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C'era una volta a Merovish

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    TRUE LOVE IS POSSIBLE ONLY IN THE NEXT WORLD — FOR NEW PEOPLE. IT IS TOO LATE FOR US. WREAK HAVOC ON THE MIDDLE CLASS.

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    VIMrejC



    Forza, avvicinatevi.
    Fuori piove, la notte ormai è profonda. Lo sentite il vento che ulula, la sentite la pioggia che si abbatte impetuosa?
    Sedetevi con me accanto al focolare.
    Sono in notti come questa che le storie prendono vita. Che racconti e leggende, sussurrate con voce carica di passione e di magia, possono inspirare intere realtà.
    Vero Lance? Ti vedo che mi fai l'occhiolino, dal bancone.
    E voi due la in fondo! Vedo anche voi che, mentre fate i tenebrosi, allungate l'orecchio. Venite qua con noi, e già che ci siete, portate da bere!
    Qualcuno mi passa una cioccolata calda, per favore? Eccoci, perfetto.
    Annie, mia cara. Posso chiederti di abbassare appena le luci?
    Sei un tesoro, come sempre.

    Quella che sto per raccontarvi è una storia di tanto, tanto tempo fa.
    In un luogo ormai perso da tempo che ha visto nascere tante storie simili a questa, ma che ora sono solo ricordi, persi come sabbia nel deserto.
    Forse qualcuno di voi penserà di conoscere già questa storia e i suoi personaggi.
    Forse qualcuno di voi penserà perfino di averne vissuto qualche capitolo.
    Restate comunque, vi prego.
    Il calore del focolare dopo tutto è più confortevole in compagnia... e vi prometto che anche voi sarete sorpresi da questo mio racconto.
    Qualcuno mi passa il mio liuto? Con un po' di musica, le parole scorrono più dolci.

    "I Mostri devono morire?"
    No Mangiasogni. I Mostri non mancheranno, ma questa non è una storia su di loro.

    Questa è la storia di due Padri.
    Cominciamo?

    "🎵 C'era una volta, a Merovish... 🎶"




    czYuSHd




    "Stupido bipede."

    Il Boggart tamburellò nervosamente le dita rossastre sulla superficie irregolare del bancone di legno.
    Alle sue spalle, bicchieri di varie dimensioni e innumerevoli bottiglie colme di liquidi opachi tintinnarono allegramente, ignare del malumore del loro proprietario.
    Il locale era gremito di gente.
    I tavoli erano tutti occupati da avventori d'ogni tipo: chi beveva discutendo i propri affari, chi giocava d'azzardo, chi intratteneva trattative immorali con signorine dalla dubbia professione, pronte a servirsi delle pulciose camere da letto del secondo piano del locale.
    In un angolo della sala, su un palchetto sgangherato, un gruppo di creature aliene suonava melodie di altre dimensioni, urlando e dimenandosi attaccate ai loro diabolici strumenti. Affissa ad una parete, un enorme bacheca era carica di annunci cittadini, di bollettini metereologici del deserto per le carovane e soprattutto di contratti di lavoro mercenario.



    Zimmertraugher dei Cunicoli Dai Quali Si Torna, in arte Zimmer il Boggart o Zimmer il Rosso, era arrivato alla SfqSCSccittà sotterranea di Merovish (o "Tana", come la chiamavano i suoi abitanti non troppo affettuosamente) l'anno prima, e dopo una serie di scelte di vita discutibili, aveva deciso di aprire quella locanda in uno dei sei distretti del Bazar delle Talpe.
    Quella che era nata come una semplice truffa assicurativa era poi diventata la sua vita di tutti i giorni. Il locale rendeva bene, quasi troppo, e il lavoro cominciava a essere eccessivo per sole due persone.

    Aveva incontrato Ted Carter un paio di mesi prima.
    L'omone, dopo averlo difeso dall'attacco di quattro briganti locali, si era proposto come guardia del corpo personale del mercante rossiccio.
    Zimmer, che tutto aveva bisogno tranne che essere difeso da uno che pareva avere più muscoli che cervello, aveva ben deciso di giocare un tiro mancino all'altro, abbandonandolo poi drogato e senza un soldo in uno degli innumerevoli vicoli della Tana.

