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Burnout

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    Muoiono in molti, prima che Jekt colpisca. Investiti dai sottili flussi d'azzurra fiamma che la sua lama separa, da essi sezionati e dati alle fiamme, uniti all'agonia a cui la folla a malapena inizia a rendersi conto d'essere soggetta, mentre tutto accade troppo velocemente perchè i loro occhi si rendano conto di quel che i loro cuori, han già intuito.
    Vissuti a lungo in un paradiso immeritato, immersi nel riflesso di una luce che non avrebbe dovuto spettare loro. Ne pagano lo scotto, inconsapevoli dei loro peccati, mentre stranieri senza nome alzano le armi contro i simboli della loro prosperità, ed essi stessi si trasformano da benevolenti dee d'acciaio a minacce noncuranti, perchè fermare coloro che assalgono il santuario di colei che le ha create è più importante, che difenderne i discepoli.
    Troppo lenta per reagire come dovrebbe, la gemella bersagliata dalla metallica lingua di Jekt solleva il proprio braccio etereo, lo frappone tra il proprio capo e l'arma che l'avrebbe voluta decapitata. Il flusso d'energia turchina oppone resistena ma si lascia attraversare, lasciando una scia di polvere stellare sulla lama scarlatta, quando quest'ultima la supera abbattendosi sulla tempia della macchina: ne scava un solco, meno profondo di quello che le ha aperto sul fianco ma ciò nonostante letale. Scintille e vampe eruttano dalla nuova ferita aperta, e mentre sente quella coscienza artificiale ed aliena spegnersi, Luna ode ad accompagnarne la discesa nel silenzio il richiamo di Thamaja. La spada, o più accuratamente ciò che lei stessa v'ha imprigionato dietro, incastonandolo nel cristallo impossibilmente scuro che la compone. Sussurra versi senza suono, seduce colei che al suo richiamo ha già ceduto tante volte: conoscono il suo volto, conoscono la sua arma, fosse più saggia si direbbe che svelarsi non è la mossa giusta nonostante l'ostilità ormai già manifesta, e dimostrata.
    Ma non lo è, raramente s'è mai ritenuta tale, e mai quando il cuore di Raksaka rombava di possenti tuoni accanto al suo. Per questo mentre colei che l'ha atterrata solleva la propria mano, l'intenzione chiara anche senza poterle leggere il pensiero di provare nuovamente a schiacciarla, ella intercede al richiamo che il suo primo amante le grida in petto, affondando ancor di più le proprie dita nell'essenza nociva e nucleare del potere che le è stato lasciato in pegno, come erede di ciò che fu. Per questo le sue dita si stringono all'elsa di ciò che nel terrore del torrente che ricorda, averla sommersa ed ustionata e quasi consumata, fino a quell'istante non aveva osato sfoderare.
    Colpisce, lo fa sollevandosi e compiendo un passo avanti, mentre leggendo i suoi movimenti e le sue intenzioni l'automa innanzi a lei accelera la propria offensiva, caricandovi meno potere di quanto non avrebbe potuto e così facendo guadagnando, l'opportunità di tentare di fermarla. Lama nera e dita bianche contro il pugno generato dal fuoco azzurro di cui la stella più brillante arde, Luna imita ciò che ha appreso da Jekt per non essere da meno in quella lotta, e mentre la gemella la cui fronte è stata sezionata dalle lame dell'incendiario finalmente cade a terra con un sordo, metallico tonfo, bambola e cyborg si scambiano di posizione, finendo l'una alle spalle dell'altra dopo aver incrociato i propri colpi.
    Un attimo di silenzio, non davvero tale perchè tutt'attorno la metropoli grida, il panico generato dall'improvvisa lotta ormai ben più espanso della piazza sottostante la colonna di luce, alla quale ognuno di loro ha rivolto ogni giorno le proprie preghiere. Mentre le loro ombre danzano, danzanti al ritmo delle fiamme bianche e celesti che sparse dal confronto tra Jekt e la sua avversaria prescelta hanno coinvolto nella loro lotta tanto civili, quanto gli edifici in cui molti di loro abitavano e lavoravano, le due opponenti attendono di conoscere l'esito del loro confronto...finchè la più alta delle due non cade in ginocchio, scavando un solco col proprio corpo metallico, il petto sezionato da due tagli gemelli e profondi, troppo per permetterle di sopravvivere ancora a lungo.

    « lAmA NeRa... »


    La voce metallica, robotica e distorta da pesanti interferenze, mentre dai canyon scavati nel suo costato sgorgano scintille, lampi e fiamme, identiche a quelle che han già iniziato a consumare il piano più basso d'una torre, la cui ascesa è finalmente forse possibile. Apostrofa Luna con lo stesso epiteto che già i primi difensori a guardia dell'ingresso le avevano rivolto, uno di cui l'automa s'accorge di gradire il suono, mentre Thamaja vibra nella sua mano facendo ciò che di più simile uno strumento di morte, sa fare a delle fusa.
    Vorrebbe voltarsi verso Jekt, vorrebbe sorridergli nonostante la verità che gli ha rivelato, cercando di comunicare al suo meglio la decisione che ha preso nel combattere, e che può temporaneamente sanare la menomazione che del suo spirito, lei s'è limitata ad indicargli.
    Ma la gigantessa metallica non ha ancora finito di parlare. E mentre il vuoto di Thamaja le scava dentro, e le folgori di Raksaka ne favoriscono l'opera, riesce a pronunciare un'ultima frase. Prima d'attivare un secondo protocollo, uno di cui non ha bisogno di dire il nome. Ma il cui significato Luna comprende ugualmente, nonostante l'incomprensibilità dei suoi pensieri, perchè la morte ha lo stesso nome e lo stesso sapore, a prescindere da chi la mastica.

    « nOn FeRmErAi lA sUa AsCeSa. »


    Autodistruzione. La gemma incastonata sulla fronte d'entrambi i burattini brilla, questa volta abbastanza da crepare il cristallo in cui è rinchiusa. Tanto la più prossima a Jekt quanto quella vicina a Luna, vedono i loro corpi scossi da spasmi tremendi che portano le loro stesse immagini a vibrare. E Luna sa, perchè ne scorge un lampo nella psiche sconosciuta della più vicina a lei, che la potenza di quella detonazione sarà devastante. Abbastanza da radere al suolo buona parte di quella città, abbastanza da incenerirne una buona porzione degli abitanti, punendoli tutti per il crimine d'aver lasciato passare l'unica creatura in tutto il cosmo, che mai avrebbe dovuto farcela.
    Negli ultimi momenti prima del disastro, prima dell'ecatombe, prima dell'epurazione che le era stata promessa, Luna guarda l'uomo che ha condotto fino a li. E subito dopo, quella che potrebbe essere la loro unica salvezza.
    La colonna di luce sfavillante, il cui ingresso ancora è aperto a poca distanza da loro, pronto ad accogliere chiunque sia pazzo a sufficienza, da gettarsi nel suo flusso...
    Forse sono stati folli, ad affrontare in due l'intera civiltà eretta da colei che Luna, non avrebbe dovuto permettersi di lasciar fuggire. Ma avendolo già fatto, non resta loro altra scelta che dimostrarsi degni di tale dissennatezza. A meno che Jekt non produca in fretta un'idea migliore. O sia sciocco abbastanza, da credere di potersi opporre ad una nova figlia e nipote, dell'astro a cui il suo cuore tende. Lanciarsi in quel getto, entrare nella luce, è l'unica chance che ad entrambi resta. E che lo stesso Luna esita ad intraprendere, prima d'assicurarsi che sia lui il primo a farlo.


    VERS EMBRACE


    Le manca, più spesso di quanto non ammetterebbe. Combattere l'unico modo per ricordarlo, farlo bene, l'unico per onorarlo. Luna può perdersi nel cuore verde e radioattivo, che batte di ricordi accanto al suo. Può trovare gioia, nel farlo. Può trovare potere. Questa tecnica è un abbraccio, il modo più concreto che ha per sentirsi nuovamente vicina, a chi per lei è stato il mondo. Dura 3 turni, perchè il suo corpo non può reggere oltre, prolungabili solo accettando di subire danni del 30% per ogni momento rubato. E le permette di espandere gli effetti dell'abilità Vers Core, richiamando un'ulteriore abilità proveniente dalla scheda di Raksaka - nel caso di abilità a più Status, potrà richiamarne solamente uno a cast - finchè Thamaja, simbolo dell'unione tra la bambola e ciò che grazie a lui è divenuta, sarà tra le sue mani. Utile in battaglia, perchè il ricordo del Vihadah è sempre quello del guerriero più forte. Ma anche nelle notti più buie e fredde, quando Luna scopre di nuovo cosa significa sentirsi sola. Utilizzi: 3 2.



    ACIER MEMENTO


    Prigione e rifugio dei più lieti tra i suoi ricordi, Thamaja è un simulacro unico, una spada capace d'apprendere. L'addestramento di Luna l'ha resa capace di ciò che l'acciaio non potrebbe mai, ma la guerriera non è soddisfatta e proprio come la sua arma, agogna d'imparare nuovi modi per usarla. Acier Memento permette a Luna, osservando un avversario che utilizzi una tecnica che richieda un'arma per essere utilizzata e su cui sia attiva la tecnica Chasse, di memorizzarla nella propria spada, inciderla nel suo nero cristallo, conservarla a tempo indeterminato affinchè assieme siano capaci di eseguirne una perfetta copia. Eredita ogni malus ed effetto delle tecniche originali, sostituendoli se necessario e possibile, ed ogni cast successivo permetterà la riproduzione di una qualsiasi di quelle già stoccate in memoria. Per lungo tempo, Luna non ha voluto altro che imparare cosa volesse dire avere un cuore. Ora che ne ha assaggiati molti, il suo scopo è cambiato. Ora, vuole poter essere in grado di trafiggerli tutti. Utilizzi: 8 7.


    CITAZIONE
    Crocefissione, appresa da Jekt - Una linea bianca, una nera, e tutto svanisce. La Crocefissione è la tecnica finale dell'arte spadaccina del Rosso, che Luna ha reinterpretato dopo averla osservata, durante il loro scontro. Una X da tracciare su ciò che non vuol esser costretta a vedere più. Agisce senza preavviso, non richiede pose o moine ma può esser eseguita solo se Luna è pronta richiedendo Forza e Velocità disumane - entrambe Lv5 - per essere scagliata, tutto l'aiuto necessario a supportarla - un Power Up attivo - ed entrambe le sue armi - Thamaja e Marble Main - a tracciar le braccia della croce che prende forza da ogni capacità di chi sceglie di segnarvi il mondo - la tecnica ha Scaling sull'Abilità Blanc Core e su un'eventuale abilità attiva nell'Acier Core, oltre che su Forza e Velocità. Un attimo prima siete li, a lottar per la vostra vita contro una bambola armata di pietra e vuoto, animata dal ricordo di chi l'ha sconfitta. Quello successivo di voi non rimangono che resti e sangue, una cancellatura bicroma a segnare il luogo in cui la vostra vita è stata spezzata.




    Il colpo di Jekt riesce ad abbattere la gemella a cui mirava: il braccio tenta di fermarlo, con potenza del 100% (che ha sempre attiva, motivo per cui le tecniche delle due avevano sempre potenza base del 200%, dopo averlo attivato), insufficiente a non lasciar passare abbastanza danno da ferirla, nonostante la sua resistenza (ma grazie anche al colpo già inferto in precedenza), abbastanza da ucciderla.
    Luna stessa affronta la sua opponente, che per via dello scarto di Velocità riesce a reagire castando una sola tecnica anzichè due, per controbattere alla Crocefissione con cui Luna la investe, dopo essersi data l'abilità Ammazzadraghi tramite Vers Embrace, per poterla utilizzare. La sua potenza, unita ad antiforza ed antiresistenza di Thamaja, le permettono di uscire vincitrice dal confronto ed abbattere anche la seconda gemella.
    Che però attiva per entrambe un protocollo di autodistruzione, la cui potenza stimata basta a spaventare Luna, convincendola che l'unico modo per salvarsi sia gettarsi nel torrente di luce ove Jekt stava per dirigersi prima di questa breve battaglia.
     
