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    360 Giorni alla Lama



    Il primo respiro ha il sapore di un pugno in pieno viso, e l'odore di uno spruzzo di sangue rovente.
    Si è lasciata alle spalle il calore e il tepore dolciastro delle stanze superiori e i nuovi sapori l'hanno investita non appena varcata la soglia. Vociare, diverso dal mormorio tiepido che riempie i tavoli e che talvolta si spezza a malapena nel gemito di un ubriaco, questo è il vociare fitto nel quale l'eccitazione scorre come scarica elettrica, fino a spalancarsi in urla come lampi; ammasso di corpi, odore pungente di sangue, sudore e lacrime, un miscuglio che apparirebbe disgustoso se non provenisse da alcune delle creature più strane che abbia mai visto: talvolta il sangue ha l'odore di muschio e foresta, talvolta il sudore è icore trasparente simile al vino, in tutti i casi le lacrime sono sale e spine. E poi c'è l'odore della lotta. Oltre i corpi, oltre gli spalti, oltre il legno, nel mezzo della sabbia. L'odore che sa di dolore e ferocia, intossicante nelle narici e persino di più sulla lingua, il bisogno insoddisfatto di stuzzicare i canini affilati ancora e ancora.
    Nel complesso, meglio, molto meglio. Shura sorride mentre scansa il primo corpo che incontra con una spallata, appena un soffio tra le zanne oltre la spalla, a scacciare qualunque tentativo di risposta.
    Se avesse saputo che il Ramo nascondeva una delizia del genere, forse non avrebbe avuto bisogno di inimicarsi fin troppi dei suoi ospiti abituali a colpi di testate e morsi. Forse sarebbe bastato semplicemente rinchiudersi qua sotto per almeno un paio di tempononlineare e tutto sarebbe andato per il verso giusto.
    Certo, non che sia perfetto.
    Dal piano superiore, il fetore di ipocrisia e presa per il culo non smette di trasudare, fino a riempire persino i sedili di legno e il centro dell'arena. La fantomatica promessa di occuparsi di qualunque ferito, di avere personale cura di ogni cosa e di non permettere che nessuna vittima capiti sotto il suo tetto. Certo, come no. Nel caso più probabile, una marea di idiozie usate per tenere buoni i più timorosi tra coloro che sognano l'eccitazione della lotta ma senza essere pronti a pagarne il prezzo. Nell'altro caso, anche ammesso sia vero, nient'altro che un modo come altri per portare avanti la favola della sua immensa e indiscussa bontà, oh com'è brava lei, com'è buona lei, così gentile, così caritatevole, così bla bla bla. Perché niente mostra la tua carità come tenere un'arena di combattimento esattamente sotto il tuo bancone.
    Hiiissssss...
    Eppure, a guardarlo, attimo dopo attimo, il fascino della cosa inizia lentamente a scomparire. Shura cerca di avanzare nella folla il più possibile, alternando il bisogno di tenerli lontani dal toccarla e quello di non cambiare direzione per principio per l'onore dei suoi antenati riposto in ogni singolo passo che compie verso una battaglia. O almeno, è quasi sicura che sia una cosa del genere. Ammette che sembri una stronzata persino ai suoi stessi pensieri, ma questo non le impedisce di tirare più spallate del dovuto, quando qualcuno sembra aspettarsi che lei gli giri attorno invece di proseguire esattamente dove stava facendo.
    In cambio, riceve un paio di soffi a tono, una mezza dozzina di ruggiti e svariate imprecazioni in lingue sconosciute, tutte rivolte a suo Padre. O almeno, lei è a lui che le rivolge quando ne riceve.
    Ma nessuno risponde nel modo che si aspetterebbe. Nessuno che alzi la mano verso il suo collo, o punti i piedi e le rivolga la stessa spalla che ha appena incassato. Forse fin troppo attenti alle regole della divinità al piano di sopra. O forse, semplicemente, un mucchio di bestioni pieni di minacce ma scarsi di fatti, gettati in quella cantina come si getterebbe un mucchio di bambini in una fossa a sfogare la rabbia a pugni, calci e morsi prima di riportarli a casa debitamente calmati. Gli Dei sanno se non è stata costretta a finirci fin troppe volte.
    Mmmh...
    Nel complesso, persone. Fin troppe. Molte più di quante se ne aspettasse. E, ne è certa, molte di più di quanti chiunque altro si aspettasse di trovarne. L'improvvisa, chiarissima realizzazione di come il suo stesso pensiero si sia diffuso a macchia di sangue tra i viaggiatori. Di come tutti abbiano pensato la stessa cosa.
    360 Giorni alla Lama. Il tempo, implacabile, a scorrere in moto innaturalmente lineare. A scandire giorno dopo giorno. Numeri ancora alti, numeri quasi rassicuranti, ma che non impiegheranno molto a svuotarsi in maniera repentina. Che in qualunque momento potrebbero ritrovarsi ad essere contati sulle dita di una mano. E dopo? Dopo "il più grande Torneo che il multiverso abbia mai visto", o qualcosa del genere.
    Shura conosce un torneo, forse un inaspettato vantaggio su molti dei concorrenti, ora che ci pensa. Shura ha visto, sentito e vissuto un torneo. Non sono evento raro, nel Ritratto di Dio, i festival di combattimento. Come non lo sono quelli di arte e poesia, le competizioni sportive o le sfide di ingegno e astuzia. Da qualche parte, in terre lontane dal suo villaggio, ha sentito dire che avvengono competizioni lunghe giorni interi riguardanti indovinelli. Altrove, uomini e donne si sfidano l'un l'altra schierando bestie addestrate per l'occasione, alcune più yokai che animale. In tutti i casi, non vi è stato festival che la spada di suo padre mancasse. Non vi è stata competizione nella quale non spiccasse. Shura crede di sapere cosa aspettarsi, quando ascolta i viandanti di cento mondi raccontarsi storie e dicerie su quel che sarà.
    Ma in fondo, tutto può accadere. E l'ignoranza, in guerra, è peggiore di qualunque nemico. Peggiore di qualunque spada smussata.
    L'ignoranza, in guerra, è sufficiente a farle ingoiare l'orgoglio e infilarsi fin nelle profondità del Ramo, dove gira voce che ogni giorno sia festival e ogni ora sia duello. Dove la folla non smette mai di esultare e la sabbia non smette mai di coprirsi di sangue. Lì dove può vedere, per la prima volta, coi suoi stessi occhi, cosa sia il Duello in queste Terre composte da cento mondi.
    E mentre si arrampica sugli spalti di legno, accovacciata mani e piedi su una delle ringhiere, a coprire la vista di almeno un paio tra coloro seduti, non può fare a meno di fissarla quella sabbia e di desiderarlo.
    Combattere. Occhi spalancati, palpebre immobili, gli ovali perfetti di un predatore inebriato dalla sua stessa preda. Perché restare a guardare, quando potrei essere lì a combattere...