    "Vedrai che arriva. Avrà trovato qualcuno con cui fare a pugni, dagli tempo."
    La voce del ragazzo, carico di vassoi a loro volta colmi di bicchieri, lo riscosse.
    23 era un giovane di circa vent'anni, magro come un chiodo e dai capelli bianchi come le lune. Era suo schiavo da ormai così tanto tempo che Zimmer dovette ammettere di non ricordare nemmeno come fosse la sua vita prima.
    Più semplice, magari? Più tranquilla.

    Il ragazzetto si allontanò in fretta, riconoscendo lo sguardo truce del padrone, e tornò a servire ai tavoli.
    Era stato lui a convincerlo ad assumere il gigante dalla pelle scura, che alla Quinta Bolgia poteva essere comodo un buttafuori.

    La luce del sole, riflessa dagli enormi laghi di vetro della superficie del deserto in enormi gemme che costellavano la volta rocciosa della città sotterranea, cominciava ad affievolirsi. La giornata volgeva al termine.
    "Maledette Masticore, dove si è cacciato chello stupido bipede?!" sbraitò nuovamente il Boggart, sbattendo il pugno sul bancone.

    In fondo, quanto ci voleva ad andare a ritirare quattro barili carichi di birra gamorriana dal distretto dei Caduti?



    Edited by Sarcad is dead - 13/8/2023, 11:59
     
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    “Ted! Amico mio. Da quanto tempo che non giochiamo noi due. Suvvia raggiungimi qui e viviamo insieme un’altra grande avventura”

    Spinto dallo stesso entusiasmo che poteva avere un bambino il giorno di Natale, un giovane uomo se ne stava seduto composto dietro ad un tavolo sistemato al lato della strada principale. La polvere, alzata dal costante viavai dei mercanti, aveva quasi sommerso il gioco da carte che di solito usava per guadagnarsi da vivere.
    Aveva un gioviale sorriso a trentadue denti stampato sul volto, nell’attesa che il grande uomo nero si accorgesse di lui.

    “Ma che cazzo dici …”, tagliò corto colui che in passato era stato campione mondiale di Boxe, “ … se giusto ieri mi hai spillato metà dello stipendio. Ma lo sai quanto guadagno?”

    Alto più di due metri e dai muscoli tanto gonfi da farlo sembrare ancora più imponente, maglia rossa e un afro così voluminoso che sicuramente qualcosa si era perso là dentro.
    “Dettagli! Mica inizierai a farti i conti in tasca adesso”
    Con un soffio potente alzò la coperta marrone che copriva il tavolo e le sue carte. Prese i due mazzi e con solo la tecnica di chi doveva scozzare bene le carte per poter vivere, riuscì ad unirli assieme.

    “Non provare di nuovo a fregarmi bimbo! Oggi ho fretta. Devo prendere …”
    “... quattro barili carichi di birra gamorriana dal distretto dei Caduti? Nel caso sia quella la tua mansione sappi che il carico è in ritardo. Hanno trovato un gruppo di banditi troppo zelanti. Direi che saranno qui tra una quarantina di minuti, giusto il tempo per fare tre partite al mio gioco di carte preferito”

    Di nuovo quel fastidioso sorriso, lo stesso con cui il giorno prima aveva salutato il pugile dopo avergli preso così tanti soldi che la tasca destra aveva ceduto sotto il peso delle monete.
    “Che pugno nei denti che sei! Va bene facciamo queste tre partite e basta! Non voglio che poi tutta Merovish pensi che mi metta a fare beneficenza"
    Il ragazzo si strofinò rumorosamente le mani, mentre l’uomo si mise a sedere su quella scomoda sedia che per sua sfortuna era anche l’unica.


    “Ma guarda te chi ha di nuovo una mano vincente?!”
    Ted Carter si mise a ridere più forte di un tuono, tanto che un vaso di vetro poco lontano si ruppe in mille pezzi, proprio come il sorriso del giovane.
    Le grandi mani nere non bastarono a raccogliere in una sola bracciata, quella pila di soldi tanto alta da poter competere con un bambino.
    Frustrazione, rabbia, e un velo di tristezza travolsero la faccia del saltimbanco nella speranza di poter impietosire quel pugile tanto grande e forte, quanto generoso e di buon cuore.
    “Cosa è quel muso lungo? Suvvia, sorridi amico mio che questa giocata è stata proprio divertente!”
    Gli diede un buffetto come solito usava per prendere in giro, alzandosi e iniziando a camminare per una nuova strada lontana da quel tavolo.
    “Baci, baci! Ci vediamo.”

