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The Broken

Prologo

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    C'è un angolo buio al Ramo. Un angolo da cui tutti si tengono alla larga.
    Forse per l'aria umida e tetra. O forse per gli incessanti, singhiozzanti lamenti che ne provengono.
    C'è una bambina seduta ad un tavolo, tutta sola. Nient'altro che uno zaino lercio ai suoi piedi, una cartelletta colorata poggiata sul desco innanzi a cui sconsolata sedeva; appena visibili all'interno, quelli che sembravano essere...disegni? Una zazzera bionda di capelli umidicci a sovrastare il volto coperto da manine sporche quanto l'abito che indossa, nascondono occhi che versano lacrime così copiose da scorrerle tra le dita. Le piccole spalle sobbalzano di tanto in tanto ed il piagnisteo continua, continua, continua, senza fine.
    Annie c'ha provato a calmarla, a consolarla, ad offrirle cibo ed affetto, il bicchiere e l'abbraccio che spetta di diritto a chiunque varchi la sua soglia affamato ed infreddolito. Tutto ciò che ha ottenuto è scoprire il motivo di tanto dolore: stava viaggiando assieme al suo ragazzo, le ha detto, quando quest'ultimo è improvvisamente scomparso. Raggiungere il Ramo, mettersi al sicuro ha richiesto tutte le sue energie ed una volta li non ha potuto far altro che crollare e chiudersi in quella lagna infinita. In fin dei conti che altro avrebbe mai dovuto fare? Per quanto sia difficile stabilirne chiaramente l'età una cosa è più che chiara: è soltanto una bambina.
    Alla fine persino la locandiera ha ceduto, tornando ad occuparsi dei suoi molti affari ed abbandonando quell'angolo scuro. I capricci non son mai stati il suo forte.
    Ed è li che Alice è rimasta, in attesa.
    Di un'anima buona, che si prendesse la responsabilità di far tornare il sorriso sul suo volto.
    Di qualcuno d'abbastanza forte e coraggioso, da aiutarla a recuperare ciò che era suo. E che, per malvagità ed egoismo, le era stato tolto.


    Carissimi, inizia la quest!
    Questo al Ramo è soltanto un piccolo prologo, tutto ciò che vi serve verrà spiegato in game u.u
    Spero ci si divertirà tutti! Per ora non ci son particolari regole riguardo ai turni, postate pure nell'ordine che preferite.
    A voi la palla siori, e buon divertimento u.u
     
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    9s passeggia per il ramo nel tentativo di sgombrare la mente dai pensieri caotici degli ultimi avvenimenti e cercare di fare chiarezza nella propria mente e magari riuscire a mettere ordine in quanto è successo ultimamente, quel posto gli appare così diverso da quelli cui è abituato, soprattutto perchè in qualche modo è vivo e non ha l’aspetto di abbandono che ha la Terra che è abituato a conoscere. Veste gli stessi vestiti di sempre, che poi altro non sono che un giubbotto con una doppia fila di bottoni e un paio di pantaloni corti fin sopra il ginocchio, delle calze lunghe al ginocchio e degli stivali chiusi da cinture di cuoio, alle mani un paio di guanti di pelle sintetica, tutto rigorosamente nero. La benda gli copre gli occhi e sulla schiena porta la katana, infilata in un fodero che tiene legato a tracolla. Cammina in silenzio anche perchè a differenza del locale piuttosto affollato per le strade non sembra esserci molta vita, almeno al momento, o almeno così si era convinto a credere, fino a quando a un certo punto non sente dei rumori provenire da un luogo che all’inizio non riesce a individuare. Camminando nella direzione da cui sembrano provenire i rumori questi si fanno più vicini e più facilmente udibili e la sorpresa iniziale si tramuta in stato di allerta nel momento in cui si accorge di starsi addentrando in un angolo estremamente buio e senza illuminazione del Ramo, tuttavia ormai non può più sbagliarsi nel riconoscere quei rumori come un pianto. Alla mente si riaffacciano ricordi di alcune macchine dal comportamento inaspettato che aveva incontrato sulla Terra mentre sente quei pianti e singhiozzi, alcuni dei quali effettivamente piuttosto imbarazzanti, ciò non di meno interessanti e tuttavia ora che si trovava lì, senza nemmeno la sua compagna a distrarlo dalle proprie tentazioni, la curiosità e l’istinto diventano difficili da tenere a bada e così procede ancora in quell’anfratto buio, avvicinandosi alla fonte di quel lamento, chiedendosi chi o cosa avrebbe trovato. Così arriva a pochi metri dalla bambina che piange, il cui volto è parzialmente nascosto, dalle lacrime, dai capelli biondi e dalle mani. Il suo volto rimane neutro per quanto si renda conto della situazione e i suoi occhi vanno a osservare gli altri oggetti presenti, lo zaino gettato a terra da un lato e la cartelletta sul tavolo da cui spuntano dei disegni. 9s non ha mai avuto a che fare con dei bambini prima d’ora, a parte quelle macchine che per qualche strano motivo cercavano di imitarli e il cui comportamento comunque rispecchiava diverse psicosi e altri comportamenti patologici, o almeno così certamente avrebbe diagnosticato uno psicologo dei robot. Decise comunque che valeva la pena provare a essere gentili, che almeno quello era in grado di farlo, a differenza di 2B che di solito riusciva a essere abbastanza indifferente. Così si avvicinò ulteriormente al tavolo e iniziò con un saluto tanto per far notare la sua presenza caso mai la bambina non si fosse già accorta di lui e per attirare la sua attenzione. «Ciao!» fa una pausa per vedere come reagisce, ma poi continua «io mi chiamo Nines e tu?»
     
