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Hotline Valchiria

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    TU-TURUTUTTUTTU TURURU TURURU
    TURUTUTTURUTTU', TURUTUTTURUTTU'



    R-R-ROOOOONF...
    Stanza in penombra, una figura spaparanzata ronfa sonoramente su un letto disfatto. Farebbe caldo, non fosse per il filo d'aria marina che soffia silenzioso tra le persiane abbassate. Vertumna sogna di grandi avventure, soli che esplodono, bestie immense che sorgono dalle acque e uomini scuri che ballano con una cassa sulle spalle. Dovrebbe svegliarsi, forse non lo vuole davvero fare?
    Un'ombra più piccola si intrufola nella stanza, barcolla fino al piccolo rumoroso oggetto che sul comodino non la smette d'illuminarsi e vibrare. C'ha provato ad ignorarlo, a rigirarsi tra le lenzuola e tornare a dormire, ma l'incessante ripetersi di quella melodia non gli ha lasciato scampo. Mugugna a bassa voce quando i piccoli, scuri piedi nudi calpestano quelli che sembrano i resti infranti di una sveglia. Infine, le sue dita paffute afferrano il maledetto cellulare.

    TU-TURUTUTTUTTU TURURU TURURU
    TURUTUTTURUTTU', TURUTUTTURUT - CLICK!


    Pro-o-yaaaaaaaaaawn! Pronto?
    E' la voce acuta ed allarmata all'altro capo della cornetta a far aprire alla Valchiria gli occhi a quella nuova giornata. Le mani cercano a tastoni nella penombra, trovano una zazzera di capelli arruffati e la spettinano con affetto prima che il suo volto s'alzi abbastanza dal cuscino per rivolgerli un sorriso. Il cellulare scivola tra le sue mani, ed è con una smorfia assonnata che Vertumna se lo porta all'orecchio.
    ...zzo sei? Qui i telefoni sono in fiamme e c'ho un esercito di arrapati che vogliono tassativamente te e sto iniziando a finire le scuse!!
    Mneh mneh mneh...Eury? Che...che ore sono?
    E' TARDI ECCO CHE CAZZO DI ORE SONO! Porta qua il tuo culo grasso prima di subito o è la volta buona che ti licenzio maledettissima, luridissima baldra---CLICK!
    Il braccio ricade tra le lenzuola, niente insulti sessisti di prima mattina. Non da parte della sua capa almeno, o di chiunque non sia un ciccione di mezz'età impegnato in un cinque contro uno che non potrebbe vincere senza di lei.
    Dovrebbe alzarsi, Eury ha ragione, ma un dubbio la inchioda sul posto. Che cos'è che stava sognando? Sembrava così chiaro fino a pochi attimi prima, immagini granitiche che la veglia ha trasformato in sabbia troppo fine per riuscire a trattenerla. Ricorda le urla, una sensazione d'impotenza...il mare. Qualcosa che veniva dal mare?
    Mamma? Hai fatto un altro brutto sogno?
    Niente affatto, tesoro mio.
    Le labbra si muovono prima ancora che la testa processi le sue parole, dopotutto chissenefrega di uno stupido sogno. Tutto ciò che abbia mai desiderato è li con lei e la guarda stropicciandosi gli occhi mentre lei si mette a sedere, infilandosi le dita tra i capelli annodati prima di distendere le braccia in un lungo sbadiglio. Un'occhiata alla sua camera, i resti della sveglia sono facili da individuare. E' la terza o la quarta a cui ha fatto fare quella fine nell'ultimo mese? Una bella manata in faccia per riprendersi del tutto, un tempo avrebbe mandato il mondo affanculo e si sarebbe rituffata nelle coperte. Ma le cose cambiano quando c'è qualcun altro a dipendere da te. Qualcuno che non può mica perdersi un giorno di scuola, visto che lei le tabelline non gliele sa insegnare.
    Ora fila a lavarti, su su! Siamo in ritardo!
    Ma-ma-ma io...
    Aaaaaawcristosantochecaruccio, certe volte non ci crede che quel cosino sia uscito da lei urlando. Gli morderebbe le guance per quanto è tenero la mattina, tutto imbozzolato dal sonno e dal suo bel pigiamino. Tra le sue mani, il peluches di un mostro con sei occhi.
    Ah-ah, cosa sentono le mie orecchie? Un bimbo che non vuole obbedire alla sua mamma?
    Sorridono entrambi, perché sanno cosa sta per succedere. Vertumna si riattiva, i muscoli improvvisamente svegli perché la leonessa sa che dovrà correre, o il suo cucciolo morirà di fame.
    Lo sai cosa succede, ai bimbi che non fanno i bravi?
    Lui indietreggia, finge uno spavento che non prova, di quelli che solo durante un gioco possono essere divertenti. Quando la mamma balza il cucciolo scappa a gambe levate, sgambettando verso il bagno a tutta velocità.
    RAAAAWRRR!
    Aaaaaaaaaaaaaaaaa!


    A che punto vi siete addormentate?
    Forse è stato il buio, forse il cullarvi delle onde in tra cui siete state gettate. Cosa ricordate prima di quello? Annie vi ha parlato di un posto in cui andare, uno da cui la morte sembrava essersi presa una vacanza. Vi ha chiesto di indagare, forse vi ha anche spiegato perché avrebbe dovuto essere una brutta cosa?
    Ricordate loro, sicuramente. Portatori del Carro, così li ha chiamati, non hanno spiccicato parola prima di chiudervi nella bara sulle loro spalle. Com'è che Annie li aveva capiti quando erano giunti a dare l'allarme? Com'è che capisce sempre tutti, a patto che attraversino la soglia del Ramo? All'ondeggiare del loro ballo s'è sostituito presto quello del mare in cui v'hanno buttato, ricordate lo splash! e forse la paura d'affogare, prima di rendervi conto che nemmeno una goccia avrebbe disturbato il vostro viaggio.
    Riaprite gli occhi nel medesimo istante, quando un soffice tunf v'avverte dell'incontro tra gli inconsueti mezzi nei quali avete solcato l'oceano e la bianca sabbia su cui si sono fermati. Il coperchio è facile da scostare, forse il vento basta a convincerlo ad aprirsi. L'aria che vi sfiora pizzica, bagnata dalla calda luce di una magnifica alba. Benvenute in paradiso.
    Innanzi a voi la skyline in penombra di una città lussureggiante, un'oasi tra le crudeli correnti del caos che conoscete. Voci distanti accolgono il vostro risveglio, la spiaggia prosegue infinita ai vostri lati e sulla sinistra, a qualche centinaio di metri di distanza, qualcuno sembra impegnato a tener vivo ciò che rimane d'una festa sulla spiaggia con tanto di chitarre, birre ed un morente falò.
    Innanzi a voi la sabbia chiara incontra una strada costeggiata da due file di palme, è li che scorgete la sagoma scura di una donna che cammina frettolosamente, trascinando per mano un bambino che sembra pronto ad addormentarsi sull'asfalto da un momento all'altro. E' lei la prima a vedervi, fermandosi per un attimo e sollevando una mano contro la luce intensa dell'alba per mettervi a fuoco. Per un attimo sembra indecisa, come stesse decidendo se salutarvi o meno. Quando poi nota come anche il pargolo stia sporgendosi dal guard-rail per guardare verso di voi sembra fare la sua scelta: distoglie lo sguardo, si dimentica di ciò che ha visto. Torna a camminare a passo svelto per la sua strada, come fosse in ritardo per qualcosa.


    Salve salvino signore, la quest ha inizio u.u
    La scena iniziale non riguarda voi, ciò che vi interessa è la seconda parte: iniziamo a cose già fatte, ergo a voi raccontare (nel caso lo vogliate fare) di come le vostre pg son venute a sapere della faccenda e del motivo che le ha spinte ad imbarcarsi nell'impresa.
    La situazione sulla spiaggia è abbastanza tranquilla, come descritto a fine post, ergo avrete un paio di giri tutti vostri per interagire e presentarvi, o fare qualsiasi altra cosa desideriate. Per dubbi o domande sapete dove trovarci!
     