    Quanti ANNI sono che non torno in questa sezione? Letteralmente da Raksaka. Mi sento di nuovo giovane.
    Dunque, l'arena al momento è nella sua conformazione di default: cerchio di sabbia, circondato da spalti sopraelevati, con sedili in legno. Shura, in tutta la sua eleganza, è piazzata così in uno dei pali della ringhiera che immagine tra gli spalti. Non ho volutamente descritto chi stia occupando l'arena al momento per lasciare libera la cosa, l'unico dettaglio che ho specificato è l'Enorme numero di presenti, molti più di quanti normalmente se ne troverebbero (per chi ha praticità del posto), tutti chiaramente attirati dal mood "torneo" che si è diffuso tra i mondi in occasione della Lama. E daje tutto e tutti
     
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    dalla stella che brilla di meno...un BUCO NERO O_O

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    Bravi, bravi, ammazzatevi. E intanto il Silenzio serpeggia!
    C'è uno che non soffia quando Shura gli si mette a fianco. Uno che non ha un volto, uno che sembra talmente concentrato sui sacrosanti cazzi suoi che a malapena s'accorge di come la donna l'abbia spostato di venti centimetri per farsi spazio sugli spalti accanto a lui. O magari è facile sembrare concentrati e misteriosi quando hai fasce nere a coprire strette ogni centimetro del viso?
    Uno che manco ci vorrebbe stare li, che il Ramo l'ha sempre schifato perché oooh Shura, sulla sua ipocrisia non hai nemmeno grattato la superficie e se qualcuno ti raccontasse com'è che Annie si procura la scorta d'occhi che espone in vetrina o i resti grondanti acqua e vino di cui innumerevoli viandanti s'ingozzano per recuperar le forze allora si che vi fareste due risate assieme.
    Uno che c'ha occhi incrociati dipinti in volto con quello che non può essere che sangue e li tiene ben puntati verso lo spiazzo dove due, quattro, settecento disgraziati si massacrano uno alla volta e tutti assieme, perché se il tempo non è lineare immagina che casino sia lo spazio e le illusioni con cui Annie tiene separati gli uni dagli altri i mille incontri che si svolgono sempre in contemporanea sotto il suo tetto fanno un baffo a chi c'ha la Verità a scorrergli nel sangue. Perché certo sfondare a capocciate o pianti il velo della propria realtà è roba rara, non capita mica a tutti, servono storie tragiche o culo epocale o altrettanta sfiga per farlo. Ma se i sogni sono infiniti e gli incubi ancora di più. Quanti saranno mai gli stronzi che hanno imparato almeno uno dei segreti di quel caos impregnato di sangue, e che per questo pagano il più alto prezzo?
    Persino lui le ha sentite. Le voci su ciò che accadrà fra un anno o poco meno, i racconti che si rincorrono riguardo ciò che il nuovo continente ha da offrire a chiunque voglia conquistarselo a morsi ed artigliate. Lui c'era quando è emerso, lui c'era quando un vecchio amico ha squarciato il cielo e con esso le menzogne che tenevano la via per quelle lande vergini nascosta, sepolta sotto le diecimila realtà che per via di peccati commessi da altre sono state inondate di sangue quel giorno. Ha visto la luna spegnersi ed il sole sorgere, ha visto ciò che è nato dalle tenebre e dal sangue e se l'è filata perché se l'Uomo Nero era uno stronzo figurarsi i bastardi che poteva generare assieme alla ferocia di chi per troppo tempo era stato tenuto in gabbia. Di troni non ne ha visti, ma quello può essere importante fino a una certa. Ciò che invece conta, ciò che l'ha spinto a chiudersi laggiù assieme a ventimila altri idioti. E' che non ha visto neppure Lame.