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    « Mmmnh... »


    Nines non era solo. Una ragazza, dalla pelle pallida, i capelli ancor più bianchi, gli occhi del tutto neri. Un lungo cappotto nero, sopra un top del medesimo colore, pantaloni dall'aspetto pratico. Al suo fianco, l'elsa d'una spada, a sbucare dal fodero che la reggeva. Sul volto, un'espressione corrucciata, quasi sofferente.
    Le testa, le faceva male. La colpa, era di tutte quelle voci.
    Le aveva sempre sentite, forse. Come un brusio di sottofondo, troppo lontano perchè, distratta com'era dal rombo del proprio vuoto, potesse davvero notarle. Funzione, malfunzione, tentativo del suo corpo di recuperare antiche funzioni, o ennesima prova del suo guasto? Non lo sapeva, naturalmente, ed ormai nemmeno le interessava più. E già da tempo, aveva smesso di porsi quel genere di domande. Da quando, assieme ad un piccolo, immenso guerriero, aveva capito, ed anzi ancora meglio, deciso di smetter di guardare ad un passato, che le era precluso, e non le aveva dato altro che dubbi, ed insicurezza, ed invece volgersi al futuro; non più a ciò che era stata, o che avrebbe dovuto essere. Ma a ciò che era, ed a ciò che sarebbe potuta diventare. A chi, avrebbe voluto diventare.
    Ed era la sua voce, naturalmente, la prima che avesse mai sentito. Nei tanti attimi assieme, nei lunghi silenzi, nelle notti passate a parlare. Tante lezioni impartite, tante volte in cui il suo cuore, aveva battuto in lei. Sapere cosa stesse pensando, anche quando il suo petto era vuoto, capire ciò che avrebbe fatto, ancor prima che le sue azioni prendessero luogo, essergli così vicina, da sapere tutto questo...le era sembrato, niente meno che ovvio, e naturale. Conosceva lui, così come conosceva Thamaja, così come consceva se stessa, e nella loro unione, non c'era spazio per le differenze. Raksaka stesso, a volte, sembrava poterlo fare. Capire ciò che lei pensava, cogliere ciò che le passava per la testa, da nient'altro che un suo sguardo, o anche meno.
    Ma poi, se n'era resa conto.
    Non sentiva solo lui. Le altre voci erano più vaghe, forse. Meno conosciute, meno note, più difficili da interpretare nella maniera corretta, da collocare, da cogliere con il giusto tocco. Eppure c'erano. Le bastava tendere l'orecchio, lasciare che la sua mente sentisse. E loro giungevano.
    Non ne fu felice, all'inizio. Era sciocco, e capriccioso forse, ma s'era resa conto da tempo ormai, di essere molto spesso, entrambe le cose. Ma non era normale, non era comprensibile? Qualsiasi cosa fosse, ciò che le permetteva di farlo. Non toglieva qualcosa di speciale, da ciò che lei e Raksaka avevano? Non sarebbe stato più naturale, più giusto, fosse qualcosa di riservato soltanto, ed unicamente, a loro due?
    Ci rimuginò parecchio, come in realtà, sempre faceva su quasi ogni cosa.
    La conclusione, fu la più ovvia. Il dispiacere rimaneva, e forse non se ne sarebbe mai andato. Ma quella, era un'opportunità. Un'occasione per rendersi migliore, più utile, più capace. Era sicura, quella sua nuova capacità, non fosse qualcosa di cui chiunque era in grado. Esplorare il potere delle sue mani, del suo petto nuovo, le aveva fatto scoprire tante cose. L'aveva resa forte, l'aveva resa pericolosa, le aveva permesso di guadagnare la spada che ora pendeva al suo fianco, la Thamaja che rappresentava nella maniera più concreta possibile, ciò che era e voleva essere.
    Ora, aveva la possibilità di crescere ancora. Di farlo per Raksaka, per poterlo affiancar meglio nei loro molti viaggi, per poter cacciar meglio al suo fianco. E, forse ancor più importante, di farlo per se stessa.

    « Mi hanno detto che hai perso qualcuno. »


    Eppure, la testa doleva ancora. Il Ramo, ancor più di Hüb, era talmente pieno di voci, che le era quasi difficile riuscire a pensare.
    Ma come ogni cosa, quello non era altro che un muscolo. Come ogni muscolo, sarebbe migliorato con l'allenamento. E con il miglioramento, sarebbe giunto il controllo.
    E poi, quell'angolo era silenzioso. Poche voci, per quanto una delle due, quella della bambina, fosse tanto chiassosa. Ma era per lei, in fin dei conti, che era li. Annie aveva ammiccato, nella sua direzione, ed un'impressione del ricordo, della conversazione che lei stessa aveva avuto con la ragazzina, venne trasferita nella mente dell'automa, con una chiarezza, che nessun'altra voce aveva. Merito della locandiera, naturalmente, dell'influenza che poteva esercitare all'interno del suo locale, e su tutti coloro al suo interno.

