
    Il grande irreprensibile McGuffin.
    Citiamo allora, citiamo. E intanto il crimine serpeggia! Ed assieme a lui pure lo sguardo del cornuto che finalmente trovò qualcosa di un pelo interessante in quei documenti che il cartonato sparpagliò sul tavolo, e di tutte quelle informazioni decise di fare un'ampia scorpacciata.
    Una torre e i suoi guardiani, e le maniere in cui chiunque l'avesse fatta costruire s'era illuso d'aver posto a protezione di qualcosa che si trovava addosso il bersaglio peggiore che qualcuno nel caos potrebbe ritrovarsi dipinto in fronte. Perché Sheol era solo un miserabile bastardo, certo. Ma chi non ha un cazzo di niente da perdere non è forse l'ultima persona che chiunque si vorrebbe trovar contro?
    Il Duca e il suo McGuffin.
    Compreso un Duca, compreso il suo obelisco ed il McGayver che ci si era rintanato dentro, che a furia di ripetere quel nome aveva perso di significato e dopotutto non è che contasse poi davvero più di tanto. A che serve un titolo cui rispondere dopotutto, quando il tuo unico futuro è quello di finire fatto a pezzi. A che serve una maniera in cui altri possano chiamarti se l'unico che ti stringerà non lo farà per possederti ma per darti fuoco innanzi a chi ti vuole, e nel frattempo ridere come non faceva ormai da troppo.
    Quella torre era davvero ben piazzata e solida come sembrava? Sradicarla dalla scogliera su cui era cresciuta come un foruncolo sarebbe stata una buona idea per spiaccicare ed annegare chiunque vi trovasse rifugio così da poter rimestar ben bene tra le rovine? La sola idea lo fece sorridere, lo fece agitare, più di quanto già non fosse.
    Troppa adrenalina, troppa voglia di fare e strafare e farvi pentire d'ogni cazzata abbiate mai fatto. Il diavolo s'alzò in piedi, con buona pace di chi non l'avrebbe voluto seduto. E con gli occhi ancora ovunque perché era così che s'era spizzato ogni possibile informazione gettata sul tavolo del direttore, com'era stato il primo ad entrare fu il primo a dirigersi di nuovo verso la porta.
    Pronto a balzar giù dal treno in corsa, pronto a farsela a nuoto se avesse dovuto fino a raggiungere la rocca ove era rinchiuso tutto ciò cui il suo cuore riusciva ad agognare in quel momento.
    Abbiamo finito?



    Ansuz ~ Il cranio è una prigione, le orbite pozzi senza uscita. Forse non è vero che dobbiamo avere più occhi, forse non averne nessuno è la risposta. La Verità è nella mente ma come raggiungerla se possiamo volgere lo sguardo ovunque meno che dentro noi stessi? Ansuz libera - per 3 turni - Sheol dal vincolo di ciò che brama di più permettendogli di espandere la sua visione e l'abilità Diplopia oltre i limiti imposti dalla forma in cui è nato, fuori da cranio e bende ed ovunque in un Raggio d'Azione pari al Lv di Diplopia stessa affinché nessun ostacolo possa più impedirgli di vedere. Ed è proprio questo lo scherzo più grande, il rimpianto più grosso: non importa quanto bene o lontano riuscirà a guardare, il mondo resterà buio e vuoto. E se nemmeno così può scorgere la Verità allora come, come?


    Tramite Ansuz, il buon Sheol dovrebbe potersi spizzare tutti quanti i documenti e le info dell'ufficio, più eventuali possibili bonus segreti se presenti visto che neppure pareti, cassetti e simili dovrebbero poter limitare la sua vista u.u
     