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    Aveva tentato, invano, di lasciar fluire il profumo delle caramelle nascoste nella borsa anche in quel luogo. Qualcuno le aveva detto che al Ramo avrebbe trovato dei nuovi clienti, persone dalle tasche larghe e dal cuore svuotato, decise a riempire la propria giornata con nuove emozioni gentilmente offerte dal tizio che le sintetizzava. Eppure anche quella visita era stata un fallimento, soltanto gente ubriaca e con le guance che strabordavano di cibo: come si poteva offrir loro di più? Parevano tutti così soddisfatti, non avrebbero mai messo mano alle magiche tasche, nemmeno per un'emozione nuova promessa da una bambina con gli occhi neri. Nami sospirava, convinta di esser caduta nell'ennesimo scherzo di qualche ragazzino ingrato. Quante volte la avevano mandata in posti che poi si rivelavano essere buchi nell'acqua. In quelle zone non esistevano molte regole, ma a lei avrebbe fatto piacere perlomeno lavorare con delle persone capaci, non con dei marmocchi che spesso sbagliavano e le facevano perdere un sacco di tempo. Certo, avrebbe potuto cambiare padrone, ma si sa che son tutti dei tiranni e almeno ai mocciosi poteva tirare qualche sberla di tanto in tanto: uno sfogo genuino ma educativo. Era la legge del più forte a valere nella giungla e lei sapeva di non aver la stazza in grado al comando, perciò si rintanava in compagnia di esseri minuti e scheletrici, per sentirsi almeno più importante di loro. Lei aveva la forma d'una bambina, certo, ma dentro di sé possedeva un raziocinio tipico da adulta, un cuore sventrato che solo chi conosce il trauma può comprendere e un desiderio di guadagnare quasi ossessivo. Come tutti i poveracci, anche Nami sapeva pensare soltanto ai soldi, a quanti ne avrebbe fatti, a quanti ne avrebbe nascosti o rubati: per questo la infastidiva ancora di più perdere tempo, non si nasce mica per non essere produttivi, tsk. Al Ramo aveva sentito vociferare di una missione, una spedizione che avrebbe compiuto delle gesta che in futuro sarebbero state sicuramente ricordate. Ecco, a lei di questo non fregava nulla. Nessuno la conosceva, tutti la chiamavano "la bambina" e lei voleva solo vendere qualche pasticca. Forse aveva udito male, ma si parlava di gente che non moriva mai. "Quante cazzate" aveva pensato Nami, saranno dicerie, perché darvi peso? Ad ogni modo la locandiera parlava, spiegava la situazione e sembrava stesse reclutando volontari.
    Persone che non muoiono mai, hmm. Persone che compreranno per sempre le mie pasticche! Non era un pensiero così fuori dal mondo, se hai del tempo infinito a disposizione, sicuramente sarai molto annoiato e le persone annoiate in genere usano sostanze sempre nuove. Lei poteva diventare la novità del momento, la droga in caramella che sicuramente non era mai giunta sino a lì. Il nome del posto non era familiare e lei era l'unico corriere del suo giro, quindi sapeva con chiarezza che quella era terra di nessuno. Rivali? Puah, non conosceva la ricetta di quelle caramelle, ma chiunque le avesse provate le preferiva a qualsiasi altra droga: effetti meravigliosi, magici e che aumentavano ad ogni assunzione. Si sarebbe messa in contatto direttamente con il produttore, avrebbe scavalcato quei quattro idioti che in genere la trattavano come una marionetta da circo e sarebbe diventata lei l'esportatrice dello sballo nazionale. Un piano degno di gloria! Alzò il sopracciglio destro e si avvicinò con calma alla locandiera. Si propose, nonostante non avesse sentito parlare di ricompensa: ma se tutto fosse andato per il verso giusto lei avrebbe aperto un nuovo mercato e lì tutti la avrebbero rispettata. Altre due donne si erano unite a quella spedizione, oh, aspetta, di nuovo lei. Scrutava Ginny cercando di non farsi notare, una donna che inconsciamente le evocava sentimenti positivi; ma Nami non era in grado di comprendere a fondo le proprie emozioni e si chiese se questa sarebbe diventata una socia in affari, o al contrario se sarebbe stata d'intralcio. La riconobbe e pensò che questo fosse il momento giusto per dimostrare di valere di più di una donna adulta e misteriosa, bla bla la verità, la morte, bla bla, mentalmente stava muovendo le mani a becco d'anatra per storpiare il suo parlato. Decise che se avesse aperto un nuovo giro di droga, sicuramente Ginny la avrebbe trattata in modo nuovo, come una donna adulta e non più come una bambina che non sembra sapersi autogovernare. Ci fu un'altra tizia che partì con loro, ma Nami quasi la ignorò, perché sembrava avere un uovo in testa, molto ricamato eh, ma sempre un uovo e, dopotutto, lei era interessata alla fata vermiglia.
    --
    Si ricordava di una bara rosa luccicante, hai visto come di mostra di essere la più importante, eh, che bara fantastica. Se dovessi morire, la vorrei ancora più scintillante. Nami pensò che in un luogo in cui nessuno muore, non ci sono nemmeno le bare, e allora com'è che loro erano partite proprio con quel mezzo di trasporto? Il mondo è strano a volte. Spinse con una mano il lato della bara e il sole le fece bruciare gli occhi neri. Mise una mano a proteggersi la vista, si sistemò i capelli e rimase per un attimo inginocchiata nella bara. Che idea geniale, potrei morire ora, così mi lascerebbero in questa bara stupenda! Ma poco dopo cambiò idea. Era giunta in un luogo meraviglioso, pacifico e tranquillo, è ovvio che la gente non morisse con una spiaggia così paradisiaca. Nemmeno lei avrebbe voluto morire mai più, allora! Vide un falò abbandonato e accarezzò il lato della bara, sperando che almeno quella non sarebbe dovuta bruciare. Era legno, ma l'avrebbe tenuta e custodita gelosamente sino al momento prestabilito; ma sapeva con certezza che da dove veniva lei sarebbe stata uccisa per un possedimento così vistoso. Chiunque avrebbe fatto a gara per averne un pezzo e presto sarebbe diventata un bersaglio.
    Alzò lo sguardo e notò il perimetro celeste di una città palesemente ricca e florida, ricconi viziati, un classico. Nami tendeva a darsi risposte velocemente, non era una grande pensatrice. Secondo lei il mistero era già concluso: c'erano dei riccastri che volevano godersi il loro lusso sfrenato per sempre, fine. Non si poneva molte domande su come questo fosse possibile, sapeva che esistevano delle forme di magia, ma non aveva mai indagato molto, in effetti non capiva nemmeno le sue stesse azioni, figuriamoci quelle contorte degli altri. Però, se c'erano i ricchi, c'erano anche i soldi e questo pensiero la confortava, accarezzava l'idea del suo piano megalomane. Forse avrebbe davvero funzionato, sempre che nessuno fosse stato d'intralcio. E la locandiera? La missione? Per Nami quel compito sarebbe durato molto poco e alla fine avrebbe trovato il suo vero obiettivo. Presto sarebbe diventata così ricca che anche quel fornitore nascosto negli scantinati la avrebbe pregata di accettare i carichi di pasticche in omaggio. He he he.
     