    « Posso aiutarti a ritrovarlo. »


    Ignorò l'albino, che si frapponeva fra lei e la ragazza, le parole che le aveva rivolto, la sua intera presenza. Non era li per lui, ne lui poteva esserle in qualche maniera utile. La voce che associava a lui, e che risuonava nella sua testa sintetica, parlava di confusione e sgomento, ed...altro. Sentimenti che non capiva, in un linguaggio che per lei, non aveva senso. Nulla, che le potesse essere utile.
    Era la bambina ad interessarle. Non perchè stesse piangendo, non perchè provasse empatia verso la sua perdita, ed il suo non far nulla, per porvi rimedio. Ne perchè avesse davvero interesse, a restituirle la persona da cui s'era allontanata.
    Ciò che le interessava, era l'allenamento. La possibilità di migliorarsi, di capirsi, attraverso lei e la sua ricerca.
    Scoprire perchè si fosse allontanato, perchè, cosa l'avesse separato da lei. Non sarebbe stato, un ottimo modo per mettersi alla prova?
    Riteneva di si.
    Forse per questo, si fermò. Accanto a lui, di fronte a lei, stringendo l'elsa dell'arma che pendeva al suo fianco. Forse...non era quello il modo. Forse, stava sbagliando qualcosa, forse avrebbe dovuto presentarsi, in un'altra maniera.
    Dedicò un'occhiata al ragazzo, e nulla più, senza trovare nulla da dirgli. Tornò con l'attenzione, alla ragazzina, e per un attimo se lo chiese. Quel suo nuovo desiderio, quel suo voler apparire, diversa da come sarebbe stata, da come era. Era sintomo dei viaggi, e degli allenamenti con Raksaka, del culto di efficienza ed efficacia che il suo compagno, le aveva trasmesso...o nasceva da quella sua nuova, inesplorata capacità, in grado forse di dirle ciò che gli altri, s'aspettavano da lei, e come avrebbe dovuto porsi, per ottenerne vantaggio?
    Probabilmente, poco importava. Perchè non ci voleva qualcuno, che leggesse nel pensiero, per capire quanto la gelida, quasi tagliente frase con cui proseguì, non sarebbe servita allo scopo. Ed anzi, forse avrebbe finito, attivamente ad ostacolarla.
    Chissà. Forse, prima o poi, si sarebbe allenata anche a quel riguardo. Ma non quel giorno.

    « Se lo vuoi. »

     
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    Il buio non se ne va, l'umidità neppure. Che Annie abbia lasciato che la poveretta rimanesse sola a sfogarsi non è poi così strano, son molti i Viaggiatori che nemmeno i suoi abbracci e le sue vivande posson consolare, che solo la solitudine ed un buon pianto posson far star meglio. Ma lasciare che le tenebre calassero su un angolo del suo locale, che l'aria si facesse scura e fredda, il sentore delle lacrime ad impregnare il legno stesso...quello no. Quello non è decisamente da lei.
    Ciao.
    Alza la testa la piccina, rivela un volto candido e grazioso, gonfio della paffutezza tipica dell'infanzia. Lo sguardo è cattivo però, e per un attimo Nines ha l'impressione che qualcosa lo stia aggredendo, che la sua occhiata sia sufficiente a scagliargli contro chissà quale malefico anatema. Gli occhi sono grandi ed azzurri, le palpebre gonfie ed arrossate da lacrime e sfregamenti. Dal piccolo naso cola un gocciolone di muco, ma farglielo notare non sembra affatto una buona idea.
    Io mi chiamo Fatti i cazzi tuoi.
    La vocina arrabbiata, i pugnetti stretti in segno d'una rabbia che se solo l'androide conoscesse meglio gli esseri che è stato creato per servire forse percepirebbe come strana per l'età della ragazzina, troppo radicata e profonda rispetto alle vampe improvvise ma flebili che dovrebbero esser più tipiche della sua età.
    Vai via.
    L'ultima parola che rivolge al ragazzo suona soffocata, smorzata dalle sue stesse braccia in cui il volto è tornato ad affondare; c'è qualcuno che sta cercando di piangere qui, e non ha certo intenzione di mettersi a fare amicizia con il primo scolaretto vestito alla marinara di passaggio. Prego, circolare. Non c'è nulla da vedere.
    O forse si?
    La confusione nella testa del piccolo androide non ha fatto altro che aumentare, forse. E dopo la vampa a lui rivolta, è nel buio e nel freddo che la mente della ragazzina torna a sprofondare.
    Luna sente entrambe, mentre si avvicina. Sente entrambe e proprio come anche Nines forse avrebbe potuto fare nota la bizzarra incongruenza: la profondità dello sconforto che avvolge la piccoletta ha qualcosa di strano, commisurata all'aspetto che mostra di se. Ma in fin dei conti ha davvero tutta questa importanza? Lei stessa, per quanto apparisse la più matura tra i presenti, era invece forse la più giovane ed inesperta di tutti. Le apparenze volevan dir troppo poco di fronte al caos. Lei, più di molti altri, avrebbe dovuto saperlo ormai.
    Mmmh?
    La bimba torna ad alzare lo sguardo, dapprima sbirciando appena al di sopra delle braccia, poi sollevandolo del tutto. Non molto diverso da quello rivolto a Nines, eppure c'è qualcosa di nuovo: curiosità, forse? Un briciolo di speranza? Rimane a fissare la bambola a lungo, estesi istanti in cui la sua occhiata s'affila sempre più, gli occhi sempre piangenti quasi ridotti ad una fessura l'attimo prima di aprir la bocca, pronunciar parole in poco più d'un sussurro.
    Vuoi davvero aiutarmi?
    Lo scatto è rapido, improvviso: alza una mano, ne punta il dito dritto verso di lei. Lo sguardo serio che le rivolge sarebbe quasi comico sul suo volto, non fosse accompagnato dalla consapevolezza - data dalla capacità della bambola di sentir le voci altrui - di quanto anche le intenzioni della piccina risultassero tali. E d'altra parte, anche in caso contrario, Luna non sarebbe certo stata in grado di riderne.
    Lo prometti? Giuri di portarmi da lui?
    Portarmi da lui: le voci non mentivano Luna, il resoconto di Annie è stato a sufficienza dettagliato. Ciò che quella bambina vuole, ciò per cui ancora piange disperata, è soltanto ritrovare ciò che ha perso nei suoi viaggi. E forse ha appena trovato chi davvero potrebbe aiutarla a farlo.
     