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    dalla stella che brilla di meno...un BUCO NERO O_O

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    Alza lo sguardo quando il suo bersaglio cade. Ci spera, per un istante, di vederne altre giungere. Troppo poche, troppo deboli, non vuole credere che il paradiso che proteggevano sia tanto sguarnito non perché non sia convinto che la sua esistenza sia solo una facciata, ma perché ha bisogno di colpire ancora per sfogarsi davvero.
    Ad ogni fiammata un ricordo bruciato, ad ogni vampa un frammento di se che si fa cenere, ha smesso da tempo di chiedersi quand'è che tale scambio ha smesso d'essere una maledizione diventando piuttosto l'unico modo per restare in piedi. A guidarlo odio e disprezzo, rivolto tanto spesso ad altri quanto sovente a se stesso, raramente il suo cuore stanco riesce a battere per altro e la meravigliosa complessità dell'animo umano è ormai da lustri divenuta un ingombro, un impedimento, un dolore che il suo arido spirito non è più disposto a concedersi: per questo ciò che Luna gli ha detto va cancellato, per questo le sue parole van scordate e ciò che prova nei suoi confronti va lavato dalle sfumature che tale dichiarazione gli han dipinto addosso.
    Rosse e celesti, le lingue che divorano la metropoli e le sue guardiane soddisfano meglio il suo sguardo nella loro cromatica dicotomia. L'odio per loro ed il loro furto più semplice e diretto, avesse avuto più chance è certo di come avrebbe ingoiato presto ogni altra cosa riconsegnandolo al consolante abbraccio di un demone che a volte è anche amico: come l'alcol un tempo e l'amore ancora prima, Jekt non sa bere che troppo e solo negli abissi in cui si affoga pur di non esser scottato dal sole riesce a riconoscere se stesso.
    Invece quando le gemelle cadono, invece quando la testa della sua vittima viene divelta dalla lingua che impugna e Luna sfregia la propria abbastanza a fondo da farla accasciare a terra, usando un'arte che lo spettro in rosso riconosce come propria, l'uomo che brama d'esser diavolo è immerso solamente fino alla vita: per poter dimenticare, per poter seguitare ad esser ciò che dice di maledire ma che non vuol davvero cambiare, ha bisogno di più lacrime e sangue e cenere.
    Per un attimo la scelta sembra ovvia, al limite dell'idiozia. Luna l'ha voluto li, Luna l'ha usato, Luna l'ha ferito. Chi altri dovrebbe pagare per un peccato se non colei che l'ha commesso? Assalirla sarebbe facile, trovare motivi diversi dalla frase che gli ha rivolto per volerla vedere in cenere uno sforzo semplice. I pensieri s'incanalano da soli in quel torbido torrente, sgorgano dalle montagne di giustificazioni dietro cui Jekt si nasconde da tempo e colano fino al mare sotto le cui sanguigne onde ha affogato il proprio ego, le sue lame si sollevano pronte a colpire ancora quando le loro fangose acque sfioreranno le spiagge cineree del poco che resta di ciò che un tempo era un continente ed ormai è uno scoglio a malapena definibile isola: se non lo fanno, se non la sferzano. E' solo per via della diga che incontrano quando la strada è ormai quasi compiuta, posta dalle stesse donne meccaniche che credeva esser già invisibili sedimenti di quel ruscello.
    Tremano, brillano con un'intensità mai vista prima. Di meccanismi non sa nulla, d'entità elettroniche ancora meno, ma non gli serve conoscerne il funzionamento per capire ciò che stanno per fare. O per intuire che chi è nato dalle scintille d'una stella, come tale brillerà nei suoi ultimi violenti istanti.
    Le opzioni s'accavallano nella sua testa, è l'esperienza a scremarle abbattendo presto le meno adatte. Fuggire senza sapere quanto esteso sarà il raggio della detonazione, scagliarle lontano senza esser certi che sfiorarle non voglia dire accelerarne lo scoppio. Gli occhi son più veloci della mente, le gambe precedono il pensiero ed è quando è già proiettato verso la colonna che si rende conto di ciò che sta facendo. Se c'è un mezzo per sperare di potersi allontanare abbastanza in fretta, se c'è qualcosa in quel primo piano della torre a poter resistere all'imminente distruzione. E' l'obelisco da cui tutta la luce giunge, raggiungibile dall'altare sacrificale su cui già una volta ha camminato.
    Passa attraverso le proprie stesse fiamme per raggiungerlo, supera le scale ed i fiori ed i dipinti che stanno ancora consumandosi dopo che lui stesso li ha consegnati ai morsi del proprio demone. Per un attimo la guarda, per un attimo desidera agguantarla. Colei che ha creduto di voler distruggere, colei che è la responsabile della desolazione che sta spadroneggiando tanto dentro quanto attorno a lui. Forse per potersi assicurare d'essere lui stesso a consegnarla al fato che merita. O forse perché quel desiderio nasce da un conflitto più profondo, uno che teme ben più di quanto non abbia mai temuto ogni scontro che si può vincere incrociando lame e vomitando inferno.
    Se lo nega, s'impedisce di cadere in quel tranello. Concentrandosi piuttosto sul calore che ha avvertito nel trovarsi vicino a quella fiamma candida, alle parole che le gemelle stesse hanno pronunciato nel descrivere ciò che accade quando qualcuno varca il confine di quel pilastro: anche lui tornerà alla cenere un giorno, ma ha molto da fare prima d'allora. Una torre diversa e più scura lo chiama a se e per quanto il suo percorso abbia deviato dalla sconosciuta strada che lo porterà ai campi di rose che la circondano le fiamme possono fargli scordare il suo passato, ma non il suo futuro; per questo se ne circonda, l'attimo prima di tuffarsi. Per questo lascia che scaturiscano da ogni poro della sua pelle nera, proteggendolo perché anche il diavolo ha bisogno di carne per camminare tra gli uomini e Jekt stava servendolo da molto tempo e con una dovizia senza pari. Per questo nel loro abbraccio urla, sputando il loro rosso più che può nella vana ma intensa speranza che possa bastare per respingere un bianco ben più incandescente.
    C'è una stella ad attenderlo alla fine di tutto questo. Forse non lo vorrà più, sapendo quante volte ha respinto la sua stretta.



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    Lampo
    Un'improvvisa combustione, una scintilla dorata. Il Lampo concentra la forza delle Fiamme in tempi e spazi ristretti ottenendo una vampa più brillante e fulminea, capace di proiettare con grande celerità tanto Jekt quanto una delle sue fiammeggianti sorelle: che sia per sfuggire alla morte, o per dispensarne, il Rosso potrà saettare per decine di metri lasciandosi dietro null'altro che fiamme d'oro; allo stesso modo, qualsiasi fiamma - o tecnica - resa Lampante assumerà tinta paglierina e la velocità d'un fulmine, la capacità di porre fine ad una vita, prima ancora che se ne avverta il calore.



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    Combustione Maggiore
    Se esiste un limite all'inferno che brucia nella sua anima, Jekt non lo conosce. Un limite alla sua brama, alla sua fame, al potere che può dargli. Gli basta desiderarlo, pregarle e loro risponderanno all'istante, servili e sottomesse finché il Rosso svolge il compito che gli hanno marchiato addosso. Proprio come la normale Combustione questa tecnica gli permette di infiammare una manifestazione dell'elemento che lo domina con la sua potenza - o incanalarla in quella di una seconda tecnica - ma è nella scala la differenza, nella foga con cui esse risponderanno al suo richiamo, garantendogli una potenza del 200% con cui spianare ogni ostacolo ed offrir nuovi sacrifici. In compenso, Jekt potrà usufruire di questa risorsa un'unica volta.



    Ero in dubbio se andare sul sicuro con Combustione Maggiore oppure aspettare che mi dicessi tu, ma Jekt da diffidente com'è e da roleplay per ciò che ha pensato anche prima è giusto la spari anche nel caso non serva u.u 230% di potenza, usata per tentare di proteggersi dall'eventualità che la colonna di luce bruci a prescindere chi ci si butta.

    PS Jekt riconosce l'autodistruzione ed il fatto che sarà una roba grossa grazie alla sua abilità Antico!
     
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    Jekt svanisce. Prima un lampo d'oro, poi una vampa che accende di rosso il bianco d'una colonna che combatte la sua intrusione: lume accecante contro fiamma, Luna non ha tempo da perdere nel domandarsi chi mai tra loro potrà vincere.
    Perchè le gemelle macellate, le macchine alimentate dalla stella, vibrano talmente tanto ormai da provocare un terremoto. Un cataclisma minore, rende la sua corsa più difficile di quanto non dovrebbe, mentre accettando il consiglio silente dell'unico in quella torre a non volerla morta subito, scatta verso l'unica via d'uscita ancora possibile ad entrambi.
    Ad ogni passo un nuovo tremito, gliene bastano tre per rischiare di cadere. Si convince a balzare, spingendosi con le braccia con cui evita di schiantarsi a terra, solo quando comprende per la prima vera volta i pensieri della più prossima di quelle macchine. Udendo, con le orecchie della mente, l'addio che esse si sussurrano l'attimo prima che le loro forme si sciolgano per liberare ciò che alla loro nascita, era stato incastonato loro dentro.
    Si scaglia con forza, grida e nel farlo si libera del travestimento dietro cui s'era nascosta, lo sforzo operato nel salvarsi grande abbastanza da cancellare il falso cuore, di cui s'era riempita il petto. Semina l'azzurro che inonda il mondo alle sue spalle, sostituendolo con un bianco da cui si protegge lasciandosi stringere dal suo Raksaka, più forte di quanto egli non sia abituato a farlo: una macchia rossa, e poi una verde, entrambe ascendenti, è l'ultima cosa che in molti vedono allungando lo sguardo verso il pilastro che ha dato loro luce, calore, energia e vita.
    Poi l'esplosione, duplice ma unica, perchè niente se non una mente artificiale può essere tanto precisa da far coincidere due istanti tanto bene. Poi la vampa, ma non la cenere, perchè non è per bruciare e basta che le due sorelle si sono fatte esplodere.
    Luna non lo sa, Luna sente a malapena, avvolta da ogni lato da quell'abbacinante candore che minaccia d'invaderla e strangolarla: le ricorda un momento simile, vissuto o forse no, il un limbo con lo stesso sapore della spada che ancora impugna. I colori invertiti, un negativo di ciò che vive, ma è nel loro assoluto che li trova simili e se ai tempi era stata l'assenza a farla tremare, l'empietà da ogni cosa se non una sagoma rossa di cui non riesce a ricordare il nome, questa volta è la pienezza a farla sentire minuscola, nient'altro che una goccia in quella splendida cascata ascendente: ode un canto distante nelle sue viscere, intonato dalle innumerevoli voci di coloro che alla sua fiamma si sono immolati. Prima poco più che eco e poi sempre più travolgente, al punto che ne il ringhio di Raksaka ne il ruggito delle lingue di cui Jekt s'è avvolto potrebbero reggerne molto più a lungo il confronto. In tanti sono morti in quella corrente, in tanti son divenuti parte del suo flusso nell'istante in cui l'han toccata, generazioni intere si sono succedute sacrificandosi a quel lume perchè convinte di potersi guadagnare un mondo migliore...e per un istante colei che dovrebbe essere soltanto una bambola, e soltanto un'assassina, riesce a coglierne la finale estasi.
    Perchè il fuoco, quello che conosce per nome e che ha retto tra le mani, il giorno in cui l'ha sfidato con la spada e quello in cui l'ha vibrato, contro il mondo destinato a morte della sorella da cui è rinata. Mai potrà eguagliare il richiamo di quei raggi, mai potrà sedurre quanto il richiamo di coloro che assieme hanno deciso di tendere al cielo, perchè è nella notte che le loro speranze stanno per essere scagliate.
    In cima a tutto ciò, distante quanto un sole può esserlo dalla terra che riscalda, Luna scorge per un istante una mano tesa verso di lei. Un invito personale, un richiamo specifico, diverso da quelli collettivi che son stati offerti a tutti prima di lei...
    E poi il mondo trema, e poi l'idillio viene spezzato. E poi il pilastro al cui centro s'è gettata trema e s'infrange, il potere scaturito dalle gemelle finalmente lo raggiunge, in un istante congelato al punto da tendersi per quel che a lei potrebbero essere sembrate ore, o forse giorni, o forse secoli...
    E poi c'è un CRASH! immenso, e la cascata devia, turnica e si fa turbolenta, la traiettoria prima precisa e dritta rotea, finchè tutto non finisce. Finchè un forte impatto non la stordisce, ed altri colori tornano a fatica a macchiare i suoi occhi, e le sue orecchie vengon raggiunte da un chiasso al tempo stesso enorme, e minuscolo confronto al dolce richiamo che fino a pochi istanti prima ha esperito.
    Si ritrova prona, schiantata con vigore su una lastra di pietra scura. Una sagoma rossa vicina a lei, l'uomo che l'ha accompagnata e preceduta risputato come lei da ciò che ha promesso d'annullare entrambi, sciogliendoli in un mare di coscienze unite e tese al cielo. Alle loro spalle la colonna, l'obelisco, perfora il terreno e s'allunga oltre i bordi del foro che la costeggia e sui cui margini entrambi si trovano, verso il piano della torre che hanno appena abbandonato, da cui migliaia di grida si sollevano all'unisono. Perchè ciò che la separava da tutto il resto è rotto, i suoi frammenti ancora piovono, schegge di vetro rese fina polvere dalle detonazioni che l'hanno coinvolta e distrutta, e le cui fiamme celesti ora roboano alimentate dalla stessa luce candida che vi si mischia, rovesciata come da un rubinetto rotto, da ciò che rimane della colonna che risale lungo il cuore della torre. Energia infinita piove al centro della metropoli che hanno scelto di immolare al loro scopo, e chiunque vi abbia mai abitato grida, dissolvendosi nella sua luce...ed in quel momento la stordita bambola ricorda quanto appena vissuto, compreso il richiamo verso l'alto.
    Allora alza lo sguardo. Allora vede dove si trova, e trema nel notare chi occupa tale spazio.
    Perchè al di sopra di quel primo piano che ora brucia, la torre non è che un'unica ciclopica sala. Un cilindro che si sviluppa verso quote tanto vertiginose da non poter essere viste, non per ostruzioni ma per semplice distanza, dai suoi occhi scuri. E lungo le pareti di tale vertiginosa costruzione, incastonate in esagoni che richiamano all'istante nella mente dell'automa il nido di un'ape, equidistanti l'una dall'altra ed identiche al punto da far girare la testa ad uno sguardo troppo attento...
    Altre gemelle, altri automi. Altre macchine identiche alle due che hanno abbattuto e costretto all'autodistruzione, tante ed innumerevoli quanto le stelle nei cieli più limpidi, e ad esse simili nel momento in cui gli astri stilizzati sulle loro fronti s'accendono, ed i loro volti lisci vengono puntati verso il basso.