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    Tutto muore, questa è la legge.
    Non era stata Ginny a deciderla, ne era mai riuscita a scoprire chi l'avesse fatto. Molte volte, quand'era piccola e viva, seduta sulle ginocchia di suo padre aveva chiesto chi fosse stato a trasformare il suo volto in quello d'un teschio. Molte volte era stata ignorata, perché diventare genitore cambia ogni uomo, ma Morte non era più tale da troppo tempo. La fiducia qualcosa che non si può donare quando il proprio cuore è fermo, ed infine Ginny l'aveva tradito, dandogli ragione mentre rubava dal suo collo la chiave per il Giardino che s'era rifiutato di curare oltre.
    E ciò nonostante, a quella legge era sempre stata ligia. Mietitrice di Vendetta, aveva consegnato molte anime alla grotta in cui suo padre risiedeva, ognuna di loro una scusa per l'ammutinamento di cui non si sarebbe mai davvero perdonata.
    L'aveva fatto per fede, all'inizio, perché anche chi non respira ha bisogno di credere in qualcosa. Giorno dopo giorno, vita dopo vita, aveva finito per capire il perché.
    La vita, come l'oro, è preziosa perché è rara. Ciò che ha un cuore che batte non è che una frazione infima di tutto ciò che esiste, e se il suo tempo fosse infinito quale scopo dare ad ogni suo istante?
    Ciò che aveva imparato, e che Morte aveva scordato, era che i mortali odiano ciò che è bene per loro. Detestano la pioggia che innaffia i loro campi, disprezzano il freddo che li costringe l'uno vicino all'altro e coloro che gli dicono di stare lontani dai molti velenosi piaceri, in cui da sempre amano annegare. Bambini eterni in un parco giochi troppo grande, il tempo non avrebbe curato la loro malattia e per questo li abbandonava, giunti al secolo o molto prima. Che guardassero Ginny e la sua stirpe con disprezzo quando uno di loro giungeva a riportare al Giardino ciò che una vita intera aveva distorto, così che il terreno fertile e l'aria pura potessero ridargli lustro, era segno che ciò che facevano era bene. O almeno lo era stato, prima che l'amore uccidesse il senno di Morte e rendesse ognuno dei suoi cuccioli un randagio, disposto a tutto per riottenere la guida perduta.
    Alcuni tentavano di diventare sovrani di se stessi, facendo proprie le anime che avrebbero dovuto traghettare. Altri indugiavano nei piaceri terreni, dimenticando il proprio scopo ed il contratto firmato con Morte il giorno in cui egli aveva fermato i loro cuori, ed elevato i loro spiriti.
    Ginny aveva trovato salvezza nella devozione alla causa per cui era stata cresciuta. Per questo, era lei ad uccidere tutti loro. Per questo, non esitò un solo istante quando la locandiera del Ramo alla fine del mondo le riferì del grido d'aiuto, lanciato dalle bocche mute dei danzanti guardiani giunti alla sua soglia.
    Dei molti spettacoli che non s'era mai resa conto d'essersi persa, l'interno di una bara era forse il più inaspettato ed ironico. Anche i mietitori muoiono, o così dovrebbe essere, ma aveva sempre creduto che le sue spoglie si sarebbero dissolte al vento, disintegrate dal tempo che nei suoi polmoni era ristagnato in forma di sabbia troppo a lungo, o che avrebbero giaciuto dimenticate in qualche terra lontana, ossa spoglie senza nessuno a voler dare loro sepoltura.
    Lo stesso non esitò, quando i portatori del carro aprirono per lei il coperchio del sepolcro per cui ballavano. Lo stesso non tremò, quando la bara venne chiusa ed il suo fato sigillato da coloro che della folle Morte erano stati giullari e messaggeri.
    Dall'acqua sorgeva la vita, aveva senso fosse sulle sponde d'un mare che chiunque avesse ordito la blasfemia che voleva epurare aveva eretto la propria casa. Il viaggio fu lungo, Ginny tenne gli occhi aperti quanto riuscì a farlo. Nel buio della sua acquatica fosse, sognò la schiena del padre a cui era stata lei a voltare le spalle. Udì parole, uscire dalle labbra che non aveva mai avuto. Al suo risveglio non riuscì a ricordare se fossero state d'incoraggiamento, oppure di condanna.
    Ci incontriamo ancora.
    Sapeva di non essere sola. Aveva udito altri bagnati tonfi, quando i portatori l'avevano consegnata alle maree. E sapeva come lavorava Annie, e quanto poco le piacesse affidare ad animi solitari i molti compiti che le venivano assegnati da chiunque nei mondi avesse bisogno d'un aiuto, e non sapesse a quale altro nume rivolgere le proprie mani unite in preghiera.
    Una bambina, ricordava il suo viso. Assieme s'erano addentrate già una volta dove non avrebbero dovuto, e benché i suoi pensieri non sarebbero corsi a lei avesse dovuto scegliersi un compagno, v'erano compagnie peggiori a cui avrebbe potuto trovarsi assegnata.
    L'altra donna non l'aveva mai vista, ma in fin dei conti non era importante. Ciò che lo era, era quanto i gioielli d'ambra incassati nelle orbite del teschio che adornava il suo viso le restituirono, del luogo in cui era giunta a portare la fine.
    E' un bel posto.
    Scavalcò il bordo della propria bara, assicurandosi che le armi a cui aveva dato i nomi degli unici compagni l'avessero mai fatta sentire a casa fossero ancora al suo fianco. Nel tocco di Molly, ed in quello di Jhonny, avvertì una malinconia che riconobbe a stento come riflesso della propria. Erano solo pezzi d'acciaio dopotutto, incapaci di provare rimorso. Qualsiasi sensazione attribuisse loro veniva da lei, e non era più tanto giovane o sciocca da permettersi di ignorare una così semplice verità.
    I resti d'un falò ormai prossimo al tramonto, note stonate vibrate dalle corde di una chitarra esausta quanto le dita di colui che la suonava. Una donna e suo figlio, a correre senza uno scopo, perché gli immortali non hanno ragione d'affrettarsi. Sabbia, palme, un sole caldo e l'aria che sapeva di sale. Della Morte sapeva molto, e per quanto fosse convinta del suo ruolo positivo non era disposta ad ignorare il dolore che sapeva di dover portare.
    Inspirò profondamente allora, si riempì i polmoni del vento salmastro e dell'odore di quel sole nascente. Godette per un istante dei suoi raggi, e del loro piacevole tepore. Consapevole, come lo era da sempre, di essere li non per bagnarsene ma per estinguerli.
    Peccato doverlo uccidere.
     
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    "La morte è stata bandita"
    Le ha detto.

    ...

    "Bisognerebbe indagare"
    Ha suggerito.

    ...

    "Potrebbe essere rischioso"
    Ha concluso.



    Tuttavia, della (forse?) lunga conversazione con la dea Callister ricorda ben poco e, ad onor del vero, non è stato lo strambo viaggio intrapreso a diradarle i ricordi in merito, ma piuttosto una consapevolissima, deliberata volontà di ignorare i risvolti negativi di un'esperienza dal suo punto di vista piuttosto allettante. Il perché, parecchio scontato, è presto svelato: dove c'è vita, ci sono ricordi. Chi ha più da raccontare è chi ha già scritto molte volte la sua storia ed è ben lontano, forse addirittura immune dal poterla interrompere al capitolo successivo.
    Vivere per sempre è davvero una condanna come suggerisce Annie? Solo a certe condizioni, risponderebbe.
    Mentre s
    .............p
    ...............r
    ................o
    .................f
    ..................o
    ...................n
    ....................d
    .....................a all'interno della sua bara in ciliegio si domanda che aspetto avrà questa versione di eternità, ed in che liquido quelle divinità ballerine l'avranno mai lanciata. In fin dei conti, era proprio necessario sballottolarla in quel modo? Trattiene il respiro e con esso, miracolosamente, quello che ha nello stomaco, augurandosi che per vivere per sempre non sia prima necessario morire. Oh, lo spettacolo che le tiene compagnia è magnifico di certo, ma andarsene così, senza che nessun altro possa vederlo, sentirlo...è una dipartita senza dubbio infame per un illu....

    tunf


    Ancor prima di finire il pensiero precedente la sua mente è già altrove, su quella che potrebbe essere sabbia. La sortita dalla bare è cauta, l----e----n----t----a, volta a concentrare tutte le proprie risorse in vista d'un eventuale attacco. Il suo coperchio è l'ultimo a scivolare via sul bagnasciuga - che siano gli altri, perché devono essercene, ad immolarsi per primi.
    Ciò che gli occhi di lava vedono è meno impressionante di ciò che si aspettava, ma per lo meno non vi sono sorprese in negativo e, ad una migliore occhiata, il materiale che ha dinanzi non è del tutto da buttare. Ciò che più l'affascina sono le compagne di viaggio, una poco più che una bambina, l'altra...un po' pallida.
    "Un gran peccato."
    Sorride sicura, muovendo le dita a mezz'aria, in un saluto alla donna dalla pelle rossa sulla strada. Né le tre bare né la loro presenza sembrano averla stupita più di tanto: forse è questo il mezzo di trasporto che si usa per arrivare in paradiso e, forse, ad arrivarci sono molti più di quanto non si creda.
    "Procediamo?"
    Non è tipa da convenevoli, non quando c'è l'eternità, letteralmente, da esplorare.
     
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    Per ora nessuno giungerebbe a disturbare le vostre pg: potete fare tranquillamente un altro giro voi!
     
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    Le aveva sentite dire qualcosa come "che peccato" riferendosi a quel luogo. Forse non aveva capito bene come avrebbe funzionato la missione: loro dovevano scoprire perché non si morisse più, giusto? E questo, per lei non aveva molto a che fare con la distruzione dell'isola. Le sue compagne erano probabilmente più combattive di lei, che avrebbe mandato in aria la sua vita per trasferirsi sull'isola a vendere pasticche. Le avrebbe controllate da vicino, per esser certa di aver un pezzo di terra da tutto quel frastuono, dopotutto bisognerà ottenere una ricompensa! Se loro avessero distrutto ogni cosa, a lei cosa sarebbe rimasto? Loro, forse, vedevano il bottino in modo diverso, ma per Nami non era altro che un compito qualunque, anche se la richiesta non era ordinaria. Non compieva spesso missioni per conto d'altri, di solito si limitava al suo piccolo traffico giornaliero, non era favoloso dover dipendere sempre da qualcuno che gestisce i tuoi guadagni... eppure, eccola lì, pronta e armata per quella richiesta fatta da una locandiera poco conosciuta.