    Guardò le monete nelle sue tasche e calcolò il tempo che aveva ancora d'aspettare prima che il carico arrivasse.
    Nei mercati di Merovish si poteva trovare ogni cosa che mente umana potesse concepire: spezie, tessuti, appezzamenti di terra, fulmini in bottiglia e quant'altro.
    I colori, i rumori e la gente che ogni secondo intasava i suoi sensi, riusciva ogni volta a inebriargli la mente ma poco a poco, anche lui si stava abituando a quell'eterno Bazar non tanto diverso dalla sua adorata New York.

    “Mancano ancora quindici minuti. Mi potrei fare un giro ...”, si fermò un'attimo a pensare a come avrebbe potuto spendere tutti quei soldi,"... non penso che Zimmer si arrabbierà"



    Passarono cinque ore prima che Ted tornasse alla base operativa conosciuta come Quinta Bolgia.
    I quattro barili, arrivati sani e salvi rispetto ad altra merce che aveva conosciuto la furia dei predoni, erano sistemati e legati in modo curato su di un piccolo carretto, trainato dalla sola forza dei muscoli dell'Ercole Nero.
    Lasciò la mercanzia sul retro del locale, dove qualche curioso si era spinto a dare un'occhiata fugace. Ted non ci badò ed entrò nel piccolo edificio.

    "Buonasera Gente!"

    Tutto trionfante si palesò davanti al suo datore di lavoro e il suo bianco aiutante.
    Il primo era un vero gatto attaccato ai coglioni: piccolo, rosso, eccessivamente burbero ma dall'occhio vispo per gli affari. Almeno con il secondo, in un modo o nell'altro, ci si poteva anche provare a ragionare.

    "Che magnifica giornata che è stata oggi!"

    Non ci volle un attento osservatore per notare che il corpo statuario del pugile era pieno di ferite.
    Tagli di varia misura e profondità, un coltello che ancora spuntava dalla spalla e così tanti ematomi che poteva dare l'idea di star facendo una collezione privata.
    Se talvolta avevano soccorso qualche povero disperato la cui metà di quelle ferite lo avevano reso moribondo, Ted Carter non gli diede alcun peso come se non provasse dolore o alcun fastidio. Neppure i tagli più profondi lo impensierivano più di tanto, dato che nessuna goccia di sangue sembrava uscire da quelle ferite.

    "Che grande affare che ho fatto oggi! Mamma lo diceva che ero un mercante nato"

    Con un colpo secco si tolse il coltello dalla spalla. Dalla ferita si poteva vedere la carne, il grasso, i muscoli e quant'altro il copro umano potesse offrire, recisi fino ad un bianco fondo che altri non era se non l’osso della scapola. Non una goccia uscì dalla ferita che, molto lentamente, sembrò iniziare invece a rigenerarsi.
    Il coltello, usurato ma dalla lama affilata, venne piantato con forza nella parete della Quinta Bolgia.
    Rimase lì per anni, usato come attaccapanni dai futuri avventori e qualcuno dice, nonostante quello che è successo a Merovish, che ancora sia saldamente piantato nel legno della locanda.

    "Ho vinto un sacco di soldi giocando a carte! Non sapevo come spenderli e quindi mi sono messo a girare per il bazar …", nel mentre parlava si spostò dietro al bancone iniziando a prendere bicchieri e liquori per i pochi presenti rimasti," … però qualcuno ha visto che ero pieno di soldi. Mi hanno attaccato davvero in tanti. Dapprima un tizio con un coltello, poi due con dei tubi, in tre con delle catene e provate ad indovinare …",la classica pausa teatrale mentre mandò giù un liquido dal nebuloso colore viola,"... in quattro con un cane da guerra e dei tirapugni. Penso di esserci andato pesante con il cane ma dettagli!"

    Troppo zelante per potersene stare fermo in un punto solo, uscì di nuovo dal locale, per tornarsene con un piccolo barile poco più grande del suo statuario petto.

    "Quindi ho iniziato a pensare che volessero i soldi. Sono entrato in un vicolo, poi in un’altro e in un’altro ancora. Ho superato assassini, puttane, uno che sembrava il Grinch e alla fine sono spuntato in un distretto pieno di gente. Insomma, una cosa tira l’altra, e mi sono dato da fare."