    « J-Jekt... »


    Balbetta, tremando appena. Intimorita dai loro sguardi al punto da sentire il bisogno di nascondere Thamaja, che ancora brilla oscura nella sua mano, col proprio stesso corpo...senza ricordare di non aver più alcun travestimento, senza rendersi conto di essere finalmente nuda innanzi a loro, il viso esposto come quello di colei da cui sono state addestrate a stare all'erta, pronte ad eliminare a vista.
    Ne hanno sconfitte due, non è stato difficile. Ma quelle che si trovano innanzi e sopra, mentre la città sotto di loro arde e splende tramutando ogni suo abitante in combustibile. Sono...tante. Innumerevoli. Troppe.
    Per un istante, Luna si pente di non aver accettato l'invito ricevuto durante il tempo trascorso nella luce. Poi anche quell'emozione viene soffocata dal timore. Quando la prima di quelle sagome metalliche guadagna un braccio rovente e ceruleo, e con esso si disloca dalla parete su cui è incastonata. Atterrando pesantemente sulla piana scura al cui centro la bambola si trova, assieme a colui che ha condotto assieme a se, su un patibolo ben più impietoso di quanto non l'avrebbe creduto. Seguita poi da un'altra. Ed un'altra ancora. Una pioggia di donne d'acciaio, ognuna di loro silente e distante come Luna stessa deve esserlo sembrata, alle troppe nipoti che ha arso...prendendo in prestito il potere dell'uomo che accanto a lei, si ritrova a doverne condividere l'impietoso, ultimo giudizio.


    VERS BURST


    Troppo potere, per poterlo davvero contenere. Troppa rabbia, per potersi impedire di sfogarla. Ereditare il cuore di Raksaka, lasciare che batta nel suo petto, significa ereditare più dei ricordi che han creato assieme. Luna ricorda il furore nei suoi occhi, il veleno nelle sue vene, le voci dei caduti a sussurrare costantemente alle sue orecchie, di procurar loro nuovi fratelli. Lui aveva una compagna, a strapparlo alle loro mani. Lei chi ha? Il Vers Burst è il desiderio di distruzione del figlio del Fallout, che rimbomba attraverso la sua discendente, assicurandosi che il mondo sappia che non è morto e che mai, si estinguerà. Risuona come un ruggito, attraverso il vuoto nel petto della bambola quando il Vers Core lo illumina, inutilizzabile se non sotto gli effetti di un power up perchè troppo impetuoso, necessitando del consumo di un utilizzo derivante da Blanc Core, perchè solo annullandosi di fronte alla velenosa luce, Luna potrà metterle le briglie. Dona potenza di tecnica ad una tra le Abilità risparmiate all'oblio chiamate ad abitarla, partendo dal 120% ed allegandole uno Scaling, a Vers Core stessa. Lampi di giada, colpi possenti o bombe d'energia, il messaggio è lo stesso: la fine non è stata fermata. Ha nuova forma, e lo stesso verrà a prendervi. Utilizzi: 3 1.




    Spero si capisca abbastanza?
    La maggior parte del post è un trip di Luna, che in parte (escluso l'invito finale) dovrebbe avvertire anche Jekt, all'interno della colonna di Luce. Castando anticipatamente mi hai anticipata di un post, ed in effetti si, la potenza a cui entrambi dovevamo fare fronte per non bruciare nella luce era del 200%: entrambi ci riusciamo (i due Vers Burst di Luna servono rispettivamente a scattare prima, ed alimentare l'aura elettrica poi, che come tecnica raggiunge una potenza del 170%, che sommandosi il 50% dell'aura stessa, basta a farla resistere), benchè se il viaggio fosse durato di più, tale cifra sarebbe rapidamente lievitata in maniera esponenziale.
    Invece è tutto sommato breve, per quanto paia (almeno a Luna) ben più lungo, e si interrompe perchè la colonna viene infranta, e Luna e Jekt scivolano fuori da una crepa, trovandosi nell'unico immenso piano superiore della torre.
    In mezzo ad un numero incalcolabile di robot simili alle due che hanno appena sconfitto.
    Mentre la metropoli al primo piano brucia completamente, annullata dal candore della luce sprigionata dalla colonna infranta.
     
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    E' solo dopo la luce, solo dopo i canti, solo dopo la promessa di un'aldilà diverso da quello urlante e sofferente che le sue fiamme promettono al mondo. Dopo che la colonna che ha invaso lo repelle, dopo che il suo corpo si schianta a carponi e fumante sulla nuda e scura roccia che delimita la menzogna del paradiso dal purgatorio in cui la sua gloria viene celebrata.
    Quando un calore che non è suo richiama il suo sguardo, quando lingue di fiamme bianche d'una purezza fasulla lo costringono a voltarsi, a guardare verso il basso, e non scorgervi nient'altro che un nuovo inferno. Che finalmente Jekt boccheggia, che finalmente Jekt si infuria, bruciando e scordandosi di ciò che Luna gli ha detto perché nulla importa più innanzi a quell'orribile profanazione.
    E' stato baciato da quel raggio, scelto per motivi che non ha mai questionato da chiunque possa puntarne la grazia. Campione indegno, deludente eletto, è stato lui a profanarle rendendole combustibili del proprio odio. Eppure ciò nonostante, o forse proprio per questo. Ha riconosciuto il proprio sbaglio, compianto la propria occasione sprecata, maledetto se stesso ed il proprio cuore per non aver permesso loro di sbocciare in altro. In qualcosa di più bello di ciò a cui ha assistito, in qualcosa di migliore dall'unico infernale erede che è riuscito a dare loro.
    Ma lui ha un demone in petto, ha una maledizione a gravargli sulle spalle. Un male inestinguibile ed antico ad averlo rovinato, reso sterile, incapace d'altro se non di gettare nuovi ceppi nella fornace che da secoli lo strangola e lo soffoca, facendo di lui meno di un uomo e poco in più rispetto agli spettri che gettava al fuoco.
    Ha una scusa, una giustificazione per ciò che ha fatto. Invece lei, invece loro, chiunque o qualunque cosa sia la responsabile di quello scempio. Non ha altrettante scusanti a sua discolpa, ed anche se le avesse Jekt ha sempre detestato con tutto il cuore chiunque, compiendo i suoi stessi errori, gli ricordasse troppo di se stesso.
    Luna.
    Non la guarda, sa che la incenerirebbe se lo facesse, per la colpa d'averlo trascinato li. Ad osservare innumerevoli spiriti venire immolati in nome di ciò che non dovrebbe chieder sacrifici, che non dovrebbe arderli come fosse una fiamma ben più profana, che non dovrebbe essere malvagio perché l'astro che ha scorto in cielo era bellissimo e quel tributo è indegno del suo splendore e della benedizione che ha elargito al mondo.
    Anche la fiamma si rifiuta, anche lei è infuriata, la scoperta che ciò che aveva creduto combustibile possa tramutarsi in concorrenza al suo operato pesante quanto basta a farla sprofondare nelle membra del suo servo. Ne stringe le viscere nella sua morsa ardente, riempie i suoi polmoni del fumo che il suo stesso corpo emette mentre si incendia a fuoco lento, ottenendo in cambio il potere di sfogare quell'abissale delusione.
    Che innanzi a lui ci siano altre di loro. Che siano tante, troppe, innumerevoli e forse più, allungate dalla base di quel purgatorio fino ed oltre il cielo ove una di loro ha pensato di potersi nascondere dal suo giudizio. Non è una punizione, non è una condanna, ma piuttosto un premio.
    Se davvero è così che quel mondo deve finire. Se davvero è tra fuliggine e braci che quella torre deve crollare, assieme al falso idolo che l'ha eretta ed agli stolti che hanno scelto di credere alle sue parole. Assieme ad ogni loro figlia, ad ogni creatura nata nella luce di quel fasullo sole, indegno di discendere dall'astro azzurro che con voce tonante ha spinto Jekt a non spegnersi quando una mano avrebbe potuto soffocarlo.
    Che lo facciano per loro, che lo facciano per lui. Che a mieterle sia chi già troppe volte s'è macchiato di peccati simili, ed in suo nome sia intonata ogni maledizione.
    Non può difendere una stella, non la può raggiungere, arriva a pensare che dopotutto sia meglio così. Che almeno ne rispetti la memoria, allora. Che almeno ne conservi il ricordo, cancellando ciò che impunemente l'ha voluto macchiare.
    Togliti di mezzo.
    Solleva le spade, allarga le braccia, è pronto ad accoglierle ed ucciderle. Sfregiarle, gettarle la dove le loro sorelle han dato inizio al roboante requiem, distruggerle assieme alle memorie con cui Luna l'ha infettato e che non attendono che una vampa ad epurarle, così che Beta possa brillare senza il loro sangue sulle mani.
    Una, cento, diecimila. Ha un fendente per tutte loro, per tutte loro una fine pronta, bambole come le tante che ha reso polvere quando convinto dalla propria idiozia che salvare Luna fosse un modo per onorare un vecchio amico. L'ultimo di quei colpi, l'ultimo di quei lampi d'acciaio rosso, lo conserva ed è l'unico ad avere un nome. E' lo stesso di colei che grazie a lui è rinata, e grazie a lui raggiungerà presto le sue simili, nell'averno che s'è guadagnata giocando con un fuoco di cui chi non ha un cuore non potrà mai guadagnare l'obbedienza.



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    Incendio
    Sembra un mostro, uno spettro d'ombra e cenere sorto dai resti d'un sogno ormai morto. Ma è pur sempre solo un uomo. E cosa può un uomo contro il male che gli vive dentro? Jekt cederà prima o poi. Resistere al richiamo delle fiamme fa male, è la sua mente che bruciano se nuovi sacrifici non vengono offerti e non c'è nulla per cui valga la pena non farlo. Cederà e saranno loro a prendere il controllo ed a lui non resterà che rannicchiarsi in un angolo della sua coscienza, e guardare il mondo bruciare. Perché le fiamme gioiscono quando ciò accade, e niente potrà più opporvisi quando Jekt si fa da parte. In termini di gioco, l'abilità Maledizione della Prima Fiamma e la sua Personalizzazione guadagnano entrambe un Lv, per 5 turni.



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    Forza Interiore
    Quando la tenacia non basta e l'oblio si avvicina...le fiamme si estingueranno, lasciando solo cenere. Ogni scintilla verrà smorzata da un vento di tempesta e la carcassa di Jekt prenderà a sfrigolare, emanando fumi d'ebano. Sfruttare la Forza Interiore significa scambiare il proprio corpo col Potere, perchè le fiamme lo consumeranno dall'interno dandogli in cambio un potere senza pari. Per sei turni Jekt guadagnerà una Velocità pari alla sua Forza, perdendo tuttavia la facoltà di emettere fiamme tramite la Maledizione e subendo un danno del 5% a turno. La tecnica può essere interrotta, ma farlo consuma un'azione.



    Jekt se la sente un sacco, si poweruppa e fa VIECCE alle millemila mecha-mommy u.u


    Edited by boide12 - 26/1/2024, 13:25
     
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    Empatica, perchè costretta ad esserlo. Influenzata troppo spesso dai pensieri di chi ha accanto, perchè la sua mente ed il suo cuore sono nati vuoti, tavolozze prive di colori se non quelli trafugati a tinte altrui...Luna fatica ugualmente, a seguire Jekt nella baratro della sua follia.
    Ha sofferto, soffre ancora, lo fa sempre ed il motivo gliel'ha detto, più incisivo a parer suo della maledizione che lo affligge, ad essa legata a doppio filo perchè è a causa della stessa che egli rifiuta ogni contatto, ed il tocco di chiunque da lui voglia altro che un'orrenda fine. Non può morire, o almeno di questo è convinto, perchè il demone che gli cuoce il cuore ha bisogno d'un vascello per portar rovina ai mondi, anche a costo di ricostruire e rimettere in piedi quello cui ormai da tempo s'è abituato...
    Ma quelle donne fasulle, quelle gemelle d'acciaio e luce. Quelle marionette che collegate a fili che ancora a nessuno dei due è stato dato vedere balzano via dagli alveoli in cui sembrano esser nate, e state immobili fino a quell'istante, in attesa del momento giusto per attivarsi e del volto adeguato innanzi a cui farlo. E che atterrano pesantemente sulla lastra di pietra nera, e che volano in più rare occasioni sospinte dal calore del loro braccio più splendente, le stelle sulle loro fronti a brillare come un'intera costellazione pronta a calare su chi l'ha costretta ad accendersi: sono troppe, sono innumerevoli. Una forza inaffrontabile, a prescindere da quanti fendenti si pensa d'essere in grado di scagliare. Un'armata che nulla ha da invidiare a quella che Selene aveva costruito per se stessa, usando ancelle eleganti anziché colossi d'acciaio, e che per questo Luna non può che giudicare invincibile senza un piano migliore dello scontro diretto per abbatterla.
    L'indecisione costa, e quando la prima di loro scatta la guerriera non è pronta, e quando a seguirla ce n'è un migliaio proveniente da ogni direzione tranne il basso, ove fiamme perlacee bruciano sempre più alte in un rogo accecante e terribile, ella non può che levarsi ed impugnar la propria spada senza nemmeno essersi preparata alla propria nuova, imminente fine.
    Quante volte, è già stata distrutta? Quante volte potrà ancora tornare, sempre che tale possibilità non l'abbia già esaurita? Ad altri, a quasi tutti ne basta una soltanto, ed il solo pensiero del vuoto che ricorda a stento d'aver abitato tra un'esistenza e l'altra, prima che Ecate la ripescasse dalle ombre o una sagoma in rosso, trovasse per lei una via d'uscita dall'oblio; è sufficiente a farla tremare, è sufficiente a raggelarla, e per la prima volta da tempo il ruggito con cui Raksaka e Jacob e Selene rispondono a tale pensiero non le è sufficiente per convincersi di poterne sfuggire, per raccontarsi riuscendo a crederci che sarà possibile cavarsela, e non doverlo affrontare ancora...
    Per questo fatica a capire. Quando la prima di loro li supera, quando nemmeno volge a loro il proprio sguardo. Correndo più rapida che può non verso gli invasori, non verso i distruttori. Ma piuttosto verso il luogo da cui vengono, la voragine ove la città brucia ancora, infiammata dal flusso senza fine di luce che ancora vi si riversa piovendo come divino giudizio dalla colonna infranta, dal pilastro che hanno permesso venisse incrinato.