    A lui non interessa, mica vuole partecipare. Per lui è indifferente chi vincerà quella stronzata e se deve ripeterselo mille volte al giorno dall'attimo in cui ha sentito le storie per la prima volta non è mica perché se la fa addosso al pensiero di dover competere coi tagliagole più feroci, con le bestie più indomite e coi Serpenti che tra le proprie spire han stritolato più mondi. Un anno per convincersi eppure gli sembra improbabile riuscire a farlo, trecentossessanta e qualcosa giorni per accumulare astio da riversare contro chiunque altro ma perché mai dovrebbe quando lui un piano ce l'ha già?
    Di quella vittoria, di quella gloria, di quella soddisfazione. Non se ne farebbe niente, la getterebbe via il giorno dopo e allora perché sbattersi per ottenerla. Di un mondo o dieci o cento tra le sue mani, di domini estesi quanto quelli del Serpente Dio che nemmeno osa sognare di poter strozzare con la sua coda, abitato da cose feroci a sufficienza da esser dovute stare nascoste tanto a lungo per permettergli di affermarsi come unica vera autorità. Che utilità ne potrebbe mai ricavare, quando in mente ha già qualcosa di meglio?
    Sbuffa accanto a Shura, divertito dalla sua stessa capacità di raccontarsi cazzate. La lucidità di un solo istante espirata via presto perché la Verità che gli sussurra alle orecchie con la voce di Emme non la vuole ascoltare, e lo sa che è soltanto gelosa perché ha avuto un'idea migliore della sua.
    Certo che però, nonostante tutto questo. Lui non è che di grandi rituali se ne intenda eh, ed è proprio nell'improvvisare che è qualche tempo che ha trovato il proprio scopo. Ma per quel che sta preparando, la frittata enorme che ha intenzione di preparare e poi scolarsi come un bastardo ciccione ed ingordo. Una Lama potrebbe pure fargli comodo.
    Beh.
    E forse è per questo che alla fine è comunque li, forse per questo che tra i coglioni che a quelle favole ci credono e sperano di ottenere qualcosa dal sangue altrui solo perché le voci gliel'hanno promesso c'è anche lui. Certo seduto a guardarli anziché nella polvere con loro, certo pieno di sdegno per tutto ciò che sono e fanno e ciò nonostante indistinguibile da tutti gli altri, a sprecare il proprio tempo in ciò a cui non avrà mai le palle di dare seguito anziché nel proseguire a preparare ciò che non ha mai avuto la minima idea di come portare a termine.
    Ma dopotutto è sempre a caso che le cose migliori accadono, e sempre a caso che la fortuna di tanto in tanto gli arride, perché figurarsi se potrebbe mai farlo di proposito verso un verme come lui.
    E quindi forse anche la sua voglia di chiacchierare con la nuova arrivata, la tizia che puzza di piscio di gatto e sangue caldo e daddy issues, potrebbe essere l'ennesima botta di gran culo. O forse solo una gran botta e basta, di quelle che ricevi sulle tempie in un vicolo quando meno te l'aspetti ed un diavolo ha deciso d'aver fame e che i tuoi occhi sembrano particolarmente appetitosi.
    Fatto sta che fu proprio a lei che si rivolse, per nessuna ragione in particolare se non il banale scappare dai suoi stessi pensieri. Dicendole l'unica cosa che aveva in mente fin da quando era giunto li, e forse finalmente valeva la pena condividere con qualcuno che a giudicare dal suo brutto muso sembrava pensarla allo stesso modo.
    Che posto di merda.
     