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    SOLDI!
    La parte del fallimento non è che suonasse molto bene...
    Fallire ci ha insegnato molte cose.
    Ci ha anche fatto prendere a calci in culo!
    SI PERO' SOLDI!
    Hemmm...
    Le serviva una pasticca. Di quelle che ti mettono KO per qualche giorno, di quelle che ti sconquassano il cervello abbastanza da fare pentire le voci che ci abitano di avere fatto tanto chiasso.
    Il Brutto aveva già detto tutto ciò che c'era da dire, poco prima. Non avevano niente di meglio da fare, niente che non richiedesse esattamente i soldi che erano appena stati promessi loro per essere comprato almeno. Certo, qualche spaccino a cui infilare un coltello in gola lo si trovava sempre, ma frugargli nelle tasche e scoprire che avevano qualcosa di effettivamente utile era sempre un terno al lotto...
    E per quanto le pesasse ammetterlo, il Bello ed i suoi sciocchi sogni di gloria erano appetitosi. Non doversi sporcare le mani per un po'...avere tutto ciò che avrebbe potuto desiderare a portata di mano, anziché doverselo procurare con tanta fatica ogni volta. Non valeva la pena di correre un rischio tanto sciocco?
    Le stavano solo chiedendo di provarci, dopotutto. E certo, avesse fallito le sarebbe toccato ascoltare le lagne del Bello per un mese intero. Ma in quel caso si poteva sempre tornare al piano dello spaccino morto stecchito, no?
    Una scappatoia la si trova sempre, tesoro.
    E lei a scappatoiare era brava, una campionessa, non aveva fatto circa altro per tutta la sua vita. E dunque...l'impegno poteva valere la candela? La stessa su cui avrebbe potuto facilmente soffiare per far calare il buio, e sgattaiolare via lasciando che fossero altri ad arrabattarsi per ottenere il grande premio?
    E magari aspettarli...magari acquattarsi all'uscita del crocevia che avrebbero percorso per tornare indietro, e fare loro il brutto scherzo di fregarsi tutto all'ultimo momento.
    Babe sghignazzò all'idea, lo sguardo assente nel suo mutare di colore costante, le dita impegnate a giocherellare con le lunghe trecce blu. Nessuno ebbe da ridire, forse perché erano troppo impegnati a bisticciare. O forse perché ad una buona idea non si può davvero ribattere?
    Decisa, e determinata quanto una matta con seri disturbi d'attenzione può esserlo, Babe si mise allora a guardare le fotografie che le erano state messe a disposizione. Eremo del Corvo, Therin, Camorr...avrebbe scordato quei nomi nel giro dei prossimi minuti, ma se una rosa manteneva il suo profumo a prescindere dal nome che le si dava, quella torre avrebbe continuato a torreggiare a prescindere che ne sapesse il titolo. Lei un tesoro non l'avrebbe mai messo lassù. Lei avrebbe scavato una buca nel terreno e poi l'avrebbe coperta al meglio, a costo di rischiare di non trovarla più quando poi sarebbe tornata.
    Ma lei era anche matta. Una matta che s'era messa in testa di rapinare un Duca, arrampicandosi sul quel tetro obelisco.
    Puoi volare fin lassù, farfallina.
    Avranno degli archi.
    Avranno dei cannoni!
    Il Buffone, lo chiamavano, ma anche il Fifone sarebbe andato bene. Il Bello gongolò a quell'idea, e Babe rabbrividì all'idea di stare davvero per accontentarlo in uno dei suoi egomaniaci capricci. Mamma le fece una carezza...il Brutto rimase per i fatti suoi, perché per i suoi standard aveva già parlato fin troppo e nessuno voleva sentire a lungo la sua rauca, gelida voce.
    Un attimo di silenzio...un attimo di accordo. Da parte di quasi tutti, ma la maggioranza vince no? La verità era che l'unica a poter scegliere era lei. Perché lei era anche l'unica ad essere davvero li.
    Restava una sola domanda da fare, a suo parere. Una che in realtà non importava poi così tanto...una che però era fondamentale, o avrebbe continuato a chiederselo finché non avesse rinunciato, rubando preziose energie mentali a qualcosa che nonostante ogni speranza lo sapeva, che sarebbe stato faticoso.
    Cos'è un Mec Fuffin?


    Scusatemi tantissimo per il ritardo!
     
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    Da bravo bastian contrario, il Rōnin restò in piedi.
    Vorrei poter dire che lo fece per stoicismo, o per distinguersi dai confratelli del taciturno Patto, se non addirittura per evitare di cascare in quell’inganno della cadréga che rischiava di farlo impazzire anzitempo. La verità, tuttavia, era ben più semplice: lui dell’anatra-cameo non si fidava proprio, meglio tenerla d’occhio e non darle le spalle!

    Tenendo così sotto controllo la maledetta quacchera imbalsamata, lanciò qualche occhiata anche alle foto di rito di quel briefing da b-movie intitolato “Silencio’s ¾” – che purtroppo il quarto giannizzero presente, Quello Lì Xuanlong, ancora non si era fumato l’Ispirazione con un bong, e quindi non possiamo includerlo nella cricca. Il Rōnin scorse le foto, dicevo, e per poco non rischiò di prendersi le badilate dai nostri amici meridionali per la malpensata che quei nomi suggestivi potessero essere vaghi riferimenti a certe lande nostrane. Basta stereotipi, perbacco! Concentriamoci sulla missione, che mo ce ripigliamm' tutt' chell che è 'o nuost.