    « Non... »


    Non è la sola a farlo. Tutte, chi correndo e chi planando, chi geddandovisi di testa e chi precipitandovi, è a quello spazio che puntano davvero. Quelle alle loro spalle, separate dal diametro di vuoto che circonda la colonna, neppure ci provano a raggiungerli. Quelle innanzi a loro li superano, li evitano, li scartano o scavalcano, balzando o scartando o fluendo a distanza sufficiente, affinchè ne le mani di Luna ne le lame di Jekt possano sfiorarle.
    E la bambola lo sa, che dovrebbe esserne sollevata. Che questo significa che non dovranno affrontarle tutte, che questo vuol dire che forse, la nuova fine che è certa un giorno la raggiungerà ancora, e forse finalmente in maniera definitiva, non è in quel momento che deve fronteggiarla.
    Eppure c'è qualcosa, un presentimento, una sensazione ostile e sinistra, ad impedirle di smettere di sudare freddo, o osservare altro che quel flusso d'innumerevoli corpi d'acciaio, in procinto d'immolare se stessi nell'inferno che è stata lei a scatenare.

    « Non è per noi che si sono svegliate. »


    Menti aliene, guidate da sequenze di zero ed uno, finchè erano due soltano non ha potuto che captarne vaghe intenzioni, troppo differenti da quelle che è abituata a leggere per capacitarsi dell'esistena di un linguggio così distante. Ma ora che sono così tante, ora che a guidarle c'è un unico istinto, un unico dettame. Mentre una dopo l'altra scorrono via, mentre come uno sciame li circondano, trattandoli come poco più d'ostacoli attorno a cui fluire.
    Interpretarle si fa meno complesso, comprenderle si fa più facile, finchè Luna non inizia ad intuire il pattern di cui sono tutte schiave, ripetuto all'infinito in ognuni copia che le sfila accanto, vicina abbastanza da poterne udire il grido d'addio, a quel mondo che pochissime di loro hanno avuto modo di vivere.

    « Questa non è una torre... »


    Non ha mai pensato di poter sfidare il cielo da laggiù, piantata a terra. Non è mai stata eretta con lo scopo d'essere un rifugio per più generazioni di quelle necessarie, ad attendere il momento in cui la lama nera di cui le loro storie parlavano sarebbe finalmente giunta ad esigere lo scalpo, di chi un tempo l'aveva respinta.
    La terra trema, i boati di quei nuovi sacrifici che uno alla volta esplodono, violentemente quanto le prime due ad averlo fatto, si ripercuotono sull'intera struttura. Se non la demoliscono, se non conducono ad un crollo. È solo perchè ad una tale evenienza l'intera costruzione era più che pronta, essendo stata progettata con in mente proprio l'evento che finalmente, sta per giungere a compimento.

    « È un razzo. »


    Le sfuggono i dettagli, perchè alle macchine che si immolano non è mai servito conoscerli. Perchè la recita, perchè la metropoli, perchè i suoi abitanti ed il loro rogo, i bizzarri riti sacrificali che officiavano in nome della luce.
    Perchè aspettarla, perchè non farlo prima che lei potesse tornare, o dopo averla distrutta. Perchè dare vita a tante figlie, soltanto perchè potessero poi morire.
    E poi, risposta ovvia ma che nello stranimento le sfugge temporaneamente, persa nel tentare di comprendere ancor più a fondo il flusso di menti programmazione identiche che le sciamano tutt'attorno, dirette senza requie alla propria cremazione. Dov'è, che quel mezzo dovrebbe condurle. O se non loro, almeno colei che è più che certa risiedere nell'alto verso cui alza lo sguardo, e che tutto questo l'ha creato per uno scopo.

    « Uno che sta per decollare. »

     
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    Luna si domanda dove. Luna è sciocca, Luna è cieca, perché i suoi occhi non sono mai stati baciati da quell'unica vera luce.
    Jekt lo sa, nel momento in cui è lei a dirglielo. Nel momento in cui riconosce quella torre per ciò che è, intuendo grazie alla spinta della bambola ciò che da solo gli sarebbe sfuggito.
    Perché è ovvio, perché è naturale. Perché è quello che avrebbe fatto lui non avesse intuito fin dal primo istante di non esser degno ne d'un tale viaggio, ne della sola meta a cui un mezzo simile avrebbe mai potuto puntare.
    Dovrebbe essere deluso, dovrebbe infuriarsi ancor più di quanto non lo sia all'idea di non potersi immolare nella battaglia impossibile in cui aveva creduto di poter morire in nome dell'astro sulla cui superficie nessuna cenere avrebbe dovuto posarsi. Dovrebbe cercare di fermarle, dovrebbe gettarsi in mezzo al loro incessante flusso, mulinare le sue lame ed interromperne l'estremo sacrificio così che le fiamme candide il cui rombo si ripercuote sull'intera struttura di quel razzo non siano sufficienti a proiettarle nel cosmo che intendono sfidare: eppure tutto svanisce quando Luna rivela l'arcano, e per la prima volta da quando l'ha cercato lo spettro in rosso riesce ad esser grato del disastro al cui epicentro l'ha condotto.
    Perché la speranza è veleno che ha imparato da tempo a non accoglier nel proprio petto, perché desiderare l'impossibile non porta che alla sofferenza di non poterlo mai raggiungere. Perché da solo non si sarebbe mai permesso, non avrebbe mai osato costruire qualcosa di tanto ambizioso, di tanto vanaglorioso, di tanto folle.
    Ma ora che ne è stato messo a parte lo capisce, ora che grazie alla bambola comprende lo ammira. Un sogno scriteriato, la fantasia di un pazzo, forse non poi così diversa da quella che per via d'un sogno l'ha portato a levarsi dalle seggiole del Ramo in cui s'era rinchiuso in sbarre d'alcol e mettersi alla ricerca della scura torre la cui ombra ancora lo tormenta. Una civiltà in sacrificio, scintille innumerevoli disposte a perire pur di permetter ad una sola di loro di compierlo, di gettarsi tra le stelle nel tentativo di raggiungere la sola capace di non investire chi la osserva d'empie promesse ma piuttosto di potere.
    Quello puro, quello incommensurabile d'un astro che brucia da sempre e per sempre arderà ancora. Quello di cui la fiamma ha fame, e l'uomo bisogno. Quello che aveva creduto di non poter raggiungere mai più, di non poter mai più vedere. E che invece grazie a Luna ed alla scellerata che aveva dedicato la propria vita e quella di così tanti altri a quell'unico scopo, forse avrebbe potuto sfiorar di nuovo.
    Non ha parole per un'emozione simile, le sue labbra nere disabituate ad esprimere altro che dolore e sprezzo. Per questo non dice niente alla fanciulla al suo fianco, per questo non fa altro che volgere a lei lo sguardo per un istante prima di chinarsi, piegare le ginocchia, prepararsi all'unica cosa che sa di dover fare.
    Non è un desiderio, non è la sua volontà a guidarlo. Mentre il terreno sotto i suoi piedi s'accende e fonde, mentre il calore attorno a lui si fa leatle, Jekt riconosce in quel gesto la forza del destino. Ad illudersi, a mentirsi è sempre stato attento, consapevole di quanto gli fosse facile riuscirci perché nient'altro che menzogne avrebbero mai potuto convincere il suo animo carbonizzato che valesse la pena esistere ancora, raggiungere per l'ennesima volta l'alba successiva nella vana speranza che qualcosa sarebbe migliorato.
    Eppure come altro chiamare l'impulso che lo obbliga a rannicchiarsi, che lo costringe a bruciar se stesso pur di poter giungere dove deve, che gli impone di compiere in piccolo un sacrificio simile a quello che quell'intera struttura è nata per officiare, così da guadagnarsi il diritto di assistere all'azzurro sorgere dell'astro che è più che certo che quell'obelisco sia stato eretto per raggiungere.
    Brilla, per un singolo istante, il calore accumulato dal rogo del suo stesso animo sufficiente a farlo risplendere come fosse a sua volta un astro. Un'ultima occhiata a Luna, un addio silente prima di volgere il proprio sguardo all'unica direzione in cui ha intenzione di procedere, da li a quando l'impossibile cesserà d'esserlo e potrà bagnarsi del lume che per primo dopo secoli l'ha fatto sentire qualcosa in più d'un disgraziato, vano demonio.
    E poi decolla. E poi balza come nessuno ha mai balzato prima, fende l'artificiale cielo di quel vascello con una sottile linea d'oro puro, incandescente quanto il sole e rapida come un suo raggio, proiettandosi verso chi sa ergersi sulla cima di quel vettore sacro non più per ucciderla ma per condividere il miracolo da cui entrambi son stati toccati: la ringrazierà, l'abbraccerà, la bacerà. Per aver guadagnato ad ambedue il diritto a ciò che non ha mai creduto di meritare, ma che ciò nonostante non può costringersi a non sperare di poter provare ancora.



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    Fusione
    Gliel'ha insegnato Jenn. Le fiamme possono bruciare, distruggere, esplodere, renderlo più forte, uccidere in maniera spaventosa. Possono tante cose terribili...ma possono anche unire. Fusione è la figlia di quest'epifania, le fiamme mutano la loro natura forzate dalla consapevolezza e legano, anziché divorare. Jekt potrà unire oggetti tra loro, amalgamare in un tutt'uno ciò con cui entra in contatto o rivolgere questo nuovo potere a se stesso divenendo in grado di fondere due diverse tecniche assieme - potendone consumare un utilizzo a testa così da avere a disposizione più potenza - per ottenerne una nuova ed ibrida. Una nuova arma, forse. Ma anche una nuova speranza.



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    Sole Proibito
    Ma forse vale ancora la pena combattere. Scavare nell'ego di Jekt è difficile e solo in profondità si può trovare ciò che resta di una luce - per questo sarà in grado di richiamare il Sole una sola volta nell'arco di una scena. Ma cos'è? Il Rosso non si pone domande, a lui basta sapere di poter evocare un astro, vederne la scintilla crescere fino a divenir un globo di due metri di raggio, offrirgli in sacrificio tutto ciò che ha - può consumare utilizzi di altre tecniche offensive, guadagnando il 25% di potenza per ognuno - , scagliarla verso ciò che teme, ammirarne lo splendore - il Sole esplode in una colonna di 5m di raggio. Ciò che resta della sua speranza, o l'umanità che pensava di non aver più, non importa. Importa solo che quando il Sole splende, nulla possa più fargli male.


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    Lampo
    Un'improvvisa combustione, una scintilla dorata. Il Lampo concentra la forza delle Fiamme in tempi e spazi ristretti ottenendo una vampa più brillante e fulminea, capace di proiettare con grande celerità tanto Jekt quanto una delle sue fiammeggianti sorelle: che sia per sfuggire alla morte, o per dispensarne, il Rosso potrà saettare per decine di metri lasciandosi dietro null'altro che fiamme d'oro; allo stesso modo, qualsiasi fiamma - o tecnica - resa Lampante assumerà tinta paglierina e la velocità d'un fulmine, la capacità di porre fine ad una vita, prima ancora che se ne avverta il calore.




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    Alba Finale
    E se il Sole Proibito è una scintilla, l'ultimo sussurro d'un umanità ormai scomparsa, consumata dalle fiamme...l'Alba Finale ne è il grido. Jekt è morto tanto tempo fa, chiunque fosse se n'è andato ormai, divorato da quello stesso fuoco che ora ne controlla cuore e mente. E allora forse è attraverso il tempo stesso che la sua volontà risuona, splendendo fulgida in questa gloriosa vampa: castata assieme al Sole l'Alba ne aumenta ogni proprietà - raddoppia dimensioni e potenza accumulata, ed aumenta l'area esplosiva a 15m - cingendone il globo con l'aura furente di un'anima che non c'è più, sepolta sotto cenere e rimorsi, ma il cui spettro scarlatto è ancora in grado di sorgere, astro in un mondo ormai troppo buio.



    I'LL DO IT FOR THE MEME, Lampo + Sole Proibito + Alba Finale (i primi due fusi con Fusione) per uno scatto verso l'alto del 1050% (considerando la Velocità Lv5 ed il consumo di 2 utilizzi di Combustione, 3 di Loto Rosso, 3 di Incenerimento, 4 di Lingua d'Inferno, 4 di Ultimo Dono). Spiace Luna che rimane indietro, ma soprattutto suca Raks u.u

    PS per me: rimane un utilizzo di tutte le tecniche consumate tranne Lingua, Dono ed Incenerimento, ed anche Lampo era all'ultimo utilizzo.
     