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    9s sobbalza colto alla sprovvista dall’atteggiamento spavaldo e anche maleducato della ragazzina, che decisamente non si aspettava, nonostante sia forse la prima che incontra in vita sua, non si aspettava comunque una reazione del genere. Per qualche strano motivo inoltre tale atteggiamento gli ricordava vagamente l’Operatrice che gli forniva le comunicazioni prima e durante le missioni sulla Terra. Effettivamente confuso e non sapendo come comportarsi di fronte a un simile comportamento si limita a grattarsi la testa. Non se ne va tuttavia come gli ha intimato invece di fare la bambina. «Ma tu guarda, non capirò mai perchè sono tutti ingrati con me.» L’attimo successivo però sobbalza di nuovo per via del cambio di atteggiamento di nuovo repentino, stavolta nei confronti dell’altra ragazza, che oltretutto era spuntata fuori dal nulla e l’aveva bellamente ignorato come se non esistesse. Tuttavia la parte analitica di sè aveva ascoltato lo scambio di parole fra le due e aveva realizzato che: la bambina stava cercando qualcuno e la ragazza sapeva chi e forse anche dove, che le due si conoscessero già? È ovviamente la prima domanda che spunta nella testa dell’androide, il quale poi si accorge, nel momento in cui ha l’occasione di sbirciare appena un po’ meglio il volto di Luna, di rassomigliare impressionantemente a qualcuno che lui conosce anche troppo bene, tanto che sopraffatto per un attimo, quasi gli sfuggono le parole di bocca «Two...» ma si riprende subito in tempo per bloccarsi e correggersi, realizzando che quella ragazza per quanto somigliante non poteva in realtà avere niente a che fare con quella che conosceva lui, a partire dagli strani occhi «Ah! Ehm! Tu...dicevo, tu conosci questa bambina?» Domanda cercando così di salvarsi dall’imbarazzo e sperando di riuscire a ricevere qualche informazione che gli consenta di comprendere meglio la situazione. In momenti come questi rimpiange di non avere accesso alla rete.
     
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    « No. »


    Risposta secca, perentoria, tagliente. La pronuncia guardando la bambina, e solo poco dopo, si rende conto dell'errore. Fortunatamente, non è ancora troppo tarvi per rimediarvi.
    Per inclinare il capo, abbassare lo sguardo. Osservare il piccolo uomo, che le ha posto quell'ultima domanda. La prima a cui, forse per un'educazione mai avuta, più probabilmente per prender tempo, sceglie di rispondere.

    « Non la conosco. »


    Era vero?
    Non l'aveva mai vista prima, se era questo, che il ragazzo intendeva. Eppure, conosceva ciò che le passava per la testa, ben più di quanto avrebbe dovuto, esserle concesso. Aveva capito, di conoscere davvero Raksaka, solo quando aveva iniziato a poter intuire le sue emozioni, da un semplice gesto, da una semplice espressione, non dalle parole, ma molto più dai silenzi.
    Dunque, ora che poteva sapere tutto, di tutti, li conosceva? O valeva soltanto, se anche loro, conoscevano lei?
    Domande oziose, domande inutili. Domande che, proprio come la risposta data all'inopportuno ragazzino, giungevano solo per farle prender tempo.
    Sapeva cos'era una promessa, sapeva cosa significava giurare. Sapeva anche, che mentire non era ok.
    Ci stava pensando troppo, come al solito. In fin dei conti, rispondere in maniera affermativa, non era una menzogna. Lei davvero intendeva portare la bambina, da colui che aveva perduto. Non per aiutarla, non perchè le sembrasse giusto, o bello farlo. Ma solo per allenarsi, solo per mettersi alla prova, e scoprire fin dove quella sua nuova funzione, la potesse portare, quali risvolti avesse, in quali maniere, la poteva utilizzare.
    La risposta era si. Ma forse era proprio il capire, ciò che la bambina davvero intendeva, a renderla così dubbiosa, così reticente?

    « Si. »


    Non importava. Tra le tante cose, che aveva imparato nella sua breve, ma intensa vita, c'era anche che se volevi una cosa, dovevi semplicemente prendertela. La spada, che portava al suo fianco, e di cui mai smetteva di stringere l'elsa, era monito proprio di questa massima; fu per questo, che infine fugò ogni dubbio e rispose in maniera affermativa, annuendo, gli occhi fissi in quelli gonfi ed umidi della bambina.

    « Lo prometto. »


    Si sentiva sbagliata, nel farlo, ed era una sensazione, che non le paiceva. Forse temeva, si potesse notare dal suo sguardo, o forse di nuovo era quel suo nuovo, molto più fino udito a metterla all'erta, come se tutti fossero capaci di far ciò, di cui lei s'era appena scoperta in grado. Qualsiasi fosse, il vero motivo, s'affrettò ad aggiungere qualcosa, a spostare il punto della discussione. Da qualcosa che non fossero lei, e le sue parole. E che magari, al contempo, forse anche utile.

    « Ora, spiegami cos'è successo. »


    Le voci erano state poco chiare, imprecise, ed aveva l'impressione che neppure Annie, avesse colto con chiarezza, tutta la sua vicenda. Se davvero voleva imbarcarsi in quella vicenda, doveva prima di tutto capire. Cos'era successo, e dove avrebbero potuto iniziare, a cercare?
     