    La donna sulla spiaggia aveva continuato il suo percorso come se niente fosse. Eppure le aveva viste, le bare e loro tre uscirne vive. Meh? Le persone sono strane, forse usa qualche sostanza, o forse è solo strana.
    Procedere? Facciamo un attimo il punto della situazione. Annie aveva detto di parlare con qualcuno?
    Si riferiva chiaramente alla donna della spiaggia, per lei era palese, voleva capire più a fondo i motivi della sua mancata curiosità. Forse quando si ha a disposizione una vita infinita non si dà più peso a nulla, chissà . La donna, il bambino, hmm. Qualcosa frullava nella sua testa, ma non riusciva ad aggrapparsi ai ragionamenti, non si sentiva lucida. Aveva appena passato troppo tempo a ragionar su come potersi tenere la bara rosa, ora non voleva mettersi davvero a pensare al mistero dell'isola. Che faticaccia. Era convinta che, partendo con altre due donne, loro sarebbero state abbastanza intelligenti da colmare le sue mancanze, quindi loro avrebbero dovuto ragionare e pensare, non lei. In fondo era "la bambina", no? Che ne sa una bambina di come funziona la morte?
    Scaricare il barile non funzionò a lungo, si sentiva già responsabile del lavoro che le era stato assegnato, anche se prima o poi se ne sarebbe andata. Va bene un lavoro, ma compierlo tutto quanto richiede tempo, fatica, una ricompensa di cui nessuno le aveva parlato e forse una buona prospettiva di clientela.
    E Ginny? Quella fata stregata era lì, pronta ad una nuova avventura, seria e misteriosa come sempre. A Nami scappò una risatina mentre la osservava, uuuuuh guardatemi, sono Ginny, ho un sacco di segreti e misteri tenebrosi nella testa, uh uuuh Non le importava se l'avesse notata, le piaceva prenderla in giro, visto il suo aspetto così serio e potremmo dire "professionale" per ciò che dovevano scoprire. Dalla sua, le pareva che un tono a quel modo fosse una costrizione, una sorta di armatura che poi non puoi più levarti di dosso. Chissà se Ginny aveva dei momenti veri, privi da quelle catene che lei stessa si cingeva attorno. Probabilmente le sue idee su quella missione riguardavano "la morte" o delle "verità mai conosciute", bla bla, tipical Ginny, insomma.
    Si rivolse poi alla sconosciuta.
    Oh giusto, non ci siamo presentate, io sono Nami. Vuoi un muffin al cioccolato?
    Aprì la mano destra, creando un piccolo muffin marroncino. Sembrava delizioso, eppure la creatrice non lo aveva davvero destinato a lei. Una risata malvagia le invase la testa, ma non voleva esprimerla subito, non così.
    E' per il bambino, così ce lo facciamo amico, no?
    Non sapeva se le compagne avrebbero seguito la sua pista, o se avesse davvero senso seguire quella donna invece di tentare un approccio alla gente del falò. Fu una mossa istintiva, diciamo. Così ripose quel muffin direttamente nella borsa colorata e rimase in attesa delle loro risposte.

    Edited by boide12 - 28/4/2022, 22:44
     
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    Ginny si inginocchia, mentre Nami rivela se stessa alla bionda ancora priva di un nome. Un tempo, scottata dalla più antica delle sue collaborazioni e dalla tragica fine cui era andata incontro, avrebbe impugnato il revolver al suo fianco pur di non doversi accodare ad un gruppo di sconosciuti. Ma da allora è passato molto ed il suo volo solitario è stato più volte intersecato, dalle rotte di volatili diversi e variopinti. Molly la prima ad averle insegnato a volare, Jhonny l'unico ad averle mai detto perché non farlo. Da altre voci la Vendetta ha imparato ad apprendere quanto può, prima di decidere se rivolgere loro contro il lato sbagliato di una pistola. Nami le insegna le buone maniere che suo padre non le ha mai trasmesso, perché la Morte si presenta solo dopo avere già preso ciò che è suo.
    Ginny.
    Mano nella sabbia, lascia che i grani candidi e ancora freschi per la nottata scivolino tra le sue dita. Di respirare non ha più bisogno da tempo ma il fiuto è il senso principe della caccia, e per lei che ancora non ha capito quale preda sta inseguendo si risveglia quando le narici inspirano appieno l'odore di quella terra sottile. Terra, mare e cielo, se li aspettava perché non v'è spiaggia non sia un confine tra quei tre regni. Tenta di scovarvi altro, perché i suoi occhi la ingannano e di questo è più che certa. La Morte, rinnegata da chi ne teme troppo, è quanto di più naturale accada a seguito della nascita. Chi ne fugge è un folle, chi la rifiuta uno sciocco. Se davvero nessuno ne era toccato entro i confini di quella cittadina, non v'era anima non fosse l'una o l'altra cosa. E folli e sciocchi, per come ne aveva conosciuti lei, non erigevano macchie di paradiso perdute tra sabbia e palme.
    Non sembrano armati.
    Sparare le è sempre riuscito meglio che indagare, ma non è digiuna all'arte della deduzione. La maniera più semplice per capire sarebbe stata individuare un bersaglio e scaricarvi addosso un caricatore, per osservare con i suoi occhi il miracolo che l'avrebbe mantenuto in vita. Morte l'ha cresciuta in maniera discutibile, ma non per permetterle di portare a termine compiti in maniera tanto grossolana. Scegliendola come ultima risorsa, Ginny si dice che dopotutto il tempo è esattamente ciò che non manca loro da quando in bara hanno solcato i confini della cittadina. Lei non invecchia da molto, e da altrettanto non può morire. Le donne accanto a lei, invece? Se tagliasse loro la gola risorgerebbero, succubi dello sconosciuto incanto per cui i Portatori del Carro s'erano trovati senza un'occupazione?
    Ne allarmati.
    Persone come tante altre, forse inconsapevoli della loro immortalità. Nessuno giunge a possederla senza avere sacrificato qualcosa ma non sarebbero stati i primi, ad averla ottenuta per fortuna o per sbaglio. Eppure, di fronte a straniere giunte tramite il simbolo di ciò da cui erano fuggiti non v'era alcuna reazione. Solo una donna ad osservarli da lontano, decidendo poi che il suo incedere fosse più importante di un secondo e più curioso sguardo.
    Eppure io combatterei, per un simile eden.
    Lo farebbe, perché nessuno veste i propri panni così a lungo senza imparare a conoscerli. Morirebbe per questo, perché conosce la forza a cui si ritroverebbe opposta. L'eternità è un concetto astratto per ciò che vive, un asintoto ideato solamente per non essere raggiunto. Al proprio mietitore si può fuggire a lungo, ma non per sempre. Non fossero stati vittime dell'incanto che era giunta per spezzare, quanti di loro sarebbero già stati sottoterra?
    Loro?
    Un sopracciglio alzato senza motivo, in fin dei conti un inizio vale l'altro. La donna a cui l'innominata tra le sue compagne aveva rivolto un cenno, ed al cui figlio Nami proponeva di offrire dolcetti, camminava abbastanza svelta da apparire in fuga e forse per questo appariva appetibile agli occhi di predatori poco avvezzi a ricoprire quel ruolo. Molto da scoprire, e lei l'avrebbe fatto. Pronta ad avviarsi verso madre e progenie se fosse stata quella la direzione intrapresa dalle altre, Ginny si chiese se davvero non stesse scappando da loro. Per quale altro motivo se no, un immortale avrebbe dovuto affrettare il proprio incedere?
     
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    L'illusionista non fa in tempo a rifiutarlo, che il muffin materializzatosi nella mano della bambina è già sparito all'interno della sua appariscente borsetta. Alla sua idea, piuttosto banale, invero, si limita a fare spallucce, completando il giro di presentazioni con il suo nome.
    Callister apprezza il punto di vista di Ginny, maggiormente...centrato, ma, come dimostrato dalle fossette che le solcano le guance, non lo condivide del tutto.
    "Non sembrano, per l'appunto. "
    Sorride, sollevando un po' di sabbia con la punta della scarpa. Nessuno meglio di lei, probabilmente, può sapere che non tutto ciò che si percepisce è reale.
    "Ammettiamo, ad ogni modo, che non lo siano. Dopotutto, da cosa dovrebbe difendersi un immortale?"
    Che gli abitanti dell'eden possano morire per poi risorgere o non morire mai, il risultato non cambia: nulla può spezzare il cerchio, nemmeno delle divinità. Forse non esiste una soluzione definitiva per quel mondo anomalo e se c'é, deve essere talmente ben nascosta da risultare misconosciuta anche a degli esseri superiori. Certo è che la strada per il paradiso non è aperta a tutti, o, diversamente, non vi sarebbe più nessuno a popolare gli altri mondi.
    I resti del falò e chi tenta ancora di tenerlo in vita potrebbe essere un punto di inizio, ma la Viandante dubita che laddove c'è alcol e spasso in quantità vi possa essere qualcuno disposto a parlare con loro, o quantomeno in grado. Per tale ragione, dirotta la sua scelta su quella che sembra allettare di più le sue compagne, mentre la mano sinistra incarcera una ciocca bionda nella curva disegnata dall'orecchio.
    "Perché no. "
    Scrollandosi di dosso il torpore che in parte ancora percepisce, affonda i suoi passi nella rena, diretta verso la strada alberata.
     