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    « Jekt. »


    Mentre il mondo trema. Mentre il razzo vibra sempre di più, le sue pareti a stento in grado di contenere il potere del rogo, che non brucia unicamente per il gusto di farlo. Ma per sconfiggere la gravità, per propellerlo verso le stelle. Non tutte, perchè non sono uguali. Ma verso una, la prima, la sola. L'inimitabile, il cui potere è tanto ambito da meritare il sacrificio, di un'intera civilità.
    Luna capisce, di nuovo troppo tardi, l'errore che ha fatto nel dar voce alla propria scoperta. Lo stordimento l'ha resa lenta, l'ha resa stupida, è attraverso il compagno di cui pronuncia il nome che si rende conto qual è l'ovvio obbiettivo di ciò che è stato innalzato non per essere una casa, ma per essere un mezzo. Alimentato dalle ultime, misere scintille rimaste di ciò che brillò nel cuore del mondo di Selene, permettendo a qualcuno come Jekt di opporsi a lei. Di ferirla, di bruciarla. Non ne sono rimaste che briciole. Eppure bastano a dar di nuovo fuoco ad un mondo, e far tremare Luna che stavolta, si trova dalla parte sbagliata del rogo.
    Avrebbe dovuto intuire ciò che il rosso avrebbe fatto, una volta saputo. Avrebbe dovuto mordersi la lingua, tenersi la propria scoperta per se, esser silenziosa come la sua stirpe era famosa per essere. Ma è diventata troppo umana, col passare del tempo, troppo simile a coloro che un tempo ammirava, prima di capire quanto uguali fossero l'uno all'altro. Banali, deboli. Sottomessi agli incompresi desideri di cuori sempre troppo soli, sempre troppo in cerca di calore, perchè la desolazione non era una prerogativa delle bambole come lei.
    Per questo, nonostante sia passato molto tempo dal giorno del suo risveglio e da quegli attimi di antica, atavica confusione. Luna si rende conto in quell'istante, quando nonostante urli il suo nome non riesce a trattenere Jekt al suo fianco. Che l'uomo di fiamma e cenere non era l'unico, ad essere e sentirsi solo.

    « JEKT! »


    Una linea rossa e dorata, incandescente, s'imprime nella sua retina sezionando il suo campo visivo. Duole, eppure l'automa non distoglie lo sguardo, accettando la punizione per le proprie velleità.
    S'è illusa d'averlo cercato perchè legato alla fiamma celeste che l'aveva ustionata, ha creduto di volerlo al proprio fianco per sfruttare la sua forza, il demone nel suo petto. Soltanto fredda logica, nient'altro che spietata opportunità.
    Ma se davvero fosse così, allora perchè trema nel vederlo andarsene. Perchè si sente tanto abbandonata, perchè desidera seguirlo, al punto da balzare prima ancora che la sua mente cosciente abbia approvato la decisione dei suoi piedi. Gettandosi nel flusso di fanciulle di metallo, aggrappandosi a loro pur di proiettarsi ancor più in alto. Restando scottata dai loro arti iridescenti, ignorando il dolore e continuando a salire ancora.
    Per scoprire il mistero di quel luogo, si. Per non divenir cenere, ora che le fiamme candide iniziano a risalire lungo quel canale verticale, inondandolo e lasciando che la sequenza di decollo raggiunga davvero il proprio culmine.
    Ma anche per seguirlo, per non permettergli d'abbandonarla. Per non esser sola, mentre il mondo va a fuoco.

    Jekt non sa nulla di tutto questo. Per lui Luna non è che una macchia, distante sul terreno nero che abbandona, marchiandolo con un cratere sottile ma splendente, unica traccia del suo passaggio in una realtà di cui altrimenti, presto non rimarrà che polvere.
    Proiettato da ciò che resta della sua speranza, dal Sole che brilla quando il suo spirito riesce finalmente a scorgere l'Alba, più veloce di qualsiasi cosa sia mai esistita prima di lui. Il momento della partenza e quello dell'arrivo coincidono per lui, spazio e tempo che avrebbero dovuto separarli incisi e sezionati e poi arsi, sublimati nella singola frazione d'un istante.
    Solo perchè le fiamme brucian nel suo petto, solo perchè rendono i suoi occhi attenti ed i suoi riflessi veloci, ha l'opportunità di salvarsi da quella che altrimenti sarebbe stata una condanna. Perchè la torre è alta e ripida, la sua sommità lontana dalla vista di chi come Luna ha appena iniziato a scalarla...ma Jekt la raggiunge nel tempo d'un singolo respiro, scoprendo che a tapparla v'è una lastra di pietra simile a quella che separava il primo piano dall'infinito secondo, se non nella tinta: azzurra, celeste. Come la luce di Beta, e come il mondo su cui per la prima volta, egli la vide brillare.
    Lo stesso che sta per macchiarsi del rosso del suo sangue, perchè nemmeno nel raggiungerla l'incommensurabile spinta che s'è dato s'appresta ad esaurirsi. Lo stesso che s'avvicina con rapidità folle al suo viso, e lo sfracellerà nel caso non si dimostri abbastanza rapido, da porre rimedio all'errore che ha fatto nel credere che chiunque si trovi in cima a quel missile, l'abbia costruito per condividere quel viaggio e non per intraprenderlo da sola.
     
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    L'aria stride sulla sua pelle, strappandogli dal volto il cappuccio in cui da sempre si nasconde. Gli occhi brillano, risplendono della stessa luce che l'ha avvolto quand'è decollato, quand'ha lasciato la terra su cui non ha mai più intenzione di tornare per le stelle che quel mezzo gli ha promesso e di cui lui solo sa d'esser davvero degno.
    Nessun rimpianto perché di massacri come quello alle sue spalle ne ha compiuti per ragioni molto meno nobili, scopi offuscati dall'egoismo di chi non è mai davvero riuscito a sopportar l'idea del proprio sacrificio in favore di chi grazie ad esso avrebbe potuto non conoscere l'inferno che arde in lui. Nessun rimorso perché Luna l'ha già salvata una volta e nessun vago ricordo di risate condivise con colui di cui le ha sentito l'odore nel fiato ed il colore nello sguardo vale la promessa d'un fato diverso dalla Maledizione che l'affligge, perché neppure un simile anatema può nulla contro il folgorante bagliore che è certo attenderlo alla fine del viaggio che sta per intraprendere: che il demone ci provi a divorar la stella, che la fiamma tenti d'ingurgitarla e farne cenere. Jekt ne è certo, mentre volando s'avvicina ad un obbiettivo cui mai avrebbe sperato di poter ambire. Che se davvero il mostro che ospita si dimostrasse tanto stolto, che se realmente di fronte ad una simile meraviglia lo convincesse davvero a creder di poterla mordere anziché ammirare. Allora finalmente sarebbe lui a scoprire cosa significa bruciare, cosa significa esser consunti da un calore che nessuno ha mai osato immaginare.
    Il suo spirito si eleva, più alto di quanto non sia mai giunto prima se la sua pessima memoria gli dice il vero. E facendolo s'accende, e facendolo lo avvolge, abbracciandolo come raramente è mai riuscito a fare prima: un'aura cremisi che non è fiamma ma ne sfrutta il calore, che non è diavolo ma brucia come lo fosse. E che gli sussurra del pericolo l'attimo prima che esso giunga, perché al balzo che ha compiuto alcuna altezza avrebbe potuto resistere e la sommità del razzo ormai prossimo al decollo è subito innanzi a lui pronto a vederlo schiacciato dalla sua stessa irragionevole ambizione.
    Non può permetterlo, non può lasciare che finisca così. Non può arrendersi ad un passo dalla meta più ambita che gli sia mai capitato di poter raggiungere e la sua risposta alla minaccia è la stessa di sempre, la medesima che volgerebbe a chiunque si dimostrasse stolto a sufficienza da pensare di poterlo fermare in quell'entusiastica rincorsa: non pensa all'integrità della struttura quando le sue lame si sollevano, quando innanzi a lui s'incrociano tracciando una rovente croce su ciò di cui non ha intenzione d'accettare l'esistenza. Non pensa di poter rovinare ciò che qualcun altro ha impiegato la propria esistenza a costruire ne all'ipotesi che tale gesto possa render vano il sacrificio di chi ai suoi piedi grida il proprio ultimo fiato immolandosi così che altri possano spararsi verso l'unico possibile paradiso: esiste solo ciò che vuole, esiste solo ciò che è suo, assegnatogli dal diritto che una volta l'ha scelto e che per questo è certo non lo rifiuterà stavolta.
    Pronto a qualsiasi cosa, a chiunque troverà oltre quell'ostacolo finale Jekt gioisce come non ricorda d'aver mai fatto prima, e per la prima volta dacché ricorda d'esistere ringrazia l'anatema che l'ha reso tanto forte da poter giungere lassù, tanto spregiudicato da aver meritato un premio simile. Sicuro di non voler altro che raggiungerlo. E d'esser disposto a divenire il mostro da cui sempre ha tentato di fuggire, da cui sempre ha tentato di distinguersi. Pur di vedere ancora un solo raggio di quel celeste splendore ed in esso potersi bagnare, ed in esso poter rinascere.



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    Scarica Infinita
    Jekt ha paura. Anche se odia ciò che è e vivere è una sofferenza senza fine, ripudia il pensiero della morte con un'intensità innaturale e dirompente. E così, quando i mondi provano più forte del solito a fargli capire che non è tra i vivi il suo posto...in lui si accende la Scarica Infinita. Un'aura cremisi lo avvolge e non sembrerà esser cambiato null'altro, la sostanziale differenza emerge solo quando l'incendiario scaglierà una tecnica gravata da malus: quest'ultimo potrà essere obliterato da una forza di volontà che Jekt pensava scomparsa, e che invece arde ancora. La Scarica dura tre turni o si esaurisce dopo aver assorbito una quantità di malus del 100%.



    Crocefissione - Un simbolo rosso e tutto svanisce. La Crocefissione è la tecnica finale dell'arte spadaccina del Rosso, una X fiammeggiante da tracciare su ciò che non vuol esser costretto a vedere più. Agisce senza preavviso, non richiede pose o moine ma può esser eseguita solo se Jekt è pronto richiedendo Forza e Velocità disumane - entrambe Lv5 - per essere scagliata, fiamme ardenti a circondarlo - un Power Up attivo - ed entrambe le sue spade a tracciar le braccia della croce che prende forza da ogni capacità di chi sceglie di segnarvi il mondo - la tecnica ha Scaling sulle Abilità Maledizione della Prima fiamma e Coro Cremisi, oltre che su Forza e Velocità. Un attimo prima siete li, a lottar per la vostra vita contro uno spettro armato d'acciaio rosso, animato dal demone cui finge d'opporsi. Quello successivo di voi non rimangono che cenere e sangue, una cancellatura cremisi a segnare il luogo in cui la vostra vita è stata spezzata.


    Per non saper ne leggere ne scrivere, Jekt casta Scarica Infinita e poi tenta di sfondare il soffitto contro cui stava per schiantarsi con Crocefissione, che tra tutto ha una potenza del 390% u.u
     
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    Macerie nere crollano, sulla testa di coloro che sotto Jekt bruciano. Impiegheranno minuti per raggiungerli, forse non lo faranno mai, perchè Luna lo scorge nelle artificiali menti delle donne metalliche che ancora le sfilano vicino, in un flusso ancora possente ma ciò nonostante più esiguo...
    L'ora è quasi giunta, presto la terra su cui la torre è stata eretta, verrà da essa abbandonata. Il calore concentrato nello strato inferiore è pronto ad esplodere, a risalire lungo il cilindro alla cui base si trova, lo stesso che Jekt ha appena risalito...
    E Luna lo sa, che basterebbe poco per scappare. Per andarsene, per lasciare che sia lui ad occuparsi di chi già una volta l'ha sconfitta, lasciandola ustionata e derelitta a strisciare, e pregare per l'aiuto di chi non avrebbe potuto altro, che odiarla.
    Raggiungere una delle pareti, lasciare che Thamaja vi scavi un varco, un solco dal quale abbandonare la nave, sperando di compromettere a quel modo la struttura a sufficienza, da impedirle di raggiunger la sua meta.
    Selene lo vorrebbe, Jacob Black sa che sarebbe il miglior corso d'azione. Ma v'è un cuore di guerriero, a battere nel suo petto da bambola, ed è ad esso che Luna presta maggiormente il proprio orecchio. Raksaka aveva sempre amato, gli ultimi momenti della propria vita...
    Ed è lui a spingerla a non distogliere lo sguardo, dalle abissali quote verso cui un uomo in rosso si è sparato. A ghignare in tale direzione, mentre ancora duole per il suo abbandono...e poi balzare a sua volta, gettarsi nel vortice di donne d'acciaio, sfidarne il flusso per poi misurarsi, con quell'incommensurabile risalita. Una folgore ascendente, eco di ciò che Jekt ha già fatto...in corsa contro il tempo, e con il candido fuoco che dall'inferno sottostante inizia a risalire, riempiendo la canna di quella celestiale pistola per raggiungere il proiettile, posto alla sua cima.