    Il colpo grosso al Boggart Rosso all’Eremo del Corvo si prospettava complesso. Una torre vertiginosa a picco sul mare, priva di ponti o attracchi, sorvegliata e pattugliata dalle guardie del Duca Nicovante. Occoreva studiare ogni angolo della torre, ogni abitudine delle sentinelle, ogni possibile via di fuga, cosicché - all’interno dell’Erebo del Kenku - la Gang del Fantabosco non avrebbe semplicemente realizzato una rapina, bensì una vera e propria opera d’arte del furto…! Tuttavia c’era solo un dubbio che attanagliava la mente del nostro Tonio Cartonio. Un dubbio che non sembrava turbare Lupo Lucio, un dubbio a cui invece Fata Lina diede voce (tra le innumerevoli di cui disponeva).

    Cos’era un McGuffin?

    Di certo non un nuovo panino di una nota catena di fast food.
    Probabilmente non un corso online per smettere di fare gaffe.
    E sicuramente non si trattava di uno zannuto baule senziente sfuggito al contenimento e finito sottochiave altrove che stava manovrando da remoto quella sagoma di cartone per arruolare quattro ignari soccoritori. Nossignore, questo sarebbe fin troppo assurdo.

    E allora cosa dovevano cercare e poi rubare, di preciso? In attesa che il cartone animato desse una risposta risolutiva alla definizione di Anime McGuffin, il samurai senza padrone decise di scartabellare a modo proprio quell’ufficio. Un riflesso di qua, una condivisione di là, e voilà! La sua mente si aprì alle righe e ai paragrafi che componevano quella stanza, scrutinando ogni passaggio con la pignoleria autistica di un grammar-nazi, in cerca di qualche refuso o nota a piè pagina che potesse tradire la reale natura di quell’ambiente. Perché il soprascritto era già stato alle mercé di Kami delle Fasulle Aspettative, e sapeva che tali dèi ingannatori si divertivano a nascondere ovetti pasquali nei pertugi meno illuminati, nutrendo la falsa speranza che qualche sventurato fosse abbastanza ficcanaso da trovarli.


    Culto dell’Ossidiana
    Il vigore ardente e incontenibile del sottosuolo si cristallizza in una forma coesa, nera e al contempo lucente, più affilata dell’acciaio ma fragile come il vetro. Venerare l’ossidiana comporta una totale abnegazione del proprio corpo a questa pietra mistica: la carne si vetrifica, il sangue si arroventa e le ossa adamantine emergono dalla pelle impietrita come aguzzi speroni rocciosi. L’ossidiana è un elemento sacrilego associato all’oscurità, al caos e alla corruzione: seppur non sia una sostanza intrinsecamente contaminata, la sinistra affinità del vetro vulcanico con le emozioni negative ne assorbe e amplifica l’afflizione; nel suo specchio nero si riflette il ghigno famelico dei mostri che s’annidano nel Caos Multiforme e con esso vengono incanalati anche i poteri di cui si fregiano, infettando l’elemento di tormenti sempre nuovi che il suo campione non esiterà ad assimilare.
    [Manipolazione dell’Ossidiana di Livello 3 (4) – Personalizzazione Liv.4: Specchia una (o più) abilità delle creature del Bestiario della Sezione in cui si trova (scelta libera in “Coordinate Sconosciute”), adattandone il livello alla personalizzazione; la prima volta può scegliere gratuitamente quali abilità specchiare, ma cambiare la configurazione delle abilità specchiate costerà un’azione – Malus: Richiede Helshezag per specchiare; Debilita le cure mentali rivolte al Rōnin con uno scaling negativo pari al livello dell’abilità]

    • Conoscenza [ Psichica, lv2 3 ]
      Ormai siamo grandi è consapevoli, abbiamo aperto gli occhi al mondo è vediamo Tutto in ogni angolo. Nulla sfugge al nostro sguardo, basta osservarla abbastanza a lungo e la Realtà ci rivelerà i suoi segreti. Questa abilità ha potenzialità così vaste che guardando un PG iniziamo a comprendere ogni cosa di lui. Vita, morte e paure, addirittura a conoscerne i poteri come se li leggessimo da qualche parte, su una scheda. E di certo la Materia è solo un velo, che riusciremo a scostare, statene certi. Se solo. Questo... Ah. Qualcosa ronza dentro la testa, ed è così fastidioso. Come se stesse per aprirsi in due...
      [Imbevuta di Ispirazione, la mente inizia a scoprire la natura del GDR. Ciò le consente di leggere tutto ciò che incontra fissandolo abbastanza a lungo.]

    Riassunto: Grazie alla Personalizzazione di liv.4 della sua Manipolazione, il Rōnin specchia l’abilità Psichica “Conoscenza” di Vita-SINTESI, spartendola in 3 livelli di efficacia e 1 livello di raggio d’azione (5 metri dovrebbero bastare per l’ufficio). Condividendola col proprio corpo, legge tra le righe in cerca di info extra!
     
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