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    dalla stella che brilla di meno...un BUCO NERO O_O

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    Verso la strada dunque. Verso la donna che ha ormai smesso di guardarvi e con al seguito il figlio s'è avviata lontano, verso faccende più importanti che scrutare tre sconosciuti giunti in bara sulle sponde della sua amata casa. Un immortale di fretta, controsenso non diverso dai troppi che vi sommergerebbero se solo iniziaste a pensarci. Meglio l'azione allora, mettere un passo dietro l'altro: Callister la prima a scegliere ed avviarsi, la prima pronta ad abbandonare il fazzoletto di sabbia fine e candida a cui i Portatori v'han consegnato.
    Sono li, se solo vi voltaste. Le gambe immerse fino al ginocchio nel mare che confina con la terra da cui son stati esiliati, gli abiti eleganti macchiati dal sale di quell'acqua cristallina, senza una bara sulla spalla nessuno di loro balla più. I volti seri ed immobili, gli occhiali da sole a render difficile interpretare la direzione del loro sguardo. Le loro mani tese in aiuto perché ognuno di loro indica a dito teso la medesima direzione: quella in cui Callister s'è avviata, la stessa intrapresa dalla figura che avete scelto di seguire. La stessa su cui il vostro viaggio ha davvero avuto inizio: non è certo rimanendo su quella spiaggia a scambiarvi opinioni e pensieri che potrete aiutare coloro che v'hanno consegnate alle onde che infine v'han condotto quaggiù. La stessa su cui la venditrice di sogni infranti e ricordi contraffatti incontra il vostro primo contatto nella maniera più diretta possibile.

    SBAM!


    Ouch!
    Perde l'equilibrio, lo recupera, lo riperde per i capelli quando si lancia per afferrare al volo il braccio dell'illusionista che ben più piccola di lui ha subito maggiormente il contraccolpo del loro schianto; riesce infine a mantenere in piedi tanto lei quanto se stesso ed al contempo salvare la maggior parte del cocktail che regge nella mancina, e tutto questo prima ancora che tutte voi riusciate a registrare il suo viso: la lascia andare dopo essersi assicurato della sua stabilità, scrutandovi con gli occhi sorpresi di chi non s'aspettava proprio di trovar qualcuno sulla propria strada.
    Scusa scusa, colpa mia!
    Sorride imbarazzato per l'accaduto dopo essersi fatto sfuggire lo spettro di un'imprecazione, essendosi accorto d'aver bagnato la propria camicia con quanto dell'alcolico dal bicchiere miracolosamente intatto non è riuscito a salvare. Solo allora sembra mettervi davvero a fuoco, dissipare la distrazione che l'ha portato ad incrociare in maniera tanto violenta la vostra strada e lo stordimento dell'impatto. Corruga le sopracciglia, la fronte s'increspa sui bizzarri tatuaggi che vi tracciano numeri e simboli. Non perde per un istante lo sghembo ghigno che taglia il suo viso e che allunga ad ognuna di voi, assieme ad occhi forse un po' troppo affascinati per un incontro fortuito.
    Uhm...ci conosciamo?
    O forse è solo la vostra immaginazione, forse è normale che un ragazzo incontrato in spiaggia sorrida a quella maniera a donzelle dall'aspetto tanto sperduto. I Portatori non ci sono più e nei pochi istanti dell'improvviso scambio la donna che per prima v'ha visto è svanita sulla sua strada, ingoiata dall'ombra delle palme e dai riflessi scintillanti del sole sulle pareti dei palazzi. Sapete in che direzione è diretta ma ha davvero senso mettersi al suo inseguimento, ora che qualcuno di ben più disponibile vi è letteralmente caduto addosso?
    Non v'ho mai viste da queste parti.
    Potrebbe sembrare un'accusa non fosse seguita dall'occhiolino che lo sconosciuto rivolge alla più piccola di voi. Immortali, ve li eravate immaginati diversi? Forse non ha senso guadagnarsi l'eternità senza sapersela godere. Forse non sono loro i cattivi di questa storia, ma coloro che v'hanno mandate a fare a pezzi il paradiso.

    Edited by r a v - 12/5/2022, 14:47
     
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    sono arrabnbiata issima cont utt9i suojl rave à vkiposdhf

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    A Nami gli uomini piacevano poco, in genere con lei non avevano buone intenzioni e spesso li equiparava a dei maiali sudici alla ricerca di un tesoro che non troveranno mai. Quel tizio era uno dei tanti, uno che, fosse stata da sola, avrebbe meritato una pugnalata sulla spalla. Non sapeva come avrebbe reagito, se erano tutti immortali, forse non avrebbe accusato dolore o ferite dai colpi. La rabbia ribolliva e si sentiva sempre più tesa. Sguardi del genere ne aveva visti fin troppi, troppi per non infuriarsi anche per i gesti più piccoli. Eppure, non aveva ancora capito molto del loro compito: Ginny e Callister avrebbero goduto piacevolmente di una distruzione totale di quel luogo, lei non ne era certa. Chiunque avrebbe cercato un posto vantaggioso in quella società, al posto di distruggerla. Eppure loro, le grandi eroine con cui era partita, sapevano pensare soltanto alla distruzione. Avevano sguardi seri, impassibili, come i soldati che aveva visto nei film americani da piccola. Chissà che Ginny non avesse in tasca delle barrette di cioccolato da regalare ai bambini liberati. Un'immagine simpatica ed irrealizzabile per una musona come lei.
    Non ti preoccupare. Hai fame? Dopo l'alcol è sempre meglio riempire lo stomaco. Tieni.
    A Nami nessuno aveva mai raccontato la favoletta del non accettare caramelle dagli sconosciuti, sinché la sconosciuta era divenuta lei e cercava proprio l'effetto peggiore delle sue azioni. Dalla borsa estrasse una sorta di pistola rosa, sembrava un comune giocattolo per bambini. Premette il grilletto in direzione del ragazzo, tentando di scagliare velocissimo un lecca lecca ustionante sulla sua mano. Questo è per l'occhiolino, schifoso.
    Forse non si sarebbe neanche accorto del torto subito, se l'alcol avesse preso possesso di quel corpo lei avrebbe potuto affogarlo, ustionarlo, rinchiuderlo in una casa di mashmallow.
    Vedeva le sue compagne e non si sentiva più tanto diversa: stava escogitando un piano per uccidere un tizio che le aveva fatto l'occhiolino, tutto nella norma. Le reazioni impulsive erano le sue preferite ed anche in quel caso non fece un minimo riferimento alla piccola razionalità contenuta nel suo cervello allagato dalla rabbia.
    Cercò di mantenere un sorriso in volto, seppur forzato. Non voleva dare l'idea della strega cattiva che tenta di avvelenarti, bensì di una bambina ingenua che aveva sbagliato il dolcetto da regalare.
    Decise che se non si fosse data una mossa, le sue compagne avrebbero trovato un modo di distruggere quel luogo troppo velocemente, doveva fermarle e proporre soluzioni migliori, anche se non ne aveva. Si diresse verso dove andava la donna con il bambino, consapevole della distanza che le separava. Non avrebbe avuto a che fare di nuovo con quel tizio, uno sicuramente inutile alle loro indagini. Quanto avrebbe voluto fargli la festa e procedere, ma no, doveva dimostrarsi più forte, quella che non ha la violenza come prima risposta a tutto.
    Ci muoviamo? E' già lontana.
    Nami iniziò a correre in quella direzione, con la borsa che sbatteva a ritmo alterno sulla coscia e con la sensazione che quel tizio, in fondo, poteva tornare più utile della donna fuggita che cercava disperatamente di trovare. Sentiva l'aria gonfiare i suoi polmoni bruciati da anni rinchiusa in un undercity con poco ossigeno, le sue gambe sottili non abituate a quello sforzo che cercavano di esser più veloci, come se stesse scappando da qualcosa o da qualcuno.
     