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    Era passato solo poco tempo da quando avevo iniziato a viaggiare per quelle realtà, o almeno così mi sembrava. Avevo appena bagnato i piedi in quel mare senza fine e senza fondo, senza mai perdere di vista la riva, per evitare di essere travolto da una fatale ondata imprevista.
    Stavo esplorando, a piccoli passi, questa mia nuova condizione. Volevo capire quanto possibile rischiando il meno possibile: non aveva senso rischiare tutto per nulla, e forse neanche molto per poco, ma non avevo intenzione di attendere decine di migliaia di anni per ristabilire l’ordine. Senza osare non sarei stato in grado di cambiare la mia situazione.
    Ovunque mi spingessi, qualsiasi incontro facessi, una costante era onnipresente, una parola continuava imperterrita a riecheggiare in ogni dove: la Lama.

    Nonostante tutto ciò, non mi era ancora ben chiaro che cosa dovesse essere, le voci erano varie ed a volte contrastanti, una cosa era centra: non era una cosa comune.
    L’annuncio di quell'evento aveva scosso gli animi, amplificato le emozioni. L’agitazione, l’eccitazione, la paura, la curiosità, e tante altre come loro venivano trasportate violentemente nelle parole di chi parlava della Lama: chi si diceva impassibile, mentiva.
    Non sapevo ancora bene come, ma sapevo che avrei dovuto sfruttare quanto sarebbe successo a poco meno di un anno di distanza, anzi, avrei dovuto sfruttare anche questo stesso anno. Dovevo indagare e capire quanto possibile, dovevo prepararmi mentalmente e fisicamente, dovevo diventare più forte e perché no, reclutare altre persone.
    La mia setta era ormai scomparsa, due persone non fanno una setta, soprattutto se una delle due era solo agli albori della comprensione del Dao. Dovevo usare questo evento come scusa per conoscere persone capaci e competenti.
    Per questo mi ero diretto all'arena: mi sembrava un buon inizio per cercare persone e informazioni.

    Avevo sentito racconti, e leggende, su quel luogo. Non mi sentivo ancora pronto per ergermi trionfante al centro di quel cerchio, l’unica cosa che sarei stato in grado di fare ora sarebbe stato sporcare il suolo col mio sangue. Quindi, per ora, dovevo accontentarmi di assistere dagli spalti. Digrignai i denti ed espirai profondamente la sensazione di inadeguatezza, e la derivante rabbia. Aprii gli occhi come rilassai i miei muscoli facciali. Mi guardai attorno: ero seduto tra la folla, molto più numerosa del normale, così mi sembrava di aver capito. Sicuramente in tanti avevano avuto la mia stessa idea, o per lo meno, una simile.

    Seguii puoi con il mio sguardo quello di tutti, muovendolo verso il centro dell’arena, dove tutte le grida del pubblico si incontravano; solamente per ritrovarmelo bloccato. Una figura si stagliava davanti a me, appollaiata sugli spalti come uno Shi all'ingresso di un edificio. La osservai per un attimo, incuriosito, quando il mi vicino ebbe da dire qualcosa a riguardo del posto, o del suo posto.
    Inclinai leggermente la testa verso di lui, parte dei capelli mi scivolarono sul volto e la schiena, accennai un sorriso e con voce divertita gli risposi:
    Se preferisce il mio, possiamo far scambio
     