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    Ingrata? Ingrata a lei? Una vampata di calore investì i nuovi sensi di Luna, parlandone d'una rabbia senza confini nei confronti delle parole che il piccolo androide le aveva rivolto. Una furia che si risolse con una sonora linguaccia, che assieme alla smorfia che l'accompagnava sarebbe stata comica se solo non fosse stata accompagnata da quegli occhi gonfi, e da guance ancora fradice per l'ininterrotto pianto.
    Quel momento di bambinesca spensieratezza, comunque, non era destinato a durare. Ci pensò Luna a spezzarlo, la sua gelida praticità a riportare la ragazzina coi piedi per terra, ben piantati nell'umida e cupa realtà della tragedia in cui era precipitata. Bastò la sua domanda a spegnere la smorfia, riaccendere le cascate di goccioloni sul suo viso paffutello, incupire forse ancor di più quell'angolo già oscuro di Ramo. Quanta oscurità poteva portare con se il cuore d'una bambina? Era la sua ingenuità, il modo assoluto di viver esperienze tipico dell'infanzia ad amplificar in maniera così esagerata quelle ombre o c'era qualcosa sotto?
    Difficile dirlo. Ancor più difficile per i due esseri che s'erano presentati al suo cospetto, bambola ed androide, entrambi mai stati bambini. O forse, in maniere tanto differenti, mai veramente cresciuti.
    I-i-io...n-noi...
    Balbettio, labbra tremanti. Sembrava inevitabile un nuovo crollo, un'ennesima crisi di pianto, ed invece la ragazzina decise che no, non si sarebbe lasciata abbattere di nuovo ne avrebbe sprecato quell'occasione: tirò su rumorosamente col naso, si asciugò gli occhi quasi con rabbia, e quando tornò a fissare Luna c'era un che di deciso, un piglio determinato in fondo alla tristezza che ciò nonostante, continuava a dominare il suo limpido sguardo.
    I-io ed il mio ragazzo...stavamo viaggiando. A-andavamo nei mondi, vivevamo avventure...
    Sguardo distante, come a ricordare bei tempi andati che mai più torneranno. Di nuovo avete quell'impressione, di nuovo investe soprattutto Luna, soprattutto i suoi sensi più nuovi ed acuti: quella biondina ha davvero l'età che mostra?
    E' un sacco forte, sapete?
    Vi fissa dritti negli occhi con aria dubbiosa, come a sfidarvi a dire il contrario. E se quella bambina, ingenua ed indifesa forse, ma potente abbastanza da incupire una porzione di Ramo senza che Annie potesse farci nulla se non mandar li qualcuno - nella fattispecie voi - nella speranza di togliersela di mezzo...che razza di mostro doveva essere il fidanzato perduto che lei definiva "un sacco forte"?
    M-ma p-poi...e-eravamo a-assieme...e-e l-lui ad un c-certo p-punto...n-non c'era p-più!!
    Eccola, finalmente. Annunciata, trattenuta, ma troppo violenta per resistervi oltre: nasconde il visino come se si vergognasse, come non volesse farsi vedere mentre si dispera ma nonostante le braccine lo coprano è ovvio cosa stia facendo, come stia versando di nuovo ogni sua lacrima e come le sia bastato ripensare a quei momenti, forse gli ultimi passati assieme a questo fantomatico fidanzato, a distruggere ogni suo tentativo di compostezza e serietà.
    Certo, non è riuscita a dirvi molto di nuovo. Forse, l'approccio con cui state provando a capirci qualcosa non è quello giusto.
    E poi, Luna...nella sua disperazione, noti una nota prima assente, o forse meglio mascherata. Rimane sul fondo, annegata da tutto il resto, eppure ne conosci il sapore abbastanza bene da distinguerla ora che sei più vicina ed attenta: senso di colpa.
     
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    Ascolta la risposta, lapidaria e concisa di Luna, il che in effetti gli ricorda proprio la 2B che ha conosciuto lui, anche se per così poco, troppo poco tempo. Quella somiglianza, per un attimo riaccende in lui la speranza, così che si scopre a pensare a lei anche se sapeva bene che abbandonarsi ai risentimenti durante una missione non era logico nè tantomeno consigliabile, anzi. «2B...se solo tu fossi qui adesso, oh! Sarebbe certamente tutto così più facile.» Quindi per un momento guarda il volto di Luna «E questa ragazza tuttavia, chi è lei? Perchè ti somiglia? Una parte di me, desidera che per qualche strana ragione sia tu, sotto altra forma, ma sappiamo che non è possibile. D’altra parte, di te esistevano altri corpi ovviamente, benchè tu fossi in realtà unica, ma lei non è...non sei tu, è diversa, c’è qualcosa che la rende diversa, sì, credo sia perchè sto realizzando che è lei non è fatta di freddo metallo come noi, respira, ha un cuore che batte, non uno artificiale, ha sangue e non olio e carburante nelle vene. Posso fidarmi di lei? Devo farlo?» Poi la voce della bambina e infine il suo pianto lo distraggono nuovamente attirando la sua attenzione. Le sue parole risvegliano in lui dolorosi ricordi, ancora freschi, è passato così poco tempo dal suo punto di vista da quando...e questa ragazzina apparentemente condivide il suo stesso dolore, o qualcosa di molto simile, o almeno così lui pensa. «La perdita del ragazzo...non è forse paragonabile alla mia? E allora perchè non ci sono io a disperarmi?» Ma lui era convinto che si sarebbero reincontrati, invece non era successo, era finito in quel posto freddo e vuoto senza sapere come e forse 2B era rimasta, da sola, o con un suo sostituto? «Già! Avremmo dovuto risvegliarci insieme, invece ero da solo, 2B...Se anche dovessi rivoltare l’universo come un calzino giuro che un giorno...» Questo pensiero che gli insinua il dubbio e lo lascia senza risposte è doloroso. Scuote la testa rendendosi conto che non doveva fare a se stesso promesse che forse non potrà mantenere, tuttavia si dice che avrebbe dovuto provare a fare qualcosa, accettare semplicemente la situazione non è fra le sue opzioni valide. Si porta una mano al petto stringendo fra le dita la giacca all'altezza del cuore mentre digrigna i denti e infine dice con voce ferma e chiara «Io...lo prometto anch’io. Ti aiuterò anch’io a trovare il tuo ragazzo.» fa una breve pausa e poi aggiunge «Potresti dirci in che luogo vi trovavate, l’ultima volta che siete stati insieme?»
     