    Ed in cima a tutto ciò, sulla corona di quel mondo, Jekt penetra i confini di ciò che fu costruito per primo, ed innalzato ad ogni nuovo mattone di quel prodigio. Lame rosse incidono la pietra e la sezionano, aprendovi un varco sufficiente a permettergli di passare, il rinculo di tale offesa sufficiente a decelerarlo abbastanza da impedirgli di schiantarsi, sulla cupola di vetro in cui egli fa il proprio ingresso: la forma affusolata, il materiale liscio e trasparente, così che il firmamento sia visibile oltre la barriera che vi pone a separarlo dall'ambiente interno, ove una voce risuona quieta e limpida, proveniente dal centro esatto di tale volta.

    « Benvenuto, Padre. »


    Gli occhi chiusi, le labbra che si muovono appena. Seduta su uno scranno all'epicentro della calotta, una fanciulla accoglie colui che era fato dovesse raggiungerla. Identica a Luna, se non per il pallore ancor più marcato...e per le lacrime di vero dolore che scorrono lente sulle sue guance, mentre le grida di chiunque l'abbia mai lodata risuonano nelle sue sorde orecchie.

    « Benvenuto, nel santuario che ho costruito per te. »


    Il terremoto raggiunge la sommità del missile che lancerà nel cosmo, porta a tremare anche la gabbia da cui la fanciulla è racchiusa; parte del suo corpo è dissacrato, aldilà delle sbarre di pura luce azzurra che circondano il suo trono...il braccio sinistro manca, ma è dalla vita in giù che ciò che resta di lei è innestato a cavi elettrici che dalle sue membra si allungano verso il basso, penetrando nel terreno di cui Jekt ha distrutto una porzione. Si accorge in quel momento, lo spettro di fiamma e cenere, che la posizione di colei che l'ha chiamato Padre corrisponde a quella della colonna di luce bianca che ha fiancheggiato nella sua ascesa, e la cui distruzione ha dato inizio all'armageddon d'una realtà costruita soltanto per esser offerta in sacrificio. E mentre il tremore aumenta sempre più, e le grida trasportate dalle perlacee fiamme che ha visto consumare innumerevoli vite s'avvicinano, risalendo lungo il canale che ha appena percorso, e nelle quali risuonano anche le meccaniche voci delle guardiane di metallo e forse quelle di una bambola gemella a quella innanzi a lui...la quieta voce di chi l'attendeva richiama la sua attenzione verso l'alto, lontana da quei terreni dispiaceri.

    « Alza lo sguardo. La vedi, vero? »


    È davvero li...distante quanto solo un astro può davvero esserlo, minuscola come una pagliuzza nascosta in altre centomila. E ciò nonostante inconfondibile, fulgida più di molte di quelle che splendono molto più vicine...
    Ciò per cui il massacro è stato compiuto, la ragione che l'automa abbandonato e sfregiato che Luna ha tentato d'uccidere ha dato alla propria vita, dopo esserne stato marchiato.
    Beta brilla splendida contro il cielo nero e vuoto, posizionata in perfetta verticale lungo la traiettoria che presto il razzo che Jekt ha raggiunto s'appresta a compiere. La bambola immobilizzata sul suo seggio non può vederla, gli occhi serrati e le membra troppo stanche per permetterle di sollevare il capo...
    Eppure è ad essa che tende ogni suo pensiero, dal giorno in cui la sua esistenza è stata messa in discussione dalla lama nera, che sotto di loro sta bruciando.

    « È li che stiamo andando. »

     
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    Che quanto desidera si avveri. Che le sue ambizioni siano assecondate e non ripudiate, che realmente gli sia concesso di vedere i propri sogni non derisi ma soddisfatti...è una novità sufficiente per Jekt d'ammutolirlo, nel momento in cui le lame che impugna sfondano ciò che separa la calotta di quel razzo da quanto è stato costruito unicamente per darle spinta.
    Da troppo abituato a cercare...da troppo abituato a non trovar altro che polvere, cenere, e le medesime pene a cui da sempre cerca di scappare. Quando riconosce nella volta celeste che s'apre aldilà della cima di quella torre, alta abbastanza da perforar le nuvole e mostrare a chi la occupi l'unico vero cielo, il lume splendido di ciò che è distante ma non credeva d'essere davvero degno di vedere ancora...per un attimo si sente disarmato, per un attimo scopre di non esser pronto all'opportunità di stringerlo. Cane rabbioso, abbaia e ringhia e sbava perché l'abitudine gli ha insegnato a non aspettarsi altro che colpi e sputi dall'universo che tanto evidentemente non lo vuole...non sa che farsene d'una carezza, e quando a tradimento colei che ha costruito quella torre riesce a fargliene una resta interdetto, indeciso sul da farsi.
    Non abbasserebbe lo sguardo per nessun altro che lei. Per nessuno se non colei che l'ha chiamato Padre distoglierebbe l'attenzione dal sacro lume di ciò che per la prima volta dacché ricordi l'ha fatto sentire giusto, l'ha fatto sentire retto...diverso dal mostro che s'è costretto a credersi, differente dal sanguinario demonio che molti lo dipingon d'essere, ed a cui non ha mai avuto ragioni o forza di dar torto.
    Tu...
    E' una donna...poco più d'una bambina, qualcosa in meno d'una bambola. Il corpo dissacrato, le membra distrutte, ciò che di bello e delicato poteva esserci nella sua forma reso grottesco dalla trasformazione cui s'è sottoposta pur di indirizzare quel razzo al paradiso.
    Somiglia a Luna nella stessa maniera in cui un cadavere carbonizzato può somigliare a ciò che era in vita. Ha fatto l'impossibile, ha orchestrato un miracolo niente affatto meno radioso di quello da cui lui stesso era stato investito, il giorno in cui entrambi vennero macchiati per la prima volta da quella pura e calda luce...per questo vorrebbe lasciar le spade, per questo vorrebbe correre da lei ed abbracciarla.
    Eppure non lo fa.
    Come sapevi che sarei giunto?
    Troppo che non sa, troppo che non conosce...o forse vorrebbe solamente convincersi che il problema sia quello. Come se gli fosse mai importato, come se qualcuno per cui la memoria è cenere ed i ricordi ceppi di legno da gettare all'incendio avesse mai potuto permettersi scrupoli in tal senso.
    Perché ammettere che nonostante ciò che ha fatto, nonostante dica d'averlo fatto per lui, ciò che prova nel vederla sia ribrezzo è troppo anche per il suo stanco e nero cuore.
    Perché l'idea che per giungere lassù fosse necessario un sacrificio come quello che lei ha orchestrato, e per questo l'astro verso cui davvero stanno per partire non sia altro che l'ennesimo crudele dio...lo atterrisce, lo abbatte. Spegnendo come un soffio su una candela la speranza che l'ha guidato fin lassù...lasciandolo solo triste, lasciandolo solo stanco. Pronto a domandare ciò di cui conosce già la risposta pur di provare a convincersi di star sbagliando. Pronto a credere a qualsiasi menzogna pur di non ammettere che sia davvero tutto li.
    C'era davvero bisogno di tutto...tutto questo?
    Che di speciale non ci sia nulla...che il fuoco sia solo fuoco, a prescindere dal colore che prende e dalla fonte da cui deriva. Mentre la terra trema sotto i suoi piedi, mentre per l'ultima volta Jekt lancia un'occhiata verso il basso attraverso la fenditura che le sorelle tra le sue mani hanno scavato, egli si ripete ciò di cui da sempre è convinto.
    Ipocrita, perché rompere il ciclo sarebbe stato facile quanto puntare una di quelle armi al suo stesso petto. Debole, perché mai è riuscito a convincersi ad arrivare a tanto, per quanto il dolore fosse intenso ed i rimpianti gli avvelenassero il sangue...ma se sono così in tanti a dover ardere, a dover gridare, a dover morire perché una fiamma continui a brillare. Allora forse le tenebre sarebbero preferibili. Allora forse solo al freddo ed al buio, distante dai sogni d'un cielo che splende perché qualcosa sta bruciando, l'uomo potrebbe conoscere la vera pace.
     
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    Trema tutto, fino a quando non lo fa più. Fino a quando le fiamme risalgono l'intera torre, ne raggiungono la cima. Finchè la fenditura che Jekt ha aperto per introdurvisi non ne lascia entrare i raggi, annegando ogni cosa nel bianco della propria luce.

    « Ti ho visto. »


    I sensi svaniscono, eppure il rosso sa, di star salendo. Di star abbandonando quel mondo, d'esser stato lanciato in quello stesso cielo, in cui poco prima ha visto distante la stessa luce che un giorno lo toccò.
    Potrebbe ancora scorgerla, se i suoi occhi riuscissero a mantenersi aperti. A non piangere, a non bruciare, in quel nulla candido che a causa della sua infrazione, s'è introdotto nel proiettile per cui quell'enorme arma era stata costruita.

    « Nella sua mente, quando la incontrai, tanto tempo fa. »


    Ma sono ancora li, è la sua luce ad assicurarglielo. Ancora nella cupola in cui sua Figlia l'ha accolto, ancora vicino al trono su cui a lungo ha atteso l'arrivo, di colui che sfiorandola con le proprie fiamme l'aveva benedetta.
    Quando Luna l'aveva trovata per la prima volta. Quando aveva pensato di poterla uccidere, ed invece aveva rischiato d'esser tramutata in cenere stellare. Sua nipote vide colui verso cui i suoi pensieri fuggirono, prima ancora che le sue gambe le permettessero di correre, scappare dal cratere in cui non fosse stato per lei, ella avrebbe passato il resto dei suoi giorni.
    Luna, che non c'è. Che forse è rimasta indietro. O forse è bruciata assieme a tutti gli altri, al popolo ed alle donne d'acciaio, compiendo finalmente una vendetta che non è mai stata lo scopo, di colei che potrebbe averla raggiunta.

    « Una torre, a sfidare il cielo. Un grande inganno, ed ignari sacrifici. »


    Non risponde ne con un assenso, ne con un diniego alla domanda di suo Padre. Spiega, piuttosto, perchè una volta risvegliata dal coma sognante in cui altrimenti sarebbe rimasta in eterno, ha scelto di costruire quell'obelisco anzichè fare una delle molte, innumerevoli altre cose, che la sua natura ed il potere che aveva ereditato le avrebbero permesso di compiere.
    Una bambina ha fantasia, ma non conosce modi per esprimerla. Per questo, aveva tentato di imitare.

    « Una regina crudele, e le sue innumerevoli ancelle. Un infinito rogo, a consumare tutte loro. »


    Sapeva come l'astro si fosse manifestato, perchè l'aveva visto coi suoi occhi. Era li, quando Jekt era stato investito dalla sua benedizione. Era li, quando anzichè usarla per brillare, elevato al di sopra d'ogni mortale da ciò che di più fulgido esisteva in ogni firmamento, ne aveva impiegato il calore per bruciare.
    S'era risvegliata grazie a lui, aveva aperto gli occhi quando le sue mani erano state investite e scottate, ed anzichè ardere erano riuscite a raccogliere. La consapevolezza un peso nuovo, l'aveva atterrita tanto a lungo, costringendola a riposare nel letto del cratere ove era atterrata, spinta via dalla sua realtà da una paura di cui prima d'allora non concepiva l'esistenza.
    Ma poi era arrivata Luna, e con essa l'idea d'estinguersi. Di dover rinunciare a quei raggi magnifici...d'esser divorata dalle tenebre, e posta lontana dalla sorgente di quei pensieri.
    Aveva rifiutato. L'aveva ferita, ed essa nella sua fuga le aveva rivelato il nome di colui che l'aveva resa ciò che era. Ed il fatto che, prima o poi, ella sarebbe tornata con proprio lui al fianco.

    « Ho capito fin da quei primi giorni, che volare non sarebbe bastato per raggiungerla. »


    Era stato difficile, aveva avuto bisogno di tempo. Per pensare, per capire. Per immaginare come poter montare un palco, su cui una recita il più simile possibile a ciò che davvero era accaduto, avrebbe potuto essere inscenata.
    Saper scrutare nelle menti altrui era servito, essere fulcro d'infinita energia le era tornato utile, perchè gli uomini non son diversi dalle mosche, e gravitano attorno a ciò che dona loro calore e luce.
    L'idea di costruire un razzo era stata la prima, ma fosse stato così facile in molti avrebbero già raggiunto prima tali vette. Capì allora che doveva portare la stella ad avvicinarsi a loro, ad osservarli nuovamente con interesse. A scegliere ancora ciò che un tempo aveva già sfiorato.

    « Allora ho provato a rifarlo. »


    L'aveva fatto, a modo suo. Si era nascosta il prima possibile, tornando alla solitudine in cui era nata per la seconda volta, rinchiudendosi in quella sala che solo a lei era chiaro, un giorno avrebbe abbandonato tutto il resto.
    Delegando la sacralità della propria persona a quelle fanciulle di ferro, costruite a sua immagine e somiglianza, a partire da statue che i suoi seguaci avevano eretto per lei, infuse con un solo alito di quell'incommensurabile essenza.
    Passando i propri lunghi giorni, e le infinite notti a sognare, a fantasticare. Riguardo il giorno in cui la sua esistenza, ed il suo dono avrebbero acquisito un senso. Lo stesso che s'era scelta, e che fin dal primo incontro con l'assassina di bambole, aveva perseguito ciecamente.