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    Non tutti gli immortali sono impervi ad ogni pericolo, avrebbe voluto dire Ginny. C'è chi mette un fermo all'invecchiamento della propria carne, respingendo la vecchiaia ma non potendo nulla contro una lama. Chi si indebita con demoni ed orrori per ottenere un corpo capace di rimarginare ogni ferita, chi passa da corpo in corpo così da non dover mai temere i legacci della materia. Nessuno di loro immortale per davvero, perché l'eternità è un concetto umano e come tanti di quelli forgiati dalle loro menti più brillanti non ha riscontro nella più pragmatica realtà. Si può vivere a lungo, lo si può fare fino ad avere la nausea degli insignificanti problemi per cui i condannati si arrovellano nel tribolare delle loro esistenze. Ma se neppure la Morte fugge alla propria falce, chi non la impugna non ha altra speranza che poter correre lontano dalla sua lama fino al giorno in cui le sue gambe saranno troppo stanche per muovere un altro passo.
    Sapeva tanto a riguardo, troppo perché simili fuggiaschi erano stati i primi a cadere vittime della spada che suo padre le aveva donato. Un tempo erano loro il nemico, loro la nemesi di chi in nome di Morte sventolava il suo vessillo. Tanto era cambiato da allora, e la possibilità di spiegare a Callister ciò che Morte stesso le aveva delucidato la riempiva di una dolce nostalgia che il suo cuore immobile si rifiutò di abbracciare. Mietitori randagi, anime stagnanti ed ogni tipo di aberrazione era sorta dal giorno fatidico in cui suo padre aveva scelto di rinnegare il proprio scopo. Una città d'immortali non si sarebbe mai sentita ai suoi tempi. Ora, era tra i mali minori le fosse capitato d'abbattere nell'ultimo periodo.
    No. Non ci conosciamo.
    Nessuna lezione, ogni intenzione interrotta dallo schianto che rischiò di mandare Callister a gambe all'aria. Una figura gioviale, autoctono dalle strane pitture in fronte, comparve all'improvviso mostrando a Ginny quanto i suoi stessi pensieri l'avessero distratta dal presente, permettendogli d'avvicinarsi non visto o percepito.
    Avevano pensato di seguire la sconosciuta che li aveva scorti, e per un attimo individuati. Domandarle il motivo di un'omertà che forse non era tale, perché andarsene non equivaleva ad averlo fatto per sempre e per quanto ne sapevano avrebbe potuto essere in rotta per chiamare rinforzi, chiamare altri per occuparsi dei foschi invasori della sua terra. Ma chiunque sarebbe andato bene, perché chi non ha nulla non può permettersi di fare lo schizzinoso. Le informazioni scarse, il vento taceva sul conto di quella cittadina all'apparenza normale. Un informatore era necessario, e pochi sarebbero stati adatti quanto un giovane uomo ubriaco ed in vena di fare nuove conoscenze.
    Io mi chiamo Ginny.
    Un rischio calcolato, preso nell'istante in cui Nami puntò la propria ridicola arma e premette il grilletto. Avrebbe potuto intercettarne la zuccherosa cartuccia, sfidarne la glassa con la lama della sua spada, ma un nome valeva poco rispetto alla consapevolezza di quanto un nemico fosse abile e capace. Ginny Deathface, mietitrice di Vendetta, di storie su di lei ne giravano a sufficienza da permetterle di temere reazioni inconsulte da parte di chi avrebbe potuto riconoscere nel suo viso il cognome che aveva taciuto e nelle armi che portava al fianco la fine che giungeva per chi la incrociava sul proprio cammino. La ferita non avrebbe dovuto essere seria, il dolore temporaneo, poco più del pizzico subito in un sogno ormai scordato in petto ad un'eternità di spiagge calme ed albe magnifiche. Ugualmente la Vendetta fece un passo in avanti, avvicinandosi all'uomo, privando Nami persino del diritto ad un'occhiata perentoria d'avvertimento verso coloro che aveva appena rischiato di tradire.
    Tu, invece?
    Chiacchiere e buone maniere, non tentava da molto un simile approccio perché era con le armi fino ai denti che i mortali erano soliti accoglierla dopo averne udito i raggelanti passi. Non per questo gli era avversa, e se davvero avesse potuto ottenere da quel giovane ciò che voleva senza ricorrere a violenza e terrore entrambi v'avrebbero solamente guadagnato. La consapevolezza di un dovere non ne rende più piacevole l'esecuzione, e per quanto certa fosse della fine che avrebbe dovuto portare all'incessante serie di splendidi tramonti non avrebbe affondato la lama con gioia, ne festeggiato nel chiudere quella pratica. Si erano divertiti a lungo, abbastanza perché qualcuno comprendesse quanto innaturale fosse il loro spasso innaturalmente prolungato. Le membra stanche chiedevano una pietà che lei sola avrebbe potuto dargli, dopo troppe notti passate a danzare e nuotare.
    Sembra sia stata una bella festa.
     
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    Non capisco che c'è di male. Non essere ingenua, non pensavo fosse necessario spiegarti anche l'ovvio. E cosa sarebbe l'ovvio?? Che c'è che non va nel non morire? Mi sembra esattamente quello che vogliamo! Equilibrio, Ordine, Giustizia sono le cose che vogliamo, accettare un'anomalia solo perché apparentemente conveniente è la definizione di Ingenuità. O magari non c'è nessuna anomalia, è tutto come dovrebbe essere e dovremmo rovinarlo senza motivo. Ancora ingenuità. Non mi aspettavo un pensiero così risibilmente infantile. Hai ricevuto il tuo ordine Dissidia, non chiedere che venga ripetuto, fai disonore al tuo stesso nome. La conversazione è conclusa, mi sono spiegata? ... Sissignora.

    Non dovrebbe essere qui.
    E' il primo pensiero a risvegliarla, mentre la cassa ancora le ondeggia attorno, mentre il sole dell'alba le riempie gli occhi e si trascina a fatica oltre il legno, fino a cadere mani e ginocchia nella spiaggia bianca. No, sbagliato, quasi, non Vorrebbe essere qui suona meglio. A quanto pare però, il problema è proprio nella differenza tra ciò che vuole e ciò che deve.
    Con un sospiro, a metà con un ringhio sfinito e irritato, Eden si costringe in piedi, l'acqua salata a riempirle gli stivali e la sabbia ad appiccicarsi sulle mani, se le sfrega per liberarsene ma è fatica sprecata. Irritante, solo l'ultima delle tante cose mortalmente irritanti che sembrano perseguitarla in quel giorno.
    In quel Bellissimo giorno, a quanto pare. Ancora accecata, nasconde il sole tra le dita mentre occhi azzurri percorrono la spiaggia, a malapena capaci di scorgere le due figure che crede di aver percepito nella cassa con lei ma che ora già avanzano verso l'orizzonte.
    Spiaggia bianca, mare cristallino, luce calda, l'aria porta nel naso e nelle orecchie i rumori e gli odori di Vita. Una bellissima mattinata di un bellissimo giorno in quello che non fa fatica a definire un paradiso.
    Sarebbe stato più facile, se almeno si fosse ritrovata in un angolo di universo spezzato e dimenticato, brulicante di vita spezzata ma inesorabilmente attaccata alla sua persistenza, come muffa sul fondo di un secchio? No, non lo sarebbe stato. Ma almeno sarebbe stato più facile mentire a se stessa.
    Osservare e Capire, le hanno detto i suoi nuovi Superiori da qualche parte, nel cranio, risuona indesiderata la parola Padroni, ci hanno tenuto molto a specificarlo, prima e dopo la sua sfuriata, non ti mandiamo mica a sgozzare innocenti Dissidia, è soltanto una missione di indagine Dissidia, proteggere la vita è anche assicurarne il giusto corso Dissidia DISSIDIA DISSIDIA DISSIDIA.
    Gran bella Dea del Niente e del Nulla.
    Senza neanche l'autorità di rispondere No, non che avrebbe risolto niente visto che avrebbero mandato qualcun altro, e di certo senza neanche da lontano l'autorità di far annullare Qualunque missione.
    E allora forse è meglio così, è l'unica bugia che Eden riesce a raccontarsi, mentre gli stivali affondano nella sabbia a ogni passo e il peso di Verum Rex sulla schiena non è mai stato così insopportabile. Meglio che ad osservare e valutare sia lei. Che a decidere se davvero serva intervenire sia qualcuno a cui di quella fantomatica vita freghi qualcosa.
    Le due figure che l'hanno preceduta si fanno più definite ad ogni passo, nessuno che ricorda di aver incrociato alla base, ma a quanto pare la richiesta di intervento è stata molto più ampia del previsto, abbastanza perché non si limitasse ai soli Serpenti ma a qualunque Viaggiatore che abbia fatto del saltare da un universo all'altro la sua vita. Vede due donne che non riconosce, accompagnate da un uomo evidentemente del posto. Sorriso smagliante, camicia orribile, odore di alcol. Oh si, chiaramente una pericolosa anomalia del cosmo da estirpare, eccola, è già pronta a estrarre la spada per falciarlo li sul posto e terminare l'orribile abominio che è il suo essersi fatto una festa in spiaggia felice e contento.
    Ingenua Dissidia, così ingenua, così giovane, così stupida, così ARGH.
    E' costretta a mordersi le labbra per non gettare un grido di rabbia dal nulla appena riuscita ad avvicinarsi al gruppo, e tutto quel che riesce a fare per sfogare il getto di fiato che le arde sulla lingua è sputare fuori la prima cosa che le viene in mente mentre ascolta le loro ultime parole.
    Un peccato essercela persa.
    Di nuovo si trattiene a stento dal mordersi la lingua, a quanto pare troppo irritata per rendersi conto di essersi appena infilata senza preavviso nella discussione. Perché poi sia stata l'ultima a svegliarsi da quel viaggio in mare non ne ha idea, a quanto pare persino i Portatori si saranno accorti che qui è l'ultimo posto di tutti i mondi in cui si vorrebbe trovare.
    Nel bel mezzo di un paradiso, circondata da immortali, con lo specifico compito di indagare per scoprire se tutto questo debba avere fine.
    Viene quasi da ridere. Persino in paradiso, tutti sono felici, tutti sono contenti, tutti hanno tutto quello che vogliono, tranne lei.