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    Cerca di non giudicarla. Ci prova davvero.
    Lo fa, perchè si rende conto d'esser stata anche lei, così. Forse (spera) meno rumorosa, meno tragica, meno esuberante, nel dramma.
    Ma si ricorda in ginocchio, le lacrime sul volto. Si ricorda inutile, incapace di rispondere e parlare, di alzarsi e cobattere, di proteggerlo quando persino lui, ne avrebbe avuto bisogno.
    Ricorda la lama della spada, che porta al fianco, scivolare nel petto di chi non avrebbe dovuto, morire così. Ricorda, quanto sconfitta e persa s'era sentita, in quegli istanti, quanto la voglia di far qualsiasi cosa, non fosse restare a terra, accasciata sulla roccia, e sparire nel buio, fosse svanita.
    Forse era la prima volta, che vedeva qualcuno, in condizioni simili. Forse era invece la prima, che poteva osservarlo, dopo esserci passata lei.
    Ed in risposta una sola domanda, abbastanza rumorosa da occuparle del tutto la mente. Come aveva fatto Raksaka a sopportarla?
    Lei non ci sarebbe riuscita. Faticava a riuscirci adesso, faticava a non lasciar perdere ed andarsene, o ripetere una domanda che, lo sapeva, non avrebbe ottenuto altra risposta, che una di quelle reazioni scomposte.
    Quella bambina, era...debole. Una debolezza che non poteva accettare, perchè implicava una non azione, un piangersi addosso, senza nemmeno tentar di risolver il problema scatenante, che era troppo diversa, troppo lontana, da ciò che le era stato insegnato esser giusto.
    Una debolezza, che non voleva vedere, perchè sapeva esser stata, anche la propria. La visione, delle sue sorelle scarnificate, la realizzazione di ciò che era, di ciò che ci sarebbe stato anche sotto la sua, di pelle, e ciò che forse un giorno, era destinata a diventare; valeva davvero di più, della perdita d'un compagno?
    Non si sentiva, più giustificata di lei, nell'essersi ridotta in uno stato simile. E questo, era ben più grave dell'inazione.

    « ... »


    Incapace di dire alcunchè, di trovare una scappatoia, a qualcosa da cui neppure lei era stata in grado di fuggire, fu il ragazzo accanto a loro, a sbloccare la situazione. A farsi avanti, a ripeter la promessa, già pronunciata dalla bambola, a porre una domanda utile, capace forse di sbloccare la situazione, forse di dar ad entrambi le informazioni necessarie, per iniziare la loro ricerca.
    Luna chiuse gli occhi, per un istante, scosse la testa. Assieme ad essa, anche le immagini di se stessa in ginocchio, nel buio, accasciata sui resti d'una bambola come lei, ma meno fortunata. Una bambola, che non aveva avuto un compagno. Una bambola, che non aveva avuto Raksaka.
    Non parlò, non chiese altro. Non serviva. Ma, in quell'istante, sposò davvero la promessa che aveva già fatto, ma a cui soltanto ora, credeva davvero.
    Aveva visto, a cosa poteva portare, la perdita che la bambina aveva subito. Poteva, sforzandosi, immaginarne il dolore. E per quanto fosse una sconosciuta, per quanto fosse chiassosa, e fastidiosa, non avrebbe permesso che qualcuno si riducesse, come le creature che aveva incontrato ad Oblio. Non se lei, poteva impedirlo.
     