    Mise le mani dentro il contenitore e dopo tanto mulinarle, come se provasse a mischiare qualcosa che vi era all'interno, esse uscirono tenendo strette qualcosa che per quella locanda era assai particolare.

    "Guardate cosa c’è dentro questo ovetto Kinder! Il mio primo schiavo …"

    Ted Carter alzò al cielo una bambina dallo sguardo spaesato e disperato, intonando la colonna sonora del “Re Leone”.
    L’infante era piccolo e non poteva avere più di cinque o sei anni. La pelle era liscia e morbida come se fosse stata curata ogni giorno a differenza dei capelli, i quali assomigliavano molto al folto cespuglio del pugile. La carnagione era olivastra ma la cosa che attirò lo sguardo dei presenti, fu la totale mancanza della mano destra. Al suo posto un moncherino dal vivo colore rosso, come se la mano avesse subito un brutto incidente e fosse stata amputata.

    "Ecco a voi Isigqila, la nuova collaboratrice della Quinta Bolgia ...", il pugile guardò tutto baldanzoso il Boggart rosso, " ... un vero investimento per il futuro. Credi a me!"

     
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    Nelle profondità della terra, lontano dallo sguardo dei sedicenti difensori della giustizia, c’era una città in cui strozzini e truffatori si scannavano a vicenda per estorcere la refurtiva che i borsaioli avevano sfilato dalle tasche dei contrabbandieri. Cacciatori di taglie e mercenari senza scrupoli si saltavano alla gola per accaparrarsi i mandati di cattura più proficui dei bassifondi. Assassini psicopatici e torturatori seriali si aggiravano per l’unico porto franco in cui potevano dedicarsi alle proprie morbose pulsioni. Giustizieri e vigilanti avevano vita ardua e tendenzialmente breve, perché per ogni buona azione compiuta c’era una marea d’iniquità pronta a sommergere chiunque tentasse di pulirsi la coscienza a spese altrui.

    Insomma, era una giornata come tante altre in quel di Merovish e Bid’daum aveva tutta l’intenzione di trascorrerla ubriacandosi come un Tarian dei cunicoli. Si era già scolato il suo secondo pintale di Ich - la ributtante specialità della casa! - e gli altri avventori che avevano accettato la sua sfida di bevute erano piegati sul pavimento lercio della bettola dopo appena il primo sorso. I pochi che ancora non avevano perso i sensi in preda alle convulsioni lo stavano accusando di aver barato in qualche modo, perché per loro non era possibile che potesse trangugiare un simile torcibudella senza nemmeno battere ciglio.

    « Ma li senti, Zimm? Per me questi si sono già ballati tutta la fresca alla bisca e non hanno un cazzo di quattrino per pagarti! »

    Poco male, si sarebbe tracannato anche i loro boccali fino all’ultima goccia, alla faccia loro e delle dita che presto avrebbero arricchito la collezione del Boggart. Girò lo sgabello per godersi l’imminente scena del trinciapolli, ma non vide nessun arnese da salumeria. Il padrone della Quinta Bolgia sembrava troppo distratto da una consegna in ritardo per notare i miserabili che stavano strisciando verso la latrina, nella speranza di fuggire attraverso il letamaio per non dover pagare il conto salato. Il suo giovane schiavo-cameriere cercò di confortarlo mentre faceva l’equilibrista coi bicchieri, e fu allora che il Kuthiano ebbe un’illuminazione inedita coadiuvata dall’alcol: possibile che si chiamasse Ventitré proprio per il suo record di giocoleria?! Dopotutto avevano da poco perso un funambolo nella loro compagnia mercenaria, serviva per forza un rimpiazzo!

    « Te lo dicevo di non fidarti di quel gorilla: puzza di merda di grifone e sotto quel cespuglio avrà solo un fottuto sasso! »

    Singhiozzò alticcio, e così ebbe la seconda illuminazione della giornata: ECCO SPIEGATO IL NOME DEL COCKTAIL! Con il cervello sciolto e già asceso al Nirvana, si mise a sghignazzare sguaiatamente e a brindare al suo genio impareggiabile – talmente sopraffino da non accorgersi nemmeno che il marcantonio dai pugni grossi quanto la sua faccia era rientrato giusto in tempo per sentire i suoi insulti.

    « E chi cazzo sarebbe questa Tequila? »

    Ma questa forse era un’altra storia.

     
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