    « A riprodurre ciò che è stato, quando lei t'ha scelto. »


    Portare l'uomo a cui doveva tutto quanto, al cospetto di ciò che l'aveva elevato da carnefice a santo, da genocida ad angelo. Sopravvivere fino ad allora, impedire a colei che impugnava una lama nera di conficcargliela nel petto, usarla per svuotarla di ciò che l'aveva resa unica, dopo che per un'esistenza intera era stata un burattino identico a troppi altri.
    Ed ora era li, ed ora il loro viaggio era iniziato, e finalmente avrebbe saputo. Se davvero il rituale che aveva costruito ed officiato, se davvero il modo che aveva trovato per farsi raggiungere, da ciò che da ogni cuore era distante tanto quanto l'infinito cosmo permetteva. Stesse funzionando, permettendo a quella pallottola sparata nel nulla d'essere vista fin da lassù, e per questo nuovamente scelta.

    « Senti il suo calore, Padre? »


    Piangeva, nella luce che impediva alle sue lacrime d'essere viste. Soffrendo per ciò che aveva dovuto abbandonare, ma gioendo come mai nessuna della sua stirpe aveva potuto fare, perchè che andasse bene oppure male. Lei c'aveva provato, aveva fatto del proprio meglio, ed alla conclusione della propria esistenza era giunta. Uno scopo non imposto, una missione che era stata lei a scegliersi. E che aveva portato a termine, dando il senso che lei stessa aveva abbracciato, ad una vita altrimenti vaqua.



    A causa della fessura che Jekt ha aperto e mai richiuso, per introdursi nella parte superiore della torre, quando essa parte per il cosmo la luce delle fiamme bianche ne rimane intrappolata dentro, accecando tanto la bambola quanto Jekt.
     
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    Le labbra si muovono nonostante il resto delle membra pesi quanto piombo. Rispondono veloci a ciò che sentono, a ciò che neppure chi è bravo a mentirsi quanto lui saprebbe confutare, perché il colore è sbagliato e nel lume che lo costringe a sbarrare gli occhi e rinunciare a porvi un braccio, nella consapevolezza che alcuno schermo potrebbe proteggerlo da un simile bagliore, non v'è nemmeno un'oncia del tepore dirompente che avvertì nel proprio petto quando l'astro verso cui la bambola s'illude d'essere diretta mandò un proprio raggio a sfiorarlo.
    La delusione che l'ha colto nel raggiungere quell'inarrivabile cima, la stanchezza da cui è stato invaso nel rendersi conto di quanto l'eredità di quel miracolo fosse riuscita a pervertirsi a causa della maniera in cui lui stesso lo usò; impastoiano i suoi muscoli, i suoi pensieri, la bocca che dopo quella negazione tace a lungo prima di trovar altro da pronunciare.
    Non ho mai raggiunto quella luce. E' stata lei a venir da me.
    Spiega, allora, perché non gli è rimasto nient'altro da fare. Le spade sono macigni tra le sue mani, le lascerebbe volentieri se solo ricordasse ancora come aprir le dita. Parla senza dubbi, s'esprime senza il timore di risultar superbo perché con le fiamme a consumare i suoi ricordi Jekt è sicuro di ben poche cose, certo neppure di ciò a cui nella sua vita da maggior importanza. Ma se la torre che insegue è solo un'ombra, la fanciulla che lo attende ai suoi piedi nient'altro che un sogno. Ciò che accadde quando un lampo blu tuonò nei meandri del suo decrepito spirito è marchiato nelle sue sinapsi, inciso nel poco che resta della sua anima, indelebile quanto gli astri stessi lo son nel cielo che ardendo illuminano anziché consumarlo.
    Ma non così.
    Ricorda il come, ha sempre saputo il perché. Ad averlo salvato dal tocco di Selene, ad averle impedito d'inghiottire la sua fiamma mostrandosi un demone più famelico di quello che il rosso covava in petto non l'odio provato per la sovrana ne il crudele astio con cui l'avrebbe voluta veder bruciata quanto piuttosto ciò che era divampato in lui, e che nulla aveva a che vedere con l'idea che altri dovessero ardere affinché lui fosse felice.
    Non per aver qualcosa d'offerto in sacrificio.
    Non era stato l'appetito per carne sintetica ad attirarla, ne l'opportunità d'innalzare tramite di lui un falò azzurro ampio quanto un mondo intero. L'odio e l'astio con cui ne aveva fatto arma appartenevano a lui ed a lui soltanto, nel gentile tocco della stella nient'altro che le infinite possibilità di cui un potere senza pari può vestire: altri al suo posto avrebbero persuaso Selene anziché bruciarle il trono da sotto, o l'avrebbero assopita o avrebbero reciso le catene che dalle sue mani si stringevano al collo d'ognuna delle sue creazioni.
    Neppure la sua stessa idea di sacrificarsi in nome di chi una sera ormai distante era riuscito a farlo ridere, ne era sicuro, era stata la ragione per cui in tutto l'infinito cosmo Beta aveva scelto di benedire proprio lui. Quanto piuttosto l'altruismo con cui s'era gettato in quella battaglia senza speranza, il disinteresse con cui aveva scelto di lottare anche quando farlo avrebbe voluto dire la propria inequivocabile, impietosa fine...
    Tutte cose che già sapeva fin dai primi istanti, non avrebbe onorato mai più. E delle quali l'esercizio che quella stupida bambola aveva imbastito incarnava l'esatto contrario.
    Tutto ciò che hai fatto è stato vano.
    Lo disse con gli occhi sbarrati, lo disse mentre una luce che nulla aveva a che vedere con ciò che aveva voluto creder sacro lo accecava, lo disse mentre dita che già infinite volte avevan mulinato lame come strumenti di condanna ritrovavano la forza di stringer gli affilati strumenti che il fuoco gli aveva consegnato infinito tempo prima e mentre egli comprendeva che se non era davvero per raggiungere la stella che era giunto fin lassù, se non era per permettergli di sentirsi un'altra volta com'era stato nei momenti splendidi in cui qualcosa al di sopra d'ogni Dio l'aveva scelto che s'era trascinato dai piedi di quella torre alla sua cima, allora forse era davvero per calare il proprio giudizio su chi dal proprio passato aveva tratto ogni possibile insegnamento errato.
    Avrebbe potuto assalirla, avrebbe potuto porre fine alla sua vita, tentar di farlo quand'anche lei era probabilmente resa inerme tanto dalla gabbia in cui era racchiusa quanto dal bagliore cui dubitava fosse immune.
    Ma prima volle sentire la sua risposta, darle la possibilità di formularne una. Mentre il suo animo ribolliva ancora d'una determinazione già cambiata rispetto a quella della sua ascesa, ma non per questo meno ardente. Jekt volle sentire com'è che chi dedica la propria intera esistenza ad uno scopo vano risponde innanzi alla certezza d'aver sprecato il proprio tempo, d'aver fatto infinito male a nessun fine.
    Non per darle una chance di redimersi, non perché convinto le fosse concesso farlo. Ma per imparare, in attesa del giorno vicino o distante in cui il suo stesso viaggio sarebbe terminato in maniera simile.



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    Jekt ha paura. Anche se odia ciò che è e vivere è una sofferenza senza fine, ripudia il pensiero della morte con un'intensità innaturale e dirompente. E così, quando i mondi provano più forte del solito a fargli capire che non è tra i vivi il suo posto...in lui si accende la Scarica Infinita. Un'aura cremisi lo avvolge e non sembrerà esser cambiato null'altro, la sostanziale differenza emerge solo quando l'incendiario scaglierà una tecnica gravata da malus: quest'ultimo potrà essere obliterato da una forza di volontà che Jekt pensava scomparsa, e che invece arde ancora. La Scarica dura tre turni o si esaurisce dopo aver assorbito una quantità di malus del 100%.



    Prima scarica infinita un po' sprecata, ne casto una seconda giusto per sentirmi più sicuro nei prossimi turni u.u
     
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    La luce abbacinante svanisce, poco a poco. Ad ogni frase di Jekt, ad ogni respiro suo e della figlia che mai aveva saputo d'avere, il bagliore si affievolisce nella capsula che un'intera torre è bruciata, per veder scagliata verso il cosmo...
    Lei è ancora li, nella sua gabbia, immobile come prima della partenza. Forse non può camminare, la capacità persa assieme alle gambe cui ha rinunciato, tramutando la parte inferiore del proprio corpo in un groviglio di cavi. Forse non vuole più, perchè nonostante siano chiusi i suoi occhi puntano ancora verso l'alto, e quando l'accecente lume si disperde a sufficienza da permetterle di tornare a vedere, il panorama rende chiaro come l'uomo rinchiuso in quella gabbia con lei, abbia ragione.

    « Oh... »


    Una cupola di vetro, un proiettile di cristallo, circondato dal nulla più profondo. Il cosmo è ampio, vasto, più di qualsiasi panorama gli occhi di un uomo siano stati fatti per guardare...le distanze impossibili, tra chi osserva e le poche luci, che ne puntellano l'oscuro manto.
    Il resto è buio, il resto è tenebra, è li che la luce filtrata attraverso l'apertura tramite cui Jekt si è intrufolato in quella sala ha finito per disperdersi. Un raggio alla volta, innumerevoli e splendenti ma meno d'una goccia, nell'infinito oceano nero pece che vi circonda. Se non sono bruciati, se la vampa non li ha raggiunti, è perchè una ragnatela fitta di cavi elettronici simili a quelli che strisciano fuori dalle sue membra ha tappato la fessura, impedendo alle fiamme di rovinare il lancio ma non alla più sottile luce, di filtrare...
    Ma è stato tutto inutile, perchè tra le stelle ve n'è una che brilla più di altre, di una luce che dovrebbe essere blu, ma che la distanza rende azzurra. Ed è ancora infinitamente distante. Ed è ancora irraggiungibile.

    « Hai ragione, padre. »


    Allora, colei che è stata bambola e regina abbassa il capo. Allora le sue labbra si piegano, la sua espressione si intristisce. Allora ella cede, spezzandosi come un fuscello. Le sbarre della sua prigione, raggi celesti di luminosità simile a quella che Jekt toccò il giorno della morte di Selene, s'assottigliano e sembran quasi spegnersi per un momento...lampeggiano, flebili quanto il respiro di chi un cuore che batte non l'ha mai avuto, ma non per questo non lo sente spezzarsi.
    Ha fatto tutto...ha tentato il proprio meglio. Non è bastato, non l'avrebbe mai fatto, e solo in quegli istanti si rende conto di quanto velenosa sia stata la speranza di cui si è nutrita tanto a lungo, ed i cui avanzi ha dato in pasto a chiunque abbia sbagliato nel fidarsi di lei, delle sue parole, e del suo culto. Innumerevoli vittime, in quel momento e precedentemente, immolate per scaldare la fornace che finalmente aveva innestato il razzo che così in tanti avevano inconsapevolmente costruito, ed alimentato...nessuna delle loro morti sarà ripagata da un premio, nessuna delle loro grida sarà servita a nulla, se non ad alimentare la delusione che in quell'istante, cala pesante su di lei.
    Avesse un cuore, forse si infurierebbe...vi fosse qualcosa a battere nel suo petto, forse cercherebbe di riempirlo d'altro pur di non sentirsi tanto male. Ma lei è un burattino, nato e generato unicamente per adempiere alla sua funzione...ne aveva trovata una, dopo che Selene era scomparsa. Ora che anche quello s'è esaurito nella maniera peggiore, che le rimane da fare se non spegnersi?

    « Non mi resta che attendere. »


    Dispersa in quella gabbia, incapace di alzarsi, diretta da nessuna parte perchè tutto quel candido fuoco non è sufficiente a permetterle di raggiungere nulla. Ad alimentarla i resti dei ricordi di un eco, scintille di riflesso che per lei son l'infinito ma che in verità son tutt'altro che inesauribili...ha usato molto di quel potere, per dare vita al rituale che ha fallito. Per questo le sbarre tremano, per questo il suo respiro si fa più quieto.
    Per questo ignora i sordi THUMP!, che Jekt ode altrettanto bene, provenienti dal vetro alle sue spalle. Così come colei che li provoca, colpendo con pugni di marmo tale superficie, in virtù dell'unica domanda che le resta da porre, nei confronti dell'unico che forse potrà capire la sciocchezza che ha compiuto, e l'ingenuità della sua ambizione.

    « Starai...starai con me, mentre la luce si spegne? »


    Dietro Jekt...aggrappata all'esterno della cupola con le unghie e le suole degli stivali, il cappotto fumante, i denti stretti in un ghigno ossessivo, il pugno candido a schiantarsi e risollevarsi più e più volte dal cristallo che un colpo dopo l'altro crepa, giungendo ogni istante più vicina alla sua distruzione.
    Luna è ancora li. Luna è viva. Sopravvissuta scagliandosi fuori dalla torre l'attimo prima che un vortice di fiamme d'avorio la raggiungesse...corsa in verticale sulla sua parete esterna, balzata con tutte le sue forze sulla punta di quella pallottola prima che essa venisse esplosa. Ha visto i resti della torre detonare ai suoi piedi, ha visto un mondo farsi minuscolo sotto di se e le tenebre ingoiare ogni cosa...ha rischiato di cadere, ha rischiato di perdere di nuovo un braccio, strappato via dall'impeto con cui la navicella era partita, lasciandosi alle spalle solo cenere.
    Invece ha resistito, invece è ancora li. Invece finalmente vede il proprio obiettivo, ed il vuoto non la disturba, perchè il suo corpo sintetico non ha bisogno ne di respirare ne della giusta pressione, per sopravvivere: lo stesso non vale per Jekt, se ne rende conto. Ma lui l'ha abbandonata...lui l'ha lasciata indietro ad ardere, assieme a tutti gli altri.
    Per questo non le importa. Per questo continua a colpire, nonostante la consapevolezza di come nel momento in cui il cristallo cederà, egli sarà proiettato verso l'esterno a spegnersi...a spirare solo, dolorosamente ed in maniera agonizzante, così come lui aveva destinato a lei. A farlo come merita, assieme alla degna compagna di viaggio che s'è procurato giungendo per primo lassù...e che a sua volta non ha molto da vivere, la spada di Luna più che pronta a perforarle il petto, e poter barrara il suo nome dall'ormai esaurita lista di fuggiasche, scappate all'abbraccio dell'ultimo falò del rifugio di Selene.
     