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    Da-davvero?!
    Luna s'immobilizza, la bambina non smette di piangere. E' 9s a farsi avanti stavolta, lui ad approcciarsi alla piccola, lui a pronunciare le uniche parole che riescono a fermare il suo piagnisteo: la tua promessa la risveglia, le fa sollevare il viso che aveva nuovamente sprofondato nelle braccia, gli occhioni ancor più rossi e pieni di lacrimoni di quanto non lo fossero quando l'avete raggiunta.
    Snifffff!
    Tira su col naso, cerca alla buona di ripulirsi il viso e solo dopo averlo fatto, ti sorride. E' una bella sensazione 9s? Dopotutto, quella è una degli umani che sei stato creato per servire...forse.
    Oh, sisi, certo che posso!
    Annuisce con vigore alla tua domanda, una gioia ed un entusiasmo sul piccolo volto che non pensavate di poter più vedere e che per qualche strana ragione Luna non percepisce col suo nuovo senso, col radar emotivo che l'ha convinta più d'ogni altra cosa ad unirsi all'impresa.
    Anzi, uhm, vediamo...
    La cartelletta colorata posata innanzi a lei è quasi sempre rimasta sepolta dalle sue braccia, o coperta dai lunghi capelli biondi quando il viso piangente v'è stato schiacciato sopra ma è con questa che la bimba traffica ora, estendendo a fatica l'elastico che la tiene chiusa ed estraendone il contenuto. I bordi dei fogli che già sporgevano parlano chiaro e l'impressione che avevate già avuto intravedendoli prima è giusta: si tratta di disegni. Perlopiù ambienti, non riuscite a distinguerli bene mentre la bimba li mescola in cerca di qualcosa, non tanto per la rapidità con cui lo fa ma per la mano approssimativa e dilettante con cui son stati tracciati, disegni al livello di quelli che un infante saprebbe realizzare.
    Eravamo qua!
    Afferra un foglio, lo pone al di sopra di tutti gli altri: rappresenta un castello una fortezza antica con tanto di torrioni e ponte levatoio.
    Era un bel castello una volta, sapete? Noi eravamo li per...per...
    Esita un attimo, e negli stessi istanti Luna avverte un'onta rossa e calda investirla da quella stessa direzione. Si tratta di...imbarazzo? Può essere?
    ...hem, per turismo! E poi lui...lui...
    Il pugnetto si stringe sul foglio, ne accartoccia un angolo, le lacrime tornano a riempire gli occhi troppo grandi e troppo chiari. S'interrompe ma stavolta non crolla, cerca di tener duro, alza uno sguardo deciso e tutto serio verso di voi, v'osserva per capire se qualcosa di ciò che v'ha detto è stato utile, e soprattutto per comprendere se davvero siete in grado di fare ciò che ormai entrambi avete giurato.
    Do...dovremmo andarci?
    Azzarda l'idea mentre si stropiccia di nuovo gli occhi, stavolta con più rabbia e decisione, forse per cercare di cacciar via quelle lacrime che sembrano aver stancato anche lei, ormai.
    In fin dei conti, quali altre piste avete a riguardo? Una persona è sparita, sapete da dove. Quale luogo più adatto per iniziare a cercarlo?
     
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    Nines ascolta attentamente le parole della bambina senza ignorare il fatto che l’altra ragazza è improvvisamente ammutolita, ma decide di concentrarsi sul problema più immediato e quindi rivolge la sua attenzione alla bambina alla quale risponde «Eeh! Sì! Dovremo proprio andarci, mi dispiace, voglio dire, sono certo che sarà doloroso per te, ma è l’unico modo per ritrovare la persona che stai cercando, insieme sarà più facile vedrai» E mentre diceva questo tuttavia non poteva che continuare a nutrire un sospetto chelo tormentava sin da quando qualche momento prima aveva capito il motivo della disperazione della ragazza, si chiedeva se la nuova compagna di avventure non avesse formulato lo stesso pensiero: «E se non ci fosse nessuno da cercare? Se fosse...morto?»
    Anche così aveva fatto una promessa e ormai era tardi per tirarsi indietro e poi bisognava fare almeno un tentativo, doveva farlo, non poteva sopportare che due persone che si amano fossero separate.
    Infine disse tendendo una mano alla bambina «Su avanti, andiamo, non perdiamo altro tempo.»
     
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    Aveva scelto d'aiutarla, a ritrovare ciò, che le era stato portato via.
    Ciò non significava, fosse diventata improvvisamente stupida.
    Il ragazzo, che accanto a lei aveva preso parola, ed assieme ad essa anche la situazione, nelle proprie mani, non notò nulla di strano. Nel modo in cui la bambina, liquidò la questione sul perchè, si trovassero nel castello, rappresentato nella sua infantile, approssimativa pittura.
    Per un attimo fu lui, ad aver tutta l'attenzione, dell'automa. Che cosa centrava, in quella storia? Perchè, aveva promesso? Lei aveva un motivo, egoistico e personale, ma solido. Lui, invece? Non aveva ascoltato, i suoi pensieri fino a quel momento, interessata solamente a quelli, della piccola bionda, ed iniziava a pentirsene. Doveva imparare, a prestare attenzione a più voci, forse?

    « Gli altri disegni. »


    L'ombra d'un sospesso, in ogni caso, non sarebbe stata sufficiente a farla desistere.
    Ci potevan esser talmente tanti motivi, per la forzata ed imbarazzata omissione, dietro cui la piccola s'era riparata, che pensarci smetteva d'aver senso, nel momento in cui si iniziava a farlo. A che pro, cercare di scoprirlo li, quando sarebbe stato molto più facile farlo, una volta partiti? Se c'era un inganno, un trucco in tutto questo, sarebbe stato più facile svelarlo, una volta partiti. Se le cose fossero andate male, aveva sempre la sua spada, e le sue mani, e tutto ciò che aveva imparato, su come si combatteva. Su come si uccideva. E, se nemmeno tutto questo fosse stato sufficiente, c'era sempre la scaglia. Il frammento dorato, che Raksaka le aveva donato, il richiamo d'emergenza, cui non avrebbe voluto, forse per un abbozzo d'orgoglio, utilizzare mai...ma che confidava avrebbe saputo sfruttare, in mancanza d'ogni altra opzione.
    E poi, la disperazione della bambina, era vera, reale e palpabile, l'aveva sentita strisciare sulla sua stessa pelle, pesare sul suo stesso cuore. Non c'era menzogna, che avesse avvertito, nell'appello cui aveva scelto di rispondere.