    Hello, B mi ha invitato al posto della sempre compianta Astril e io ho accettato, mi spiace. Considerato i due giri e circa 10 metri massimo, ho pensato che non servisse neanche fare retcon e semplicemente Eden è l'ultima ad essere uscita dal trasporto e vi ha raggiunte mentre stavate parlando soltanto adesso.
     
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    Aaaahio!
    Ed infine la tragedia si consumò. Il lecca lecca rovente colpì la mano dell'ignaro ragazzo, ancora intento a sgranare gli occhi per capire cosa fosse lo strano aggeggio che la ragazzina aveva estratto dalla propria borsetta, provocandogli una leggera ustione e strappandogli un urletto ben poco virile. Le dita s'aprirono, l'equilibrio andò a quel paese e finalmente il suo culo secco raggiunse la sabbia a cui era stato promesso. Ma ciò che era peggio, ciò che davvero ruppe il suo spirito mettendo definitivamente fine per quanto lo riguardava alla festa che il sorgere del sole aveva già tentato di smorzare, fu il drink che stavolta non fu in grado di salvare. Lo vide cadere come a rallentatore, il colorato liquido innalzato in una turbinante scia di gocce che risplendevano alla luce rosata dell'astro nascente, una spirale di luce a rappresentare ogni possibilità che avrebbe potuto essere e che invece non sarebbe mai nata. Fino a quando con un leggero tonfo il bicchiere di plastica non toccò tragicamente terra, il suo contenuto trasformato in una macchia scura sulla candida sabbia.
    Oooow, eccheccavolo.
    Avete mai visto uno sguardo tanto triste? Probabilmente si. Non un dolore così profondo rivolto ad un bicchiere di alcolico slavato andato perduto forse, ma per quanto non appaia come tale quel ragazzo è uno dei famigerati immortali a cui siete giunte a dire che la festa è finita no? Forse è solo appropriato che il vostro primo incontro con uno di loro sia iniziato a quel modo.
    Si riprende velocemente comunque, alzandosi e spazzandosi i bermuda in cui sente già la sabbia grattare dove non dovrebbe. Uno sguardo rapido ad una Nami ormai lontana, intenta ad inseguire lo spettro del primo sguardo che qualcuno le ha rivolto, recupera il sorriso quando si scopre circondato da bellezze particolari ma non per questo meno abbaglianti.
    Phew...Tommy, comunque. Tommy Vercetti e oh, potete dirlo forte! Ma non temete, stanotte ce ne sarà un'altra. E quella dopo ancora, e quella dopo ancora...
    Il suo sguardo si perde un attimo verso l'orizzonte da cui siete giunte, ignora le bare che alle vostre spalle danno chiari indizi su come siate giunte. Anche i portatori del carro non ci sono più, riassorbiti dai flutti che v'han trasportate su lidi ben più quieti di quanto non ve li foste immaginati. I suoi occhi si stringono appena, come cercassero di concentrarsi su qualcosa...
    Ma dura poco e l'istante successivo torna a sorridervi, sbattendo tra loro le mani ed alzandone una ad indicare una baracca dal tetto di paglia poco lontana.
    Consideratevi invitate naturalmente! E uhm, il bicchiere della staffa mi ci vuole. Voi lo volete un drink?
    Muove qualche passo in direzione di quello che dev'essere un bar da spiaggia, a giudicare dagli sgabelli che circondano il suo perimetro. Nonostante l'orario mattiniero pare esserci qualcuno dietro il bancone ed a pensarci se a nessuno di loro tocca morire, il riposo gli è davvero necessario?
    Certo che lo seguirete come qualcuno che v'ha appena offerto qualcosa d'irrinunciabile si volta ed è solo allora che grattandosi il capo vi pone una domanda innocente, ma tra le molte a cui forse non vi è dato rispondere.
    Se non siete di qua...da dov'è che venite?


    Lontana e sola, a Nami bastò poco per abbandonare la spiaggia su cui era giunta in una cassa. Pochi gradini la innalzarono al livello della strada costeggiata da enormi palme dalla quale la donna che s'era messa in testa di seguire l'aveva guardata pochi minuti prima, attraversarla fu facile visto il traffico quasi nullo che la occupava al sorgere del sole. Una sola decapottabile gialla sfilò a tutta velocità sull'asfalto prima ancora che lei potesse mettervi piede, a seguirla una coppia di ragazze sui roller ed una sola bicicletta a procedere in senso opposto. Nessuna traccia della figura di cui aveva incrociato lo sguardo, dov'è che poteva esser sparita? Il suo passo era sembrato piuttosto concitato e le gambe di Nami erano troppo corte per tenerne il ritmo. Addentrarsi in città sembrava l'unica opzione disponibile, la via per farlo una solamente e nell'addentrarsi nella sonnolenta area suburbana la piccola spacciatrice si ritrovò a passare accanto al più nutrito gruppo di persone avesse visto fin'ora in quell'insospettabile paradiso, composta perlopiù da bambini di un'età simile a quella che lei stessa mostrava ed una manciata d'adulti intenti ad accompagnarli in quel luogo di ritrovo. Dalle sue parti non c'erano, ma una viaggiatrice navigata come lei doveva pur riconoscere una scuola quando ne vedeva una no? Gli alunni non più di una sparuta cinquantina, non molti per un edificio di quelle dimensioni. Niente di interessante comunque, la donna che stava inseguendo non era tra loro. Avrebbe potuto procedere con la sua ricerca, battere quella stupida cittadina palmo a palmo se fosse stato necessario...se solo una mano paffuta non fosse sbucata da quell'ammasso di marmocchi, stringendosi con forza al suo polso.
    Hey, tu.
    Capelli spettinati, volto pieno, un paio di corna a svettare sulla fronte. Non erano suoi gli occhi che s'era messa in testa di pedinare, eppure...non era il ragazzino che quella donna teneva per mano e che aveva trascinato via in tutta fretta dopo averle viste arrivare?
    Ti ho vista sai. Chi sei? Perché ci segui?
    La stretta sul suo polso era salda, lo sguardo che il ragazzino le rivolse indagatorio. Lui...quanto sapeva? Gli immortali non invecchiano, non tutti almeno. Possibile che proprio come lei anche quel bamboccio avesse molti più anni di quanti il suo aspetto non lasciasse intendere? Che senso aveva la scuola, però, allora. Che senso fingersi ragazzini e far quanto era loro necessario per crescere come cittadini sani e responsabili, se lo erano già da decenni o ancor di più. La tensione era palpabile, eppure scemò presto quando campanella trillante suonò ed una voce limpida e musicale chiamò a raccolta la variopinta marmaglia.
    Avanti bambini...tutti dentro, su! Le lezioni stanno per iniziare!
    Sull'uscio della scuola una figura affascinante, il suo richiamo bastò a sedare il chiacchiericcio dei bambini e farli confluire all'interno. Gli adulti si chinarono a salutare i loro figli, un bacio sulla guancia o una raccomandazione severa, un paio portarono i bambini più piccoli in braccio fino all'ingresso...persino il ragazzetto paffuto che aveva agguantato Nami si voltò verso la donna sbuffando, ed avviandosi nella medesima direzione di tutti gli altri.
    Siii maestra Persy...
    Eppure nemmeno per un attimo la sua presa su Nami s'allentò, finendo per trascinarla inesorabilmente verso l'interno dell'edificio scolastico...a meno che lei stessa non avesse avuto qualcosa da ridire a riguardo.
     