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    dalla stella che brilla di meno...un BUCO NERO O_O

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    Il mondo, i suoi sogni, ogni landa che il suo passo maledetto può infestare. Hanno smesso da tempo di stupirlo, hanno perso da sempre il carico di meraviglia con cui un viandante capace di solcarli avrebbe dovuto guardar loro. Soffocati dalla cenere, resi esausti dal calore insostenibile e perenne, sfregiati fino a lande d'identica fuliggine agli occhi di chi in ognuno di loro non può vedere altro che il futuro cui dovrà consegnarli.
    Le persone non son diverse. Sacchi di cenere meschini e incontentabili, minacce sia nel caso impugnino una spada sia tentino d'assalirlo con gli abbracci che ha imparato fin da subito a non poter accettare. Ne ha viste tante...ne ha conosciute troppe, ed altrettante ne ha bruciate. I loro rimpianti lo tormentano, le loro voci echeggiano nella polvere che segue ogni suo passo, infestando la sua ombra e ciò che segue la scia di morte che volontariamente o meno lascia ovunque il suo tocco giunga...senti abbastanza spiriti lamentarsi della propria fine, odi abbastanza labbra pronunciar nient'altro che accuse e rimpianti e sarai convinto che da loro non possa scorrer altro. Niente se non un infinito flusso di veleno e fiele, niente se non ciò che di più sporco e tossico il cuore d'un uomo possa mai produrre.
    Per questo lo spettro trattiene un respiro quando colei che l'ha chiamato Padre parla. Per questo sgrana gli occhi, smette di fissare il terreno ed alza lo sguardo su ciò che è divenuta per non riuscire ad ottenere nulla, deformandosi nel corpo e nell'animo in nome d'uno scopo che le ha appena detto aver perso l'unica occasione di raggiungere.
    Si sarebbe aspettato rabbia, si sarebbe aspettato diniego. Si sarebbe aspettato una scusa per finire quella storia nelle lacrime e nel sangue, nel rombo d'una vampa e nel silenzio dell'acciaio, perché tale è la reazione che l'uomo gli ha insegnato esser l'unica con cui è capace di reagire ai propri fallimenti.
    Invece accettazione...invece rassegnazione. La quieta tristezza di chi accetta i propri sbagli e ne accusa l'unico vero colpevole. Lacrime senza strilli, dolore puro privato d'ognuna delle maschere che gli altri tentavano di vestirgli...
    Non s'era dimostrata degna, non avrebbe mai sfiorato quella stella che in tanti erano morti per permetterle di raggiungere. Eppure in lei Jekt intuì quell'incaratteristico candore...qualcosa a renderla speciale, a fargli desiderare di conservare il suoi ricordo per i secoli, fino al giorno in cui trascinandosi nelle dune di cenere che sarebbero rimaste del cosmo anche a lui sarebbe toccato realizzare d'aver compiuto un male simile per nulla.
    Non abbastanza da meritare i raggi della prima stella. Ma quanto bastava almeno a guadagnarle la sua pietà.
    D'accordo, figlia.
    Sentì Luna, vederla non fu davvero una sorpresa. Forse perché non l'aveva mai creduta davvero morta, forse perché ciò che gli era appena accaduto innanzi era sconcertante abbastanza da anestetizzarlo a nuovo stupore.
    Non gli serviva la capacità d'intromettersi nei pensieri altrui per capire ciò che avrebbe fatto...non gli servì l'esperienza che il suo corpo aveva accumulato in secoli d'incessanti battaglie per comprendere che nel momento in cui il suo pugno avrebbe sfondato quella cupola di cristallo allora anche per lui sarebbe giunta la fine.
    Non se ne preoccupò, non eccessivamente almeno. Non perché la fiamma non lo volesse a tremare innanzi alla prospettiva d'esser proiettato nelle tenebre quanto più perché convinto d'essere sopravvissuto anche a peggio. Quel viaggio nell'oblio, quell'agonizzante fine se la sarebbe risparmiata in qualche modo...
    Ma non avrebbe potuto risparmiarla a lei, che Luna era giunta col preciso scopo di terminare. La sua richiesta era stata semplice, era stata innocente. Compagnia fino alla fine, il vuoto da affrontare con le mani ancora calde dal contatto di chi le aveva strette.
    In cambio del piccolo, insignificante miracolo che gli aveva mostrato, Jekt aveva annuito ed accettato. L'aveva chiamata come non meritava, ma sperava volesse sentire. E nel momento in cui le sbarre del recinto in cui s'era rinchiusa tanto a lungo si fecero deboli abbastanza da svanire per un attimo egli mosse un passo verso di lei, ed allungò una lama verso il suo collo.
    Lo farò.
    Così che la luce svanisse presto...così che il buio la raggiungesse ai suoi termini, e ne lui ne Luna avessero più ragione di combattersi in quel proiettile sparato a vuoto ad un costo troppo alto. Redenzione tardiva per scuse mai poste, perdono concesso dall'unico potesse darglielo. Per aver sognato un miracolo, quella bambola avrebbe ottenuto la propria fine. E l'avrebbe fatto per mano dello sciagurato che per primo l'aveva fatta addormentare, mostrandogli meraviglie che nessuno dei due avrebbe mai più rivisto.



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    Incendio
    Sembra un mostro, uno spettro d'ombra e cenere sorto dai resti d'un sogno ormai morto. Ma è pur sempre solo un uomo. E cosa può un uomo contro il male che gli vive dentro? Jekt cederà prima o poi. Resistere al richiamo delle fiamme fa male, è la sua mente che bruciano se nuovi sacrifici non vengono offerti e non c'è nulla per cui valga la pena non farlo. Cederà e saranno loro a prendere il controllo ed a lui non resterà che rannicchiarsi in un angolo della sua coscienza, e guardare il mondo bruciare. Perché le fiamme gioiscono quando ciò accade, e niente potrà più opporvisi quando Jekt si fa da parte. In termini di gioco, l'abilità Maledizione della Prima Fiamma e la sua Personalizzazione guadagnano entrambe un Lv, per 5 turni.



    Lingua d'Argento - La minore delle sorelle ghermisce fulminea, incanta coi suoi ampi movimenti da sciabola e tradisce gli occhi delle sue vittime nel momento in cui lo spettacolo giunge al culmine. Alimentata dal potere delle fiamme - consumando un utilizzo della tecnica Lampo - fa da overture al canto del Rosso mietitore, chiudendo distanze con fulminei scatti e colpendo leggera, spillando assaggi del sangue di chi è giunto alla sua ultima danza. La tecnica ha potenza del 120% e Scaling sull'abilità Coro Cremisi, trasformandone il 100% in pura velocità e colpendo con ciò che rimane. Consumare un utilizzo della tecnica Miraggio permette a Jekt di lasciare alle sue spalle immagini residue, illusioni atte a render più dolce il trapasso di chi mentre cade non saprà neppure da cosa è stato colpito, il motivo per cui la vita s'affretta tanto ad abbandonarne le spoglie.

    Ultimo turno di Forza Interiore, Jekt raggiunge danni del 30%; usa il pool antimalus di Scarica Infinita per coprire il 25% di Lingua d'Argento per cui sarebbe necessario un utilizzo di Lampo, il fendente ha velocità del 150% e potenza del 160%!
     
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    Sarebbe stato facile. Probabilmente, sarebbe stato giusto. Una fiamma in forma solida, a porre fine a quel che le sue sorelle avevano iniziato tempo addietro. Quella falsa fanciulla, quell'automa derelitta...non era nata quando Selene l'aveva costruita, perchè ai suoi ordini non era mai stata altro che un giocattolo, inerte e senza anima quanto un burattino che resta immobile, se nessuno ne muove i fili.
    Era stato Jekt a risvegliarla, Jekt ad insegnarle cosa fossero la paura, la meraviglia, ed il dolore. A partir da quelli, ella aveva sviluppato qualcosa in più del nulla che avrebbe dovuto spettarle...
    Forse era stata la scintilla, il frammento del raggio d'una stella lontana che aveva trovato rifugio in lei, a permetter quel miracolo. Forse invece sarebbe avvenuto lo stesso, perchè di coloro cui Luna dava la caccia, lei non era l'unica ad essersi destata dal sonno della coscienza in cui era nata per sognare.
    Ma tutto era finito...tutto era giunto al capolinea, tutto era stato sprecato nel tentativo di raggiungere un sogno troppo distante, perchè mani terrene potessero sfiorarlo. Come Icaro, quel balocco aveva voluto volare troppo vicino al sole. Al contrario di lui, sarebbe caduta senza averne mai sfiorato nuovi raggi.

    « Non così. »


    Eppure non volle spegnersi a quel modo. Eppure la luce di cui s'era avvolta, che era divenuta le sbarre della prigione che si era autoimposta, si dissolsero e confluirono la dove un tempo c'era stato un braccio. Li vennero intessute, li vennero forgiate nella foggia dell'arto che era stato ridotto in cenere...costruendone al suo posto uno nuovo, uno splendente, uguale a quello che aveva ustionato Luna, quando per la prima volta aveva tentato di ucciderla.
    Bloccò la spada, s'oppose alla sua avanzata, le dita ad immergersi nel metallo fuso di ciò che non avrebbe dovuto sciogliersi, perchè fiamma a sua volta. Ma che invece lo fece, perchè nessun incendio arde caldo quanto il cuore fulgido della stella che nel cosmo splende di più.

    « Sento ancora le loro grida... »


    Poteva riferirsi a coloro che per lei s'erano immersi nella luce, sperando nel paradiso inesistente che era stato loro promesso. Oppure alle sorelle che aveva perduto il giorno del grande rogo, quando Luna aveva incanalato il potere di chi lei era giunta a chiamar Padre, per far polvere del regno crudele di Selene e d'ognuna delle sue innocenti, ignare suddite.
    Parlava di tutti loro, probabilmente, la voce spezzata tanto da quel ricordo, tanto dal tradimento di cui era appena stata vittima. Perchè a suo Padre, aveva chiesto una cosa solamente. Ed egli gliela aveva negata, affermando di star facendo il contrario.

    « Non voglio bruciare come loro. »


    Accaddero contemporaneamente, due disgrazie nel giro di un solo istante. Perchè la disperazione sapeva trasformarsi in rabbia, e le dita che avevano inciso il metallo rosso della sciabola di Jekt si strinsero con forza, mandando tale lama in frantumi...
    E perchè nel frattempo Luna non aveva demorso un solo istante, e la troppa prossimità tra l'incendiario e la sua preda non le avevano messo che ulteriore fretta. I suoi pugni aumentarono in numero, intensità e trasporto, ed infine il cristallo della cupola cedette, portando alla detonazione che lo spettro in fiamme aveva saputo sarebbe giunta. Il risucchio lo trascinò senza remore all'indietro, pronto a scaraventarlo fuori bordo, in quell'infinito ed empio niente in cui quel proiettile s'era ritrovato a galleggiare, incapace di raggiungere il proprio obbiettivo. Se fallì nel farlo, fu solo grazie alla ragnatela di cavi che emersero ancora una volta dal suolo di quel razzo fallito, mossi e comandati da chi l'aveva voluto respinto, ma non per questo desiderava davvero la sua fine. Rappezzarono la parete ammassandovisi contro, intrecciandosi e legandosi, eppure il fischio dell'aria che stava abbandonandola riempì le orecchie dei presenti...tutti e tre, perchè Luna era riuscita ad infiltrarsi all'interno di ciò da cui avevano tentato d'escluderla, lasciandola ad ardere per dar spinta a quell'inutile meccanismo.
    Ed ora procedeva decisa e crudele verso colei che finalmente aveva raggiunto, pronta al rematch d'un incontro che riteneva d'aver perso unicamente per la sorpresa.
    Thamaja in mano, un frammento di quell'eterna e sconfinata notte in cui presto sarebbero affogati tutti...sfoderata e pronta, mentre il suo sguardo era fisso sulle palpebre chiuse di quella bambola fuggiasca.
    Non guardò Jekt, quando gli passò accanto. Non lo ringraziò per averla condotta lassù, ne lo maledisse per averla abbandonata. Dandogli piuttosto l'unico consiglio sensato...l'unico che avrebbe fatto bene ad ascoltare. Perchè lui poteva essere il fuoco. Ma Luna, in quel momento, era tornata ad esser cacciatrice.

    « Fatti da parte, Jekt. »





    Il braccio di quest'ultima bambola sembra molto più forte di quello delle donne meccaniche che abbiamo combattuto, e scioglie e spezza senza difficoltà la spada di Jekt. La fessura che Luna apre nella cupola lo spinge via dalla bambola, ma viene richiusa da una fitta rete di cavi: un po come quelli che chiusero l'apertura spalancata da Jekt, riescono a tamponare ma non del tutto...l'aria dentro la cupola soffia comunque fuori, e l'interno resterà senza ossigeno entro cinque turni. Per ogni turno in cui Jekt usa emanazioni di fuoco, il countdown diminuisce ulteriormente di uno.
     
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