    « Cosa sono? »


    Non ci fu dunque altro, che curiosità, nella domanda che pose. Le parole scivolarono dalla sua bocca, alimentate dall'ombra d'un sospetto, morto già nell'istante in cui la frase era iniziata, ma che Luna scelse di non strozzare. In fin dei conti, sarebbero stata infirmazioni in più, forse inutili, forse meno. Il ragazzo al suo fianco, aveva ragione, andare al castello che la bambina aveva mostrato loro, era l'unica pista che avevano da seguire, l'unica cosa, che potessero fare.
    Ma se quel disegno, mostrava loro la via, cosa mostravano allora, tutti gli altri?
    Forse, la bambola era giunta a desiderar d'aiutare la bambina, abbastanza da permetterle, di agire in riguardo a ciò che pensava sarebbe stato meglio, per il compimento del compito accettato, e che ormai si poteva dir iniziato.
    O forse tutto, compresa quella domanda, ed il ragionamento stesso con cui era giunta, a sceglier di prestarle ausilio, non erano altro che scuse, giustificazioni. Forse, tutto ciò che voleva era soltanto una prova in più, per esercitare quella sua nuova capacità, osservarne l'estensione ed i limiti, studiarla.
    Forse, ora che nessuno era più in grado di mentirle, lei aveva finalmente imparato, a mentire a se stessa.
     
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    9s si fa avanti, prende in mano la situazione, incertezza e dubbi riguardo la bambina spazzati via dal desiderio d'aiutare, dalla memoria d'una compagna androide che è sicuro avrebbe fatto lo stesso. O forse ha a che fare con la sua stessa programmazione, col desiderio d'esser d'ausilio agli esseri umani che è stato impresso nelle sue sinapsi cibernetiche, nella sua mente digitale?
    Qualsiasi sia il motivo, la bimba annuisce convinta. Gli occhi ancora gonfi di lacrime ma il volto tramutato in una smorfia tutta seria, la miglior imitazione di determinazione d'una bambina, che sarebbe quasi comica non fosse dedicata a quella che è a tutti gli effetti una missione di salvataggio e che, come Nines stesso stava pensando, avrebbe potuto probabilmente concludersi col ritrovamento d'un cadavere. Che avrebbero fatto, a quel punto? Cos'avrebbero potuto fare per lei, se la ricerca si fosse dimostrata a quel modo inutile?
    Oh, questi?
    La mano tesa di 9s stava per esser raggiunta da quella della ragazzina, ma è Luna stavolta ad interrompere e rimandare quella che pareva un'imminente partenza: la sua domanda distrae la ragazzina che solleva lo sguardo, rimane imbambolata per un attimo prima di chinarsi di nuovo sui fogli sparsi innanzi a lei.
    Questi sono...posti.
    Sposta il disegno del castello, apre a ventaglio anche tutti quelli sotto di lui: c'è una torre diroccata, c'è un faro, ce n'è uno quasi completamente nero se non per qualche goccia di giallo al centro. Lo stesso tratto infantile, le stesse proporzioni abbozzate e colori che non riescono a rimaner entro i bordi delle figure: quattro fogli, quattro diversi luoghi. Future destinazioni, forse? Ce ne un altro, chissà se lo vedete. Un altro che rimane nascosto, coperto dagli altri. Forse la bimba se n'è dimenticata. Forse non ve lo vuole mostrare.
    Mi mancava tanto, e così, ho disegnato tutti i posti in cui son stata con lui. I posti migliori. I ricordi più belli.
    La nostalgia, Luna, la senti travolgerti come un'ondata. Un sentimento dolce e sentimentale ed al contempo estremamente amaro, quasi caustico nel suo pulsare sempre più, ogni istante che la bimba passa con lo sguardo chino su quei fogli colorati. Forse se ne rende conto anche lei, perché la vedi scuotere la testa ad un certo punto, far ondeggiare i suoi bei capelli biondi, indicare col piccolo indice della mano destra il primo di quei disegni che v'è stato rivelato, il castello fatato che 9s s'era detto così ansioso di raggiungere. Anche lei sembrava condividere la stessa fretta, la stessa urgenza.
    Da quanto mancava? Sareste stati ancora in tempo, per ritrovarlo?
    Ma lui ha ragione...è qui che dobbiamo andare.
    Picchietta il polpastrello sulla carta come a voler sottolineare e ripetere il qui, poi alza lo sguardo su di voi e...c'è qualcosa di diverso. Anche Nines se ne rende conto pur senza esser investito da un'impulso d'emozione vera, un susseguirsi di battiti che vanno accelerando, ognuno più caldo ed elettrizzante dell'altro. Stava aspettando quel momento, è eccitata per ciò che state per fare, ma ne ha anche paura? Vi sorride, no, ghigna verso di voi. C'è qualcosa di sbagliato in tutto questo. Qualcosa di sbagliato in come l'aria attorno a voi si sia fatta più umida, in come le linee tracciate sul disegno inizino a sbavarsi, a colare assieme al castello che rappresentano.
    Pronti? Paaaartenza!
    Acqua sgorga dalla carta all'improvviso, acqua che non è tale ma è pregna di colori e forme, riflessi e movimenti e qualcosa di vivo che si dimena e nuota, che vi guarda, e forse è proprio lui a dirigerla. Mentre più rapida dei vostri riflessi vi s'avventa contro, mentre vi avvolge in un abbraccio gelido e bagnato e sentite penetrarla nella pelle e nelle ossa, nel cervello finché anche di voi non rimane che acqua, non rimane che una corrente che entra a far parte del Vortice.
    Dura poco, un secondo appena. Annie corre sul posto, allarmata, ma è già troppo tardi: voi non ci siete più. Al vostro posto nient'altro che un tavolo fradicio, ed un angolo di Ramo finalmente non più così buio.

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