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    Ginny se lo chiede, mentre osserva un ragazzino comportarsi come tale e piangere le spoglie di un bicchiere caduto. Si domanda, con la saggezza da cui solo chi ha visto troppe lune è maledetto, se ogni mistero valga il lavoro necessario a svelarlo.
    Ha svolto innumerevoli pratiche, prima per suo padre e poi per se stessa, in ricerca di prima un'approvazione mai davvero giunta e poi di un perdono, che sa di non meritare. Più affilata dopo ognuna di essere, perché la mente è una lama speciale e s'affina anziché smussarsi ad ogni colpo, fino a giungere alla consapevolezza di quanto spesso uno scopo venisse confuso per un altro da chi non aveva occhi a sufficienza attenti, o l'esperienza adatta a quel fine.
    Mentre Nami corre via ed una terza inviata si unisce alla spedizione, assecondando la sua innocente recita, ricorda come lo scopo che Annie ha dato loro fosse quello di porre fine a ciò che dalla propria conclusione era fuggito troppo a lungo, e non quello di comprenderlo.
    Un segreto rimane tale solo se non v'è nessuno a poterlo raccontare, neppure coloro che prometterebbero di trascinarlo nella tomba. Lei non faceva eccezione ed allo stesso modo, le compagne che i portatori avevano gettato in mare al suo fianco non sarebbero state garanti migliori. A che pro porre termine ad un paradiso irrealizzabile, se altri identici avrebbero potuto sorgerne a causa loro?
    Le servivano informazioni, perché una lama ha bisogno di sapere dov'è il collo che vuole recidere. Ma nel cercarle non avrebbe scordato di tracciare un limite, al fine di rendere il sacrificio che era stata chiamata a compiere altro che superfluo.
    Accettiamo volentieri.
    L'apparente pace era sospetta quanto il silenzio che precede uno sparo, ma comoda al fine dello scouting di cui quell'area necessitava per iniziare a raccontare qualcosa d'altro oltre a ciò che il suo aspetto aveva da offrire. Quando Tommy si mosse trovò Ginny a seguirne le orme, ben disposta all'idea di rendere più profondo lo stato d'ebrezza di cui forse il ragazzo era già affetto nel tentativo di scoprire se v'era qualcosa di utile che lui potesse dirgli prima d'essere abbandonato alla dissolutezza.
    Così tante feste...
    La domanda di Tommy era legittima, ed anche una delle molte a cui Ginny non avrebbe risposto. Ignorare un problema non sempre è sufficiente a prendersene cura, ma auspicarne l'oblio sollevando questioni differenti era una strada che valeva la pena percorrere e nel farlo la mietitrice si voltò verso colei che seguiva entrambi, la guerriera dalla chioma d'oro, rivolgendole un'occhiata che sperò loquace abbastanza da convincerla a non deviarne.
    Non diventano noiose?
    La chiacchiera è un dolce diversivo nel quale sa di non eccellere, eppure non è raro che la sicurezza sia un'armatura sufficiente a reggere ai colpi di uno sguardo in cerca della verità che non è convinta il giovane stia cacciando. Nel camminare verso il bar dove è certa le verrà offerto un alcolico slavato e dolciastro, Ginny si domanda quale valuta possa essere appropriata in una città in cui il trapasso è solo un ricordo. Così tante feste, i partecipanti non sembrano essere molti ed i palazzi, e le strade non possono certo essersi costruite da sole. Un architetto invisibile, o forse molti ben più mondani, di chi può aver edificato il paradiso sa il poco che sa di tutto il resto. L'ignoranza è un nemico insidioso, dal coltello facile ed avvelenato, dai cui colpi fendenti non è semplice evadere senza poterne almeno intuire la direzione. Il contesto può bastare a volte, e Tommy v'era vissuto a sufficienza da poterne essere una fonte buona come ogni altra. Mentre a Nami avrebbe lasciato il ruolo di agente del caos che sapeva donarle, Ginny si votò ad una raccolta più meticolosa. Nella speranza che il suo seguito armato di spada sapesse apportare a quel compito qualcosa che a lei mancava, conscia di quanto la Morte fatta carne potesse essere lontana da chi al suo sguardo credeva d'essersi salvato.
    Immagino non ci sia un lavoro ad attendere chi passa la notte a bere, e cantare.
     
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    Qualcosa la stranisce.
    La sensazione sulla pelle si mischia al fastidio di dover forse ammettere di aver avuto torto nel negare così ferocemente la parola anomalia e lo straniamento e il fastidio impiegano poco a sbocciare in irritazione pura. A se stessa, a chi ha dato l'ordine, a tutto ciò che vede e ascolta.
    Eden ha sentito poco della conversazione nella quale si è intromessa di getto, ma da allora i suoi occhi non hanno mai abbandonato la figura del primo, giovane immortale che hanno trovato, e trattenere il respiro dal gonfiarsi si fa sempre più difficile. E'... strano? Strano in una maniera che non riesce a inquadrare, qualcosa nei movimenti o forse nel tono, qualcosa che le sussurra all'orecchio la parola Sonnambulo. O piuttosto Insonne. Ai suoi occhi, talmente carichi di vita da brillare persino quando ancora azzurri, qualcosa nella sua figura appare svuotato, scavato dentro a lasciare un guscio di gesti meccanici, allo stesso modo in cui la figura della donna a cui si è accostata non smette di darle i brividi.
    Stupida, sciocca, che stai pensando, no, non avevi torto, vero che non avevi torto. Non posso aver sbagliato.
    Solo adesso, per la prima volta, dopo aver avuto tutto il tempo di serrare la spada alla schiena, prendere il primo spostamento dimensionale a disposizione, rimuginare e rimuginare e irritarsi sempre più, solo adesso riesce a fermarsi e a riflettere su cosa voglia dire tutto quello che sta succedendo davanti ai suoi occhi.
    Anomalia. La Morte presa e strappata dalla loro esistenza, cancellata e dimenticata, una carta vecchia gettata nel vento della quale scordarsi mentre si avanza. Solo adesso Eden si domanda cosa dovrebbe aspettarsi di trovare negli occhi di uno di loro. Cosa si muove al di là di essi, stretto al centro tra le tempie, a vorticare tra i loro pensieri così come centinaia e centinaia di frammenti di inquietudine vorticano nei suoi.
    Si aspettava gioia, felicità e liberazione? Aveva ragione, questa è una soddisfazione che può strappare e gettare in faccia a chi l'ha mandata lì a distruggere ogni cosa. Non si aspettava questo straniamento. Non si aspettava la sensazione di guardare un dormiente che si muove senza meta né destinazione, a ripetere senza ragione i gesti della veglia.
    Troppo presto, troppo affrettata. Non puoi sapere. Ancora non puoi capire.
    E' trattenendo appena un sospiro che Eden li segue, le labbra schiuse a mostrare denti serrati in un ringhio muto, l'aria sputata fuori in un respiro silenzioso, l'irritazione intrecciata ad esso che tenta di abbandonarla.
    Distoglie appena lo sguardo dal ragazzo, Tommy, per portarlo prima al sole, ancora ardente e soffocante sul viso, poi al profilo di ombre all'orizzonte. Riconosce a malapena le strutture sulla sabbia, ne intuisce forse vagamente la funzione ma senza coglierne i dettagli. Questo non la sorprende.
    A malapena ha scoperto nell'ultimo anno cosa dovrebbe essere una festa.
    E' un sorriso stavolta quello che si trova a trattenere a stento. Festa. Che parola strana, che concetto divertente, qualcosa che un anno prima non avrebbe mai creduto di conoscere, qualcosa che si trova a rimpiangere, così strano immaginarla nel suo passato, nel lungo corso della vita, come un fantasma senza volto che provasse a trovare posto nei suoi ricordi. Si immagina a ballare sulle note di canzoni che non può immaginare. A bere bevande di cui non conosce il sapore. A camminare su una spiaggia con Echo. A ballare, ancora, più forte, più veloce, con Iris.
    Scaccia via il pensiero scrollando la testa e si sfila con un gesto secco la spada e la giacca. Avvolgerla nella stoffa il più possibile e rilegarsela sulla schiena è questione di pochi istanti, senza neanche bisogno di rallentare il passo, il torace ora coperto soltanto dalla canotta bianca, il sole a bruciare su spalle e braccia, la spada niente più che un fagotto malforme di stoffa. A nasconderla dalla vista. A tenere a bada qualunque possibile agitazione. Non che abbiano niente da temere, degli immortali, giusto?
    Le feste
    Coglie appena lo sguardo che le rivolge l'altra donna, non ha bisogno di farle cenni né di reagire in alcun modo, troppo presa dai suoi stessi pensieri per anche solo preoccuparsi di rispondere alla domanda di Tommy. Domanda sbagliata, risposta impossibile, niente che a loro sia dato sapere. Ma molto, moltissimo di cui loro hanno invece bisogno.
    Chi è che le organizza? Venite qui a... cos'è che si fa a una festa? Eddai, lo hai appena immaginato, perché hai già cancellato tutto ... divertirvi tutti quanti e basta, o qualcuno se ne occupa?
    Non la migliore delle idee, ma la migliore che avesse a disposizione di getto, senza pensarci. Ecco un ulteriore lato negativo dell'essersi presentata irritata, controvoglia e pronta a mollare tutto al primo segnale di nessun problema: non avere uno straccio di piano. Nessuna idea. Nessun progetto.
    Eden odia non avere idee. Odia non avere un piano. Le cose vanno male quando non si ha un piano, molto male, catastroficamente male. Un altro buon motivo per essere irritata da ogni cosa, un altro buon motivo per andarsene, ma quella non è più un'opzione.
    No, troppo tardi tirarsi indietro dal turno di guardia quando è già iniziato, troppo tardi mollare il carroarmato quando sei già alla guida. E lei è in pieno turno, a guidare senza meta.
    La cosa migliore che può fare è trovarne una, anche la più flebile e incerta, una che le dia una direzione e le dia qualcuno o qualcosa da cercare e interrogare. Se davvero è a qualcuno o qualcosa che va data la responsabilità di tutto questo.
    Se invece si tratta solo di un fenomeno autonomo, sviluppatosi senza motivo né ragione in un luogo qualunque... allora la sua via è appena diventata molto più lunga, molto più incerta. Ma non per questo potrà smettere di percorrerla.
     
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