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    Pieno di figli di papà.
    Espressione strana, espressione curiosa. Espressione per la quale ha avuto bisogno di scoprire prima l'esistenza di un intero multiverso di pianeti, o non sarebbe mai stata capace di accettarla. A quanto pare vuol dire qualcuno troppo favorito dai genitori, qualcuno che non ha mai avuto bisogno di lottare per niente, di procurarsi nulla, perché c'era già chi l'aveva fatto per lui, o chi l'avrebbe fatto per lui. Qualcuno che si lascia coprire dall'ombra paterna, enorme e incombente, e invece di trovarla soffocante ci si trova bene e si gode la sua vita di Il Più Forte nell'Ombra.
    Se solo suo padre potesse sentirlo. Non sarebbe stato capace di smettere di ridere, non prima delle lacrime, non prima che manchi il respiro, non prima che la cosa divenisse abbastanza imbarazzante da costringerlo a colpirla per averlo visto in tali condizioni. E lei avrebbe riso con lui.
    Si concede qualche istante, appena il tempo di qualche respiro, a fantasticare. A come sarebbe stato vivere accettando quell'ombra, godendo di ogni vantaggio e di ogni fortuna perché figlia del Più Simile a Dio, forse schernendo coloro che lui avesse sconfitto a duello. Forse godendo del suo appoggio perché la guidasse con sicurezza e senza pericolo nel percorso più simile al suo. Forse persino volendole bene.
    E' quando si accorge che, in fondo, il pensiero non è poi così male che si gira soffiando verso lo sconosciuto che l'ha interrotta mentre pianificava.
    Annie prima vi promette un posto dove stare al sicuro da ogni cosa, in cui promette che Mammina ci sarà per tutti quanti, di qualunque cosa abbiate bisogno.
    Bende nere, nascondono occhi, naso e bocca. Nascondono ogni cosa, tranne le corna lucide che le trapassano e nascono dalle tempie. Un vago odore acre, uno fin troppo riconoscibile nel suo generico miscuglio di sudoresanguemerda, uno che la disturba meno della realizzazione che, per qualche motivo, questo verme avesse sentito di poter fare conversazione con lei. Che hanno qualcosa in comune, di simile.
    E poi, siccome rendervi grassi, viziati e molli non basta, vi scava anche un buco in cui giocare a fare a botte, ma senza pericolo. Così da essere proprio sicura che non solo non abbiate la forza per sopravvivere, ma che siate anche convinti di averne?
    Non ci riesce, è più forte di lei, la risata che striscia attraverso le zanne è fragorosa, uno sghignazzare fin troppo divertito, uno che se lasciato a se stesso sarebbe capace di farla lacrimare e soffocare. Uno che non è neanche lontanamente sufficiente a mostrare tutto il disprezzo e la repulsione che prova verso qualunque cosa stia accadendo attorno a lei. Qualcosa a cui, a quanto pare, intere realtà, dimensioni e universi sono caduti vittima, qualcosa per la quale le vittime si mettono in fila a sorridere beate alla prospettiva. Qualcosa che la costringe alla oh quanto triste verità di dover osservare che, davvero, tutti quanti sono stupidi tranne lei.
    Tutti, incluso il verme sporco di fango e sangue che forse ha intravisto qualcosa e si illude di essere più simile a lei che a tutti gli altri la attorno.
    La vostra Annie vi vuole tutti morti, Schizzetto. Ci si sta impegnando davvero tanto ad assicurarvi che crepiate appena uscite di qua.
    Non è così ovvio? Come fanno a non accorgersene. E' così evidente, così chiaro.
    Come possono essere così stupidi da credere ad una simile bugia, ad una tale invenzione, a qualcosa a cui si smette facilmente di credere fin da bambini. E invece eccoli qui, da ogni mondo, da ogni specie e di ogni età, ancora convinti che nel mondo ci siano Altri che tengono a loro, che si preoccupino di loro, che nel profondo siano buoni e gentili e caritatevoli. Senza nessuno che abbia mai avuto la premura di soffocare a bastonate questa menzogna nella culla.
    Nell'arena, fin troppi sedili più in la, non vede altro che l'ennesima conferma. Stringe appena gli occhi, le pupille ridotte a spilli, mentre vede le ombre sulla sabbia sudare, colpirsi e sanguinare... ridendo. Qualcosa di simile ad una pacca sulla spalla, persino un cenno di assenso dopo un buon colpo assestato. Niente di più che bambini impegnati a giocare. Niente che l'enorme folla che lo circonda possa in qualche modo rendere meno penoso.
    Niente che il rompicoglioni dietro di lei abbia davvero bisogno di vedere.
    Non ti perdi niente.
    Nuova voce, nuovo verme. Questo non puzza di sangue e non nasconde il viso, questo non si finge diverso dagli altri. A questo, l'Altra non risponde soffiando come aveva fatto col primo, nella stessa maniera in cui non si degnerebbe di considerare un coniglio che voglia mettersi a discutere con lei, invece di scappare.
    Sembianze umanoidi, abiti privi di caratteristiche particolari. Odore di carne e sudore. Odore fin troppo umano per interessarle.
    Guardami il culo e sta zitto.
    Sul serio, neanche il buon gusto di apprezzare l'avere davanti l'unica cosa degna di nota dell'intera stanza